Voci da mondi diversi. Corea
cento sfumature di giallo
Kwon Yeo-Sun, “Lemon”
Ed.
il Saggiatore, trad. Benedetta Merlini, pagg.131, Euro 15,00
Kim Hae-on indossava un vestito giallo come
un limone quando era stata ritrovata morta, uccisa con un colpo di mattone alla
testa e abbandonata in un parco. Sotto il vestito, niente. E però non recava
tracce di violenze.
Era bellissima, Kim Hae-on. Un poco strana, questo sì. La sorella minore, Da-on, doveva controllare ogni giorno che si vestisse adeguatamente, che ricordasse di mettersi la biancheria. Chi poteva averla uccisa? La polizia sospetta di due ragazzi- Shin Jeong-jun e Han Manu. Il primo è un rampollo di buona famiglia, era lui al volante dell’automobile su cui Kim Hae-on era stata vista. Ed è stato Han Manu a testimoniare di averla vista sull’automobile, lui era sul motorino, aveva finito di fare le consegne a domicilio e stava andando a casa. Sul sellino dello scooter, dietro di lui, c’era Taerim, una ragazza che gli aveva chiesto un passaggio. Ma che motivo avevano, l’uno o l’altro, per uccidere Kim Hae-on? Vengono rilasciati entrambi per insufficienza di prove.
È un ‘giallo’, o meglio, un ‘mystery’ diverso
dai soliti, il romanzo della scrittrice sud-coreana Kwon Yeo-sun. Perché manca
un’indagine poliziesca, chi continua a fare domande- in un arco di diciassette
anni- è la sorella della vittima, ma scoprire chi sia il colpevole non è quello
che importa. Quello che viene fuori sono correnti nascoste di rivalità e
gelosie, discriminazioni e differenze sociali che incidono pesantemente sulla
vita, ad iniziare dal benessere fisico per terminare con una dubbia innocenza
comperata.
Tre ragazze ci parlano di Kim Hae-on, di
quanto è successo e delle conseguenze- Da-on, una sua amica e Taerim. I
capitoli si alternano e deve esser il lettore a capire chi stia parlando. Uno
di questi singolari racconti è sotto la forma di una telefonata in cerca di un
supporto psicologico e, naturalmente, noi sentiamo solo una voce e non quella
che fa domande all’altra estremità del filo. Sono soprattutto Da-on, la sorella
della ragazza assassinata, e Taerim ad aver sofferto per quell’omicidio. Da-on,
addirittura, è ricorsa alla chirurgia plastica per assumere le sembianze della
sorella morta. Ci è riuscita? Non molto se l’amica, quando la rincontra a
distanza di tempo, pensa che ci sia qualcosa di ‘dissonante’ in lei, che Da-on sia ‘a metà tra una Hae-on vecchia e una Hae-on deformata’.
Il punto di vista dell’amica è quello esterno, quello che è più obiettivo nel parlarci della straordinaria bellezza di Hae-on, delle correnti che ha percepito, a scuola, tra lei ed altri studenti. Da-on è il punto di vista interno alla famiglia, sopraffatta dai ricordi, scossa da come il lutto abbia trasformata la madre che vuole cambiare anagraficamente il nome della figlia morta, dandole quello con cui avrebbe dovuto essere chiamata, incapace di interrompere la ricerca del colpevole. Taerim, infine, è la più elusiva. Ha finito per sposare il ragazzo con cui Hae-on era in automobile- era gelosa di lei? sospettava che il marito fosse colpevole? Perché altrimenti era stato mandato a studiare in America?
Quanto ai due ragazzi sospettati, il loro
ruolo è quello di dimostrare quanto sia ingiusta la vita, quanto siano ingiusti
gli uomini. Perché uno è ricco e uno è povero, i loro alibi si equivalgono ma
Han Manu, il ragazzo povero, quello che ha soltanto visto Hae-on seduta in
automobile, continua ad essere tartassato, l’altro no. In più Han Manu sembra
proprio essere perseguitato dalla sorte- ammalato di tumore, gli viene amputata
una gamba e ne morirà, MA, se non fosse stato un poveraccio, se gli fosse stata
prestata più attenzione, quando si lamentava mentre faceva il servizio
militare, non avrebbe potuto salvarsi?
“Lemon” è un libro interessante, anche se
non appassionante. Interessante per quello che ci dice, per vie traverse, sulla
Corea, pur lasciandoci perplessi sul finale, come se avessimo in bocca il gusto
aspro del limone.
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