sabato 22 febbraio 2014

Gitta Sereny, "Germania, il trauma di una nazione"- 2002

                                                                                                       il libro ritrovato
                                                                 
Una ferita aperta
Gitta Sereny, “Germania, il trauma di una nazione”


Non sono sufficienti due generazioni per superare il trauma di una guerra, perché non sono ancora scomparsi tutti quelli che vi hanno preso parte. In questi giorni si parla di processare Engel (ironia tragica di un nome che vuol dire “angelo” per il boia di Genova) e i quattro militari delle SS responsabili della strage di Marzabotto. Di interesse attuale, quindi, l’ultimo libro di Gitta Sereny, in cui la scrittrice e giornalista ungherese ritorna ancora una volta sul tema del nazismo. Un libro diverso eppure simile ai due precedenti. Diverso perché manca un personaggio centrale a focalizzare l’attenzione, come il comandante del campo di Treblinka in “In quelle tenebre” e Albert Speer in “In lotta per la verità”. Un libro composito, quasi frammentario, se non fosse per il filo conduttore che guida questa ricerca nel passato. La Sereny traccia una serie di ritratti di persone che hanno ruotato intorno a Hitler e ne sono rimaste in qualche modo affascinate ( dalla regista Leni Riefenstahl, agli stessi Stangl e Speer, alla segretaria Traudl Junge), cerca di chiarire l’atteggiamento ambiguo del presidente austriaco Kurt Waldheim e le vicende del processo ad uno degli aguzzini ucraini di Treblinka, rivela il coraggio di chi, come il medico Münch, si rifiutò di eseguire degli ordini, indaga sull’ autenticità dei diari di Hitler. Un libro simile agli altri nell’ approccio psicologico e nell’accurata ricostruzione storica, nel tentativo tenace di capire e di interpretare l’attrattiva del male esercitata da Hitler. L’interesse dell’autrice diventa compassionevole e sofferto quando incontra le vittime dell’ideologia dei padri, i figli degli uomini più vicino al Führer, come Martin Bormann jr. che diventò sacerdote per sopravvivere al senso di colpa.
Che poi è un senso di colpa collettivo, perché è tutto il popolo tedesco che lotta da mezzo secolo per riconciliarsi con dei ricordi che ha cercato di respingere, negando la conoscenza di quanto era accaduto. Senza riuscirci, perché puntualmente il passato ritorna, le giovani generazioni vogliono sapere, divise fra incredulità, orrore e desiderio di ricominciare, di non sembrare diversi dai coetanei europei. E dietro queste indagini, questo tastare il polso di tutta una nazione, c’è lei, Gitta Sereny, ormai quasi ottantenne, ma con lo stesso spirito audace con cui ci appare nei primi capitoli del libro, quando racconta della sua gioventù a Vienna, dell’Anschluss, della fuga dalla Francia alla Spagna, e del suo lavoro nell’organizzazione che si occupava di ricercare e restituire alle famiglie i bambini rapiti dai tedeschi nelle terre invase. Con pacatezza, partecipazione e abilità narrativa, la Sereny ci aiuta a percorrere il cammino in cerca di una verità difficile, per permettere la cicatrizzazione di una ferita che sembra essere ancora aperta in Germania.                                                                                                                            


Gitta Sereny, “Germania, il trauma di una nazione”

Ed. Rizzoli, pagg. 479, Euro 20,50

La scrittrice Gitta Sereny   

                             
                                                   

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