Casa Nostra. Qui Italia
biografia romanzataSimona Lo Iacono, “La tigre di Noto”
Ed.
Neri Pozza, pagg. 170, Euro 17,00
Quante grandi donne di cui non ci è giunta
notizia, è la prima riflessione che facciamo, leggendo “La tigre di Noto” di
Simona Lo Iacono. Quante grandi donne rimaste nell’ombra degli uomini, dopo
aver lottato contro difficoltà di gran lunga maggiori delle loro per arrivare
alle conquiste che si proponevano di fare.
Dopo aver ridato vita a Giuseppe Tomasi di
Lampedusa nel romanzo “L’albatro”, è Anna Maria Ciccone che rivive nelle pagine
di Simona Lo Iacono. Chi era costei?
Nata a Noto nel 1891 e morta, sempre a Noto, nel 1965, Anna Maria Ciccone aveva una predisposizione speciale per la matematica, da sempre considerata materia ostica per le donne. E infatti, in un’epoca in cui il numero delle donne che si iscrivevano all’università era esiguo, Anna Maria fu l’unica a frequentare la facoltà di matematica della Sapienza a Roma, per poi spostarsi a Pisa dove conseguì la laurea nel 1919. Nel 1924 si laureò anche in Fisica e le sue ricerche seguenti saranno tutte nell’ambito di questa materia. Da Pisa a Darmstadt, in Germania, dove collaborò con Gerhard Herzberg negli approfondimenti sulla spettroscopia. Dal 1939 sarà titolare della cattedra di spettroscopia presso l’Università di Pisa, fino al suo pensionamento.
Questa la sua carriera a grandi linee,
quella che spiega l’eccezionalità di Anna Maria Ciccone. Il romanzo di Simona
Lo Iacono, però, aggiunge altro, come è giusto che sia, avvalendosi della
straordinaria capacità dello scrittore di immedesimarsi, di immaginare
sentimenti e pensieri, di creare per noi un personaggio vero e palpitante.
I capitoli iniziano spesso con un’occhiata a delle fotografie del passato- l’infanzia di Anna Maria, una bambina non bella, con una madre che non le dimostrava l’affetto che avrebbe poi riversato invece sul figlio maschio, il fratellino dalla salute delicata che sarebbe morto presto, la gioia della scuola. Sono fotografie dalla tinta sbiadita, proprio come lo sono i ricordi. E poi l’allontanarsi da casa e il suo fiorire, in intelligenza se non in bellezza, la solitudine, gli alloggi economici, gli studi, la diffidenza dei colleghi uomini, i primi riconoscimenti più che meritati, l’invito per Darmstadt.
In Germania c’è una svolta nella vita di
Anna Maria. Sono gli anni che vedono l’ascesa al potere di Hitler, gli inizi
delle leggi razziali. E Anna Maria si rivela non solo come una intelligenza
d’eccezione, ma anche una donna con una retta coscienza politica, pronta a
fiutare l’aria, ad aiutare Herzberg, fino alla sua fuga da una Germania sempre
più antisemita. Gerhard Herzberg, in esilio volontario in Canada, avrebbe vinto
il premio Nobel per la Fisica nel 1971- aveva nutrito qualcosa di più del
rispetto per lui, Anna Maria? Forse un sogno impossibile? Niente ce lo rivela,
possiamo solo immaginarlo.
Al ritorno in Italia, nel pieno della guerra, con Pisa sotto le bombe degli Alleati e sottoposta alle razzie dei tedeschi in ritirata nel 1944, “la tigre di Noto” (come venne poi soprannominata) difese l’istituto di Fisica e tutto quello che vi era contenuto- strumenti e libri antichi- dagli ufficiali nazisti che avevano l’ordine di requisire tutto e trasportare quei beni in Germania. La reazione di Anna Maria che, parlando in un tedesco perfetto, aveva ingiunto agli ospiti indesiderati di fermarsi o di ucciderla, aveva preso di sorpresa i tedeschi facendoli desistere. Era una tigre che sfoderava le unghie.
C’è poi ancora un umanissimo e tenero
dettaglio che la scrittrice aggiunge alla vita ‘immaginata’ di questa donna
solitaria e che la rende più cara e vicina a noi. Perché non regalarle, anche
se solo come una possibilità, una felicità tutta femminile, quasi a completare
la figura della tigre che difende i suoi tigrotti?
Una riscoperta narrata con stile
scorrevole ed estremamente piacevole.
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