giovedì 11 febbraio 2016

Monica Hesse, “La ragazza con la bicicletta rossa” ed. 2016

                                    Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                                       la Storia nel romanzo
        FRESCO DI LETTURA


Monica Hesse, “La ragazza con la bicicletta rossa”
Ed. Piemme, trad. Claudia Manzolelli, pagg. 289, Euro 17,50


    Amsterdam, 1943. I nazisti hanno invaso l’Olanda tre anni prima, da un anno Anna Frank vive nel nascondiglio segreto insieme alla sua famiglia e manca un anno a quando, a seguito di una delazione, sarà deportata in un campo di concentramento. Girano voci, nessuno sa niente per certo ma è difficile credere che vada tutto bene, che la gente che viene prelevata a forza dalle loro case parta per una vacanza o per un normale campo di lavoro. Scarseggiano i beni di prima necessità, fiorisce il mercato nero. Una bicicletta è il mezzo più comodo per spostarsi, procurarsi quelle che serve, fare le consegne.
     Hanneke, la ragazza della bicicletta rossa, non è un’eroina. E’ una ragazza che cerca di arrangiarsi. Bionda, occhi azzurri, è il perfetto tipo ariano, è difficile che sia fermata per un controllo. Almeno finché rispetta il coprifuoco. Lavora in un’impresa di pompe funebri e fa altri ‘lavoretti’: procura- per chi può pagare- carne, caffè, sigarette, o qualunque cosa chiedano. Nessuna generosità, da parte di Hanneke- bisogna pur sopravvivere. Con il ricordo che non riesce a cancellare del suo ragazzo che è morto. Con il senso di colpa che la soffoca. Si era arruolato volontario, aveva appena diciassette anni. Ed era stata lei a spingerlo, quando combattere contro i tedeschi sembrava un’azione gloriosa in difesa della patria.

Poi una vecchia signora, sua cliente, le chiede aiuto per rintracciare la ragazzina ebrea a cui aveva offerto un nascondiglio in casa sua, dietro una libreria che si apriva sui cardini, un poco come il nascondiglio di Anna Frank. Mirjam viveva lì e poi una sera non c’era più. Impossibile fosse uscita dalla porta- la vecchia signora era fuori a chiacchierare con una vicina, l’avrebbe vista. Hanneke non vorrebbe lasciarsi coinvolgere, poi acconsente e le si svela una realtà che non conosceva, che si nasconde dietro finti scaffali o armadi o botole o nelle soffitte. Partecipa a cene che non sono cene ma pretesti per organizzare operazioni di salvataggio, accompagna una ragazza a consegnare, non un pacco, non della farina o dello zucchero, ma una neonata, una dei bambini che le madri affidano a sconosciuti in un estremo atto d’amore, perché si salvino- almeno loro. Entra in quello che una volta era uno splendido teatro ed ora è un centro di raccolta per gli ebrei, prima della deportazione- Hanneke è sconvolta. Più che mai vuole trovare Mirjam, salvare almeno una vita- non è così che dice il Talmud? Dovrebbe essere un’impresa da poco in confronto allo sforzo quotidiano del gruppo di giovani della resistenza con cui viene in contatto.

     Ci sembra di avere già letto in altri libri la storia che ci racconta la giovane scrittrice americana Monica Hesse con una scrittura pulita e senza grandi scosse. Con la ragazza dalla bicicletta rossa ci muoviamo per le strade di una Amsterdam che conosciamo da altre letture, leggiamo storie che non ci sembrano nuove, anche se non sapevamo, invece, dello Schouwburg che fungeva da campo di raccolta, o delle fotografie scattate di nascosto perché servissero da testimonianza.
Meglio sarebbe stato tradurre alla lettera il titolo originale, “La ragazza dal cappotto blu” (Régine Deforges ha scritto “La bicicletta blu”, ambientato in Francia durante l’occupazione tedesca), anche perché il cappottino blu di Mirjam, con quel colore di cielo spazzato dalle nubi, così visibile nella colonna dei deportati nella luce grigia della sera, diventa il punto centrale della trama, in quel colore si concentra la banalità del male di Hannah Arendt, la debolezza e la fragilità umana, il cedimento a sentimenti meschini che possono portare alla morte di altre persone.



     

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