domenica 20 maggio 2018

Jean-Christophe Brisard e Lana Parshina, “L’ultimo mistero di Hitler” ed. 2018


                                                        Voci da mondi diversi. Francia
      seconda guerra mondiale


Jean-Christophe Brisard e Lana Parshina, “L’ultimo mistero di Hitler”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. Zaffarano, Ballardini e Toni, pagg. 401, Euro 19,00

 “Allora è lui? E’ proprio lui?”
   Da!”
  “Ed è tutto quello che rimane?”
   “Da!”

Mosca, 6 aprile 2016. Quello che i  due giornalisti, il francese Jean-Christophe Brisard e la russo-americana Lana Parshina, hanno davanti agli occhi, quello di cui chiedono increduli se si tratti proprio di ‘lui’, è un pezzo del cranio di Hitler conservato in un modesto cofanetto nel più grande archivio russo (sette milioni di documenti). Non è stato facile per i giornalisti arrivare a questo momento, hanno alle spalle un anno di attese e di indagini. E il futuro gli prospetta un altro anno e mezzo di consultazioni, di richieste, di attese estenuanti di permessi, di esami approfonditi prima di arrivare ad un risultato che chiarisca una volta per tutte quello che è ancora possibile chiarire a settantadue anni di distanza: Hitler è veramente morto suicida insieme a Eva Braun il 30 aprile 1945 nel suo bunker scavato a 8,5 m. di profondità sotto la Cancelleria? Si è avvelenato con una fiala di cianuro o si è sparato? I due corpi carbonizzati trovati dai soldati dell’Armata Rossa nel giardino della Cancelleria erano proprio il suo e quello della neo-moglie?
piantina del bunker
        “L’ultimo mistero di Hitler” è un non-romanzo che si legge come un romanzo, un’inchiesta storica che con piglio giornalistico fa luce sugli interrogativi rimasti insoluti per più di mezzo secolo, mentre sul fondo c’è la domanda che Brisard si pone e ci pone: “lo spettro di Hitler smetterà prima o poi di tormentare l’Occidente?”.
i denti di Hitler
E’ come se ci fossero due libri, due storie, nello stesso libro- una più nota e una assolutamente nuova. Mentre in un filone narrativo seguiamo Brisard e Parshina in quella che sembra un’avventura kafkiana all’interno dei palazzi degli archivi moscoviti- le smozzicate risposte russe alle loro domande, permessi lesinati e poi concessi a denti stretti con ferrei limiti di tempo, la stretta sorveglianza come se i due giornalisti potessero inquinare delle prove già ampiamente inquinate (la mancanza di attenzione e la superficialità verso i reperti è stupefacente, pur facendo concessioni ai momenti di fuoco di quei giorni di aprile-maggio 1945), la concessione (anche questa strappata a fatica) di far intervenire il medico legale nonché archeo-antropologo Philippe Charlier perché esaminasse i presunti resti di Hitler, cioè il pezzo di calotta cranica e i denti.
il divano su cui Hitler e Eva Braun si sarebbero uccisi
Ricchissima la documentazione, in questo filone. Leggiamo i verbali degli interrogatori dei sopravvissuti della cerchia più vicino al Führer (estenuanti nella loro ripetitività, possiamo immaginare quanto peggio lo siano stati per loro), del cameriere di Hitler, del suo pilota e del suo assistente personale, del dentista e della sua assistente. Vediamo la piantina del bunker, notiamo la divergenza di due testimonianze sull’ora in cui Hitler si sarebbe ucciso, sul rumore del famoso colpo di pistola, su dove fosse seduto Hitler nell’ultimo istante della sua vita.
Nell’altro filone, invece, Brisard ricostruisce gli ultimi dieci giorni di vita di Hitler nel bunker quando ormai era lo spettro dell’uomo che era stato, un vecchio che doveva tener fermo il braccio sinistro perché non se ne notasse il tremito e che, però continuava a urlare contro i traditori e indugiava prima di permettere, a chi lo volesse, di uscire dal bunker e cercare di mettersi in salvo. Goebbels e la moglie rimasero e chiesero l’aiuto del medico per far morire i sei bambini.

    Ci sono anche due misteri, come ci sono due storie. Il mistero, i dubbi che hanno circondato la fine di Hitler, è stato indubbiamente infittito dalla posizione ambigua presa da Stalin: perché mai Stalin il 26 maggio 1945 disse ai rappresentanti delle superpotenze a Mosca che Hitler, secondo lui, non era morto ma era fuggito? Perché aveva alimentato le voci che fosse a bordo di un sottomarino diretto in Giappone? Perché il 6 giugno disse che il corpo non era stato trovato quando il rapporto sul ritrovamento gli era stato consegnato una settimana prima?
    Esauriente e appassionante, un libro che piacerà anche a chi non ha un particolare interesse per la Storia.

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