domenica 10 ottobre 2021

Subramanian Shankar, “No end to the journey” ed. 2005

                                                      Voci da mondi diversi. India

      romanzo di formazione
     in altre lingue

Subramanian Shankar, “No end to the journey”

Ed. Steerforth Press, pagg. 265, Euro 20,16

 

    Paavalampatti, India del Sud. Lo stesso villaggio che noi lettori italiani abbiamo conosciuto nel romanzo da poco pubblicato in italiano dello stesso autore, “Il fantasma del tamarindo”. La strada che si biforca come una Y dove sorge il tempio, la zona abitata dai bramini e quella, più lontano, dove vivono gli ‘intoccabili’.

     Il sessantacinquenne Gopalakrishnan è tornato da poco a vivere a Paavalampatti per restare vicino alla madre rimasta vedova. Non è stato contento di tornare, dopo aver passato quarant’anni a New Delhi dove aveva un impiego statale. Ogni mattina Gopalakrishnan esce per fare una passeggiata salutare. È un abitudinario. Camminare gli fa bene e concede spazio ai suoi ricordi.

     Questa è una storia di padri e di figli- le donne restano nell’ombra. L’educazione che Gopalakrishnan aveva ricevuto da suo padre era stata molto severa, così come severe erano state le punizioni. Andare a studiare a Madras gli era parsa una liberazione. E a Madras aveva conosciuto Murthy che sarebbe stato il suo grande amico, da imitare, da seguire. Perché Murthy era ambizioso e aveva afferrato al volo l’opportunità di presentarsi per un colloquio e lavorare alla radio, a Delhi. Era stato il primo lungo viaggio di Gopalakrishnan, ci volevano giorni per raggiungere Delhi in treno. E tuttavia, in un’epoca ancora di tempi lunghi, un viaggio era un’esperienza esaltante, un avvicinarsi graduale ad una nuova vita, un tempo di riflessioni.

Delhi

    Avevano girato pagina, lui e Murthy, dopo aver ottenuto il lavoro alla radio. Libertà era abitare in un miniappartamento. Era discutere fino a tardi. Era frequentare nuovi ambienti e conoscere altre persone. La tappa seguente era stato il matrimonio- prima Murthy che aveva anche continuato la sua ascesa come giornalista, poi Gopalakrishnan che aveva accettato di buon grado la sposa scelta per lui dai suoi genitori. E finalmente, dopo anni di attese frustranti, era arrivato un bambino, che però li aveva fatti penare, svogliato a scuola, bravo a giocare a cricket.

      La singolarità del libro di Subramanian Shankar è nel fatto che è un romanzo di formazione ma, e questo non è frequente nei romanzi di crescita, è una formazione che dura tutta la vita- non c’è fine al viaggio, come dice bene il titolo. Si potrebbe pensare che Gopalakrishnan, arrivato all’età della pensione, possa finalmente godersi una vita tranquilla, senza preoccupazioni di soldi. E invece.

Madras

    Se per i primi due terzi del libro Gopalakrishnan è il protagonista assoluto, nel restante terzo del libro succede qualcosa che scombina l’esistenza sua e della moglie. Il figlio Surash arriva a Paavalampatti, all’improvviso, nonostante avesse detto che non sarebbe riuscito a venire per la festa di Diwali (sono tanti gli scorci colorati di feste e usanze che ritroviamo In “No end to the journey”, le pagine dedicate ai preparativi per Diwali ne sono un bell’esempio). Sembrava aver messo la testa a posto, Surash. Lavorava nel ramo degli immobili, insieme ad un amico. Arriva, non parla, non spiega nulla, dorme. I genitori lo giustificano, sarà stanco dopo il viaggio. Poi una telefonata- cercano Suresh, è Gopalakrishnan a rispondere al telefono. E il suo mondo crolla in pezzi. Non c’è mai fine al viaggio, si deve continuamente cercare di comprendere la realtà, si deve mediare, si deve aiutare un figlio anche se è sciagurato.


     Il finale è quanto mai lontano dall’inizio. Sono passati i tempi in cui il padre rappresentava l’autorità assoluta. Sembrano passati anche i tempi dei valori di onestà e integrità. E i due genitori di Surash ci fanno pena. Hanno sbagliato? Dove? Quando?

    C’è il colore dell’India nel romanzo di Subramanian Shankar, ma il contrasto tra diverse generazioni, tra antico e moderno, è lo stesso là, qui e in ogni luogo, così come universali sono le ansie dei genitori, la sensazione di aver mancato in qualcosa di indefinibile e, nello stesso tempo, la disponibilità a correre in aiuto dei figli.

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