mercoledì 18 dicembre 2019

Ljudmila Petruševskaja, “La bambina dell’hotel Metropole” ed. 2019


                                                 Voci da mondi diversi. Russia
            autobiografia

Ljudmila Petruševskaja, “La bambina dell’hotel Metropole”
Ed. Brioschi, trad. Marcucci e Zonghetti, pagg. 268, Euro 18,00

      Se l’hotel Metropole di Mosca potesse parlare…Racconterebbe di tutte le persone che sono passate sotto i lampadari di cristallo dal giorno della sua inaugurazione nel 1905, ad iniziare da Rasputin che vi organizzava i suoi sfrenati festini, fino a quando, via i lampadari, via i mobili pregiati, sostituiti da lampade  a cherosene e panche di legno, basta nobili ospiti, avanti i bolscevichi che ne fecero il loro quartier generale.
     Sono nata nell’albergo Metropole, una specie di seconda Casa dei Soviet con le stanze occupate da vecchi bolscevichi- tra cui mio bisnonno Tato, membro dal 1889 del Partito socialdemocratico russo.
     Inizia così il breve romanzo autobiografico della scrittrice russa Ljudmila Petruševskaja, vincitrice del più importante premio letterario russo, dapprima pubblicata clandestinamente e nota soprattutto ai conoscitori della letteratura russa underground.

Inizia con un piglio incalzante che ti travolge con una folla di personaggi- si resta un poco confusi, se abbiamo dimenticato l’uso russo dei molteplici nomi con patronimico e diminutivo, ma dopo poche pagine riusciamo a mettere tutti a fuoco. Quella di Ljudmila Petruševskaja è una famiglia straordinaria- l’adorato bisnonno Tato, il bolscevico che sosteneva i diritti degli oppressi, faceva il medico in fabbrica ma curava anche tutti i poveracci che si presentavano da lui (e fu licenziato); il nonno Jakovlev era un famoso linguista che incominciò a traslitterare le lingue caucasiche in caratteri latini, osò contraddire Stalin quando questi pubblicò un opuscolo sulla linguistica e finì in un ospedale psichiatrico; la nonna sapeva ripetere a memoria i grandi romanzi russi; la zia aveva frequentato l’Accademia Militare e la mamma aveva studiato dapprima letteratura e poi fu ammessa all’Accademia di Arte Drammatica. Una famiglia così straordinaria non poteva che essere etichettata ‘nemici del popolo’ con tutte le conseguenze del caso.
Samara

     La data che segna la vita della bambina del Metropole come uno spartiacque è il 1941 quando, a causa della guerra, la sua famiglia fu evacuata da Mosca a Kujbishev, ora Samara- un viaggio lunghissimo in treno che la bimba Ljudmila fece in braccio al bisnonno Tato che si era fatto canguro per lei, avvolta nel tepore della sua pelliccia di lupo. E poi, un paio di anni più tardi, la mamma ritornò a Mosca a studiare, lasciando la bambina affidata a sua madre e a sua sorella- il padre di Ljudmila si era volatilizzato da un pezzo, lei lo avrebbe rivisto, fuggevolmente, quando aveva tredici anni.
    È sconvolgente leggere dell’infanzia della scrittrice, della grande fame, con una tessera annonaria che concedeva 300 gr. di pane al giorno (ammesso che ce ne fosse ancora quando arrivava il loro turno), del freddo (la bambina non poteva andare a scuola: restava tutto l’inverno in casa perché non aveva le scarpe. E non aveva neppure le mutandine, faceva un nodo alla maglietta tra le gambe), dei giochi in strada, dei pericoli corsi quando lei, emarginata da tutti, veniva invitata ad andare dietro la staccionata con dei ragazzini che le assicuravano protezione se lei ‘ci stava’, dell’accattonaggio di cui aveva imparato le strategie, di quella insaziabile voglia di libertà che la faceva scappare di continuo da casa, tanto più se veniva rinchiusa.
interno del Metropole
Più tardi la madre, dopo averla riportata a Mosca, non sapendo come gestire una bambina così ‘selvaggia’, l’aveva mandata al campo dei pionieri e poi in un istituto per bambini denutriti. Con tutto questo, con alloggi di fortuna, condividendo una stanza con il nonno, dormendo sotto il tavolo, in qualche modo questa bambina è riuscita a diventare la giovane donna che iniziò a scrivere come giornalista per passare poi al teatro, su cui la censura era meno stretta al tempo della perestrojka, e a pubblicare novelle e romanzi. Straordinario. Una donna straordinaria con una vita straordinaria che è una lezione per tutti noi. Uno stile vivace che trasforma lo squallore e le difficoltà in un’avventura, in una sfida, in una battaglia da cui bisogna uscire vincitori.

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