martedì 1 settembre 2020

Arnaldur Indriðason, “La ragazza del ponte” ed. 2020


                                                                   vento del Nord
                                                              cento sfumature di giallo


Arnaldur Indriðason, “La ragazza del ponte”
Ed. Guanda, trad. A. Storti,  Euro 19,00, formato kindle 9,99

    È ancora Konráð, il protagonista del romanzo “La ragazza del ponte” di Arnaldur Indriðason. Ormai in pensione, ha in comune con Erlendur, il protagonista dell’altra serie di romanzi dello scrittore islandese, il pensiero fisso di una perdita nel suo passato, di un caso non risolto. Per Erlendur era il fratellino, scomparso durante una tempesta sulla brughiera, per Konráð è il padre, accoltellato da ignoti in una fredda notte. Un padre violento e ubriacone che si interessava di sedute spiritiche- anzi, truffava le persone che si rivolgevano a lui ed al suo compare nella speranza di essere messe in contatto con i loro cari morti. E, poco prima della sua morte, Konráð  aveva anche saputo da sua madre il vero motivo per cui questa l’aveva lasciato, portando con sé la figlia e abbandonando Konráð con lui: per salvare la bambina. E non c’è bisogno di spiegare altro.
      Due scene del passato all’inizio: un ragazzo, passando sul ponte sul Tjőrnin, vede galleggiare una bambola sull’acqua. Scende sulla riva e cerca di prendere la bambola, pensando di lasciarla poi sulla spalletta del ponte, nel caso che la sua proprietaria venga a cercarla. C’è ben altro che la bambola nel lago- il corpo di una bambina. Forse era caduta in acqua nel tentativo di afferrare la bambola che le era caduta?
Ad una festicciola di bambini, Eygló si sente a disagio, gironzola per la casa e incontra una bambina che sembra essere infelice quanto lei. La cosa strana è che non lascia impronte sulla moquette e neppure si riflette nello schermo del televisore.

     Nella terza scena, nel presente, Konráð si reca da una coppia di nonni, preoccupati perché la nipotina, che ha sempre vissuto con loro dopo la morte della loro figlia, è scomparsa. Sarà ritrovata morta nello squallido e sporco appartamento del suo ragazzo che faceva uso di droga. Sembra un caso di overdose. Dov’è il ragazzo? Era sola, Danni, quando è morta?
    Ho già avuto modo di dire, parlando degli altri romanzi di Arnaldur Indriðason, che non è facile scrivere un poliziesco ambientato in Islanda, per il fatto che- come mi aveva detto lo scrittore durante una intervista- avvengono pochi delitti in Islanda. Ecco perché sono spesso dei “cold cases” al centro dei libri di Arnaldur Indriðason. Ne ”La ragazza del ponte” le indagini sono due ed è veramente impossibile capire quale possa essere il legame tra di loro. Saremmo propensi a pensare che Konráð si interessa alla bambina annegata tanti anni fa perché è incuriosito dal vago collegamento che gli sottolinea Eygló (figlia del compagno di suo padre durante le sedute spiritiche, anche lui morto in dubbie circostanze) e perché è nel suo carattere non voler abbandonare casi irrisolti.
L’indagine sulla bambina ci porta a cercare una tomba nel cimitero e a rintracciare quello che un tempo era il ragazzo che l’aveva trascinata a riva, la seconda indagine ha scene di forte crudeltà come ci si può aspettare in un ambiente degradato di drogati.
Forse Danni non è morta per sbaglio, aveva intenzione di rivelare in rete qualcosa di importante- che cosa? Anche il suo ragazzo rischia di morire e per ben due volte, per mano diversa.

    Lo scrittore è bravissimo a tirare le fila, a far quadrare i conti. La bambina annegata, la ragazza che si drogava in rivolta contro i nonni, Eygló e le sue visioni ultra-terrene, persino la sorella di Konráð che lui conosceva poco- tutto ha una spiegazione, tutto è collegato, suscitando in noi una reazione di orrore e di pietà. Non posso dire di più.
   Ci manca, tuttavia, ne “La ragazza del ponte”, l’ambientazione islandese che rendeva così tipici e affascinanti i romanzi precedenti. Ci sono pochi scorci di Islanda e la trama è lenta.
   Una osservazione. Quanto alcool si beve in Islanda! Sarà il clima, sarà la mancanza di luce, ma l’atmosfera è così buia e triste che deve, per forza, spingere a cercare consolazione nel bere.





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