Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
il libro ritrovato
Liliana Lazar, “Terra di uomini liberi”
Ed. Tropea, trad. Silvia
Fornasiero, pagg. 174, Euro 14,50
Titolo originale: Terre des affranchis
“Figli miei, voi non sapete fino a che
punto sia difficile la vita per la Chiesa. Con Ceauşescu, la Romania è diventata una nazione senza Dio.”
A quelle parole,
Ana sobbalzò e si segnò come per respingere la maledizione.
“Eppure la Chiesa
non è proibita” esclamò.
“I nostri
dirigenti sono malvagi. Sanno che mettere al bando la Chiesa non è la soluzione.
Le persecuzioni suscitano martiri. E i martiri rafforzano la fede. Il regime
cerca piuttosto di screditarci dall’interno.”
A volte un nome contiene in sé un destino.
A volte si identifica con la personalità di chi lo porta. A volte, invece, in
una maniera strana, assume un significato ironico, quasi beffardo. Così
Slobozia, cittadina della Romania nei pressi di grandi boschi, è un nome che
deriva dal verbo ‘liberare, affrancare’. Slobozia come “Terra di uomini liberi”
(il titolo del romanzo di Liliana Lazar): al lettore giudicare, a fine lettura,
quanto liberi siano gli abitanti di Slobozia.
Nel cuore della foresta di Slobozia c’è un
lago. La Storia vuole che qui, nel secolo XVI, il voivoda di Moldavia abbia
combattuto contro l’invasore turco. Il lago diventò la tomba dei soldati
turchi, costretti ad arretrare fino alle sue sponde e poi annegati. La Leggenda
vuole che di notte le ossa dei turchi risalgano in superficie, che le anime
tormentate dei morti aleggino sull’acqua. Sono questi i moroï,
i morti viventi da cui ci si deve guardare. Potremmo aspettarci altro in una
terra che ha fatto un eroe nazionale di Vlad IV, il voivoda di Valacchia
soprannominato Tepes (impalatore) per la sua crudeltà e conosciuto come
Dracula, titolo che peraltro deriva dall’ordine della cavalleria del Dragone?
Ma Vlad era stato un eroe, nella
lotta contro i turchi, e quattrocento anni dopo il dittatore Ceauşescu si
sarebbe identificato con lui sotto più di un aspetto, prima di tutto come
difensore dell’indipendenza nazionale rumena nei confronti dell’Unione Sovietica.
Questo è il primo di una serie di parallelismi e significati nascosti
nell’intrigante romanzo di Liliana Lazar che mescola realismo e folklore,
religione e superstizione, storia e leggenda in un genere che non è affatto il
realismo magico di matrice latino americana ma che abbiamo imparato a
riconoscere come caratteristicamente rumeno. La trama in superficie: Tudor Luca
è un padre padrone che aveva preso a bere smodatamente dopo che un’esplosione
in miniera lo aveva privato di una gamba, un uomo violento che picchiava la
moglie e i figli. Era semplicemente successo: un giorno il figlio Victor lo
aveva incontrato vicino al lago, si era fatto inseguire, il vecchio era
scivolato sui sassi ed era caduto in acqua. Ne sarebbe uscito se Victor non lo
avesse colpito ripetutamente con un bastone. Nella mente di Victor il padre era
una vittima offerta in sacrificio al lago che era chiamato la Fossa dei Leoni
dall’episodio biblico di Daniele che riesce a non essere divorato perché “Dio
ha mandato il suo Angelo che ha chiuso la bocca dei leoni…davanti a Lui io sono
innocente”. Victor crede veramente che il lago, o i moroï
che lo abitano, lo protegga. Adesso è poco più che un bambino, ma seguiranno
altri omicidi, altri corpi saranno offerti in sacrificio alle acque del lago,
Victor non sarà mai scoperto, verrà nascosto in casa dalla madre e dalla
sorella.
Vlad Tepes |
Il romanzo di Liliana Lazar non è di facile interpretazione, anzi offre
molteplici punti di discussione secondo i vari punti di vista. Victor è un
assassino, eppure padre Ilie lo assolve, dandogli come penitenza il compito di
ricopiare a mano i testi religiosi che sono diventati proibiti sotto il regime
di Ceauşescu. Victor vive come un eremita recluso in casa ma quanti colpevoli
si rifugiano dentro le mura del monastero di Slobozia? Victor stesso vi
chiederà asilo alla fine, dopo un ultimo delitto. Padre Ilie diventa un santo e
un martire della resistenza rumena in una Chiesa che si è venduta al dittatore,
che ha infiltrati persino nelle carceri. E non è detto che tutti gli assassini
siano in prigione, la linea di separazione tra carcerieri e carcerati non è netta.
Per non parlare poi del lavaggio di coscienze generale dopo la Rivoluzione,
quando all’improvviso tutti dichiarano di essersi sempre opposti al regime.
La storia di Victor Luca ha un sapore antico, di tragedia ineluttabile:
è la storia di un uomo che vuole il Bene e commette il Male, che desidera il
perdono senza mai pentirsi del tutto, che è vittima di pulsioni sessuali
animalesche che proprio la sua autocondanna all’isolamento non gli ha mai
insegnato a governare.
Quanto agli altri abitanti di Slobozia,
così come per Victor- c’è forse libertà per loro, schiavi del regime politico,
dell’ignoranza, di superstizioni, di una religione bigotta?
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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