domenica 3 ottobre 2021

Paul Scott, “Il giorno dello scorpione” ed. 2021

                         Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda

                                saga

Paul Scott, “Il giorno dello scorpione”

Ed. Fazi, pagg. 668, Euro 20,00

 

      Diciamolo subito. È un libro appassionante, questo “Il giorno dello scorpione” di Paul Scott, secondo della quadrilogia iniziata con “Il gioiello della corona”, dove il gioiello era l’India. È stato paragonato a “Guerra e pace” e addirittura a Proust. Con quest’ultimo non vedo possibile il raffronto, di “Guerra e pace” ha l’epicità e una simile galleria di personaggi, molti dei quali avevamo già conosciuto nel romanzo precedente. Perché la bravura di Paul Scott è di introdurre un nuovo gruppo famigliare, i Layton (il padre è prigioniero in Germania, la madre alza un po’ troppo il gomito per alleviare la solitudine, delle due figlie una, la più giovane, è molto carina e si sposa perché così fan tutte, l’altra, Sarah, meno bella ma riflessiva e intelligente, è in servizio nell’esercito), e nello stesso tempo ritornare al nodo cruciale de “Il gioiello della corona”, gli eventi della notte dello stupro di Daphne Manners, offrendoci, però, un altro punto di vista.

E poi, sotteso a tutta la trama, alle storie delle ragazze Layton e a quella, così dolente, dello stupro, c’è l’altro tema che, in qualche maniera, permea anche gli altri due filoni- la richiesta sempre più pressante di indipendenza dell’India, la fine del Raj che incombe nefasta.

Hari Kumar e Daphne nella versione cinematografica

   Il matrimonio di Susan Layton riporta in scena una vecchia conoscenza, quel Ronald Merrick ex ufficiale di polizia incaricato del caso di Daphne Manners e che ora è capitano dell’esercito. E che spera nessuno si ricordi di lui associandolo ai Giardini Bibighar e a quello che vi era successo. Ma qualcuno lancia un sasso contro l’automobile che trasporta lo sposo e Merrick, testimone dello sposo scelto come ripiego, in sostituzione di un altro. Il sasso è stato scagliato contro Merrick, brutto presagio per lo sposo. Daphne è morta dopo aver dato alla luce una bambina a cui è stato dato un nome indiano, Parvati, come la moglie del dio Shiva. Ha la pelle scura- chi sarà il padre? E la zia ne ha dato l’annuncio sul giornale, bel messaggio di sfida all’oscurantismo inglese. Hari Kumar, il ragazzo cresciuto in Inghilterra che aveva studiato in un college prestigioso, che parlava con una pronuncia che mai Merrick avrebbe potuto uguagliare, che non riusciva a riconoscersi nell’India in cui era dovuto ritornare dopo la morte del padre perché ‘casa’ significava ‘Inghilterra’ per lui, è ancora in prigione. Arrestato da Merrick insieme ad altri accusati di stupro di gruppo che però Daphne aveva dichiarato di non riconoscere. E, in lunghe pagine rivelatrici, Hari Kumar racconterà di quella notte, scenderà nei dettagli degli abusi che Merrick gli aveva inflitto calpestando la sua dignità di essere umano.

Hari Kumar e Merrick

Non ci era piaciuto Merrick ne “Il gioiello della corona”, condividiamo adesso con Sarah quella ripugnanza, quell’indefinito senso di orrore e disgusto che lei prova nei suoi confronti, quella diffidenza dovuta alla sensazione che lui menta, che qualunque cosa lui dica sia una menzogna dovuta a frustrazione, ad ambizione di salire nella scala sociale, a senso di inferiorità per non essere ‘dei loro’.

    Il legame India-Inghilterra si sta allentando e se, da una parte, è proprio la storia d’amore finita così male di Daphne e Hari Kumar che ce lo mostra (E.M. Forster non poteva immaginare di aver indicato per primo la contrastata fascinazione del rapporto tra donne inglesi e uomini indiani), se il frutto di questo amore è in stridente contrasto con quello del matrimonio di Susan (non è stato forse uno stupro consacrato il rapporto che la renderà madre?), dall’altra parte c’è un fermento di rivolta che lascia presagire la fine di un’epoca, c’è un ministro del congresso in prigione che fa da contrappunto a Hari Kumar, ci sono i soldati indiani che ‘tradiscono’ unendosi ai giapponesi che avanzano dalla Birmania.

Sarah Layton

    Forse un centinaio di pagine in meno avrebbe alleggerito la lettura, però terminiamo “Il giorno dello scorpione” con il dispiacere di abbandonare i suoi personaggi che esistono di per sé e nella grande Storia e con la profonda soddisfazione per aver goduto di queste trame intrecciate e ricche di sfumature.

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