martedì 14 novembre 2017

Roman Senčin, “L’ultimo degli Eltyšev” ed. 2017

                                                             Voci da mondi diversi. Russia
            FRESCO DI LETTURA

Roman Senčin, “L’ultimo degli Eltyšev”
Ed. Fazi, trad. C. Zonghetti, pagg. 268, Euro 14,03

    Russia. La nuova Russia. Gli Eltyšev sono una famiglia normale, nella media. Nikolaj è un agente di polizia e, da quando è passato a lavorare come sorvegliante nella sezione dove vengono portati gli ubriachi che disturbano la quiete pubblica, guadagna di più con gli extra che passano dalle tasche dei beoni alle sue. E’ facile, soprattutto quando gli arrestati sono ricchi: nelle condizioni alterate in cui questi si trovano, neppure sanno quanto di preciso hanno in portafoglio. Basta registrare una cifra inferiore e far scomparire la differenza. La moglie di Nikolaj, Valentina, fa la bibliotecaria da trent’anni. Hanno due figli: uno sta scontando in prigione una condanna per aver ridotto ad un vegetale un ragazzo in una rissa e l’altro è uno scansafatiche che non sa tenersi un lavoro. Abitano in una casa assegnata dallo Stato, un televisore e anche un’automobile. Niente male, quindi. Ma…
   Una notte Nikolaj calca troppo la mano. Forse non ha ‘guadagnato abbastanza’, forse è innervosito dalla gentaglia che è stata arrestata, dal vociare e dalla baraonda. Fatto sta che la punizione che gli infligge è sadica e finisce molto male. Nikolaj perde il posto e anche la casa, visto che non è sua. Valentina deve licenziarsi e l’unica possibilità per loro è trasferirsi in campagna, nell’izba di una vecchia zia. Dalle stelle alle stalle. E non solo per modo di dire.

     Un paesino nel nulla. Un’izba cadente dove per riscaldare bisogna ancora tagliare la legna. Un interno piccolissimo, uno dei tre dovrà dormire su un divano. La vecchia zia (quanti anni avrà? sembra una mummia. Stupisce che sia ancora in grado di fare delle cose, anche se solo mettere da parte delle patate per l’inverno). Stanza da bagno? Non esiste. C’è una latrina all’esterno. Perfino il clima sembra più inclemente in un luogo del genere. Il freddo sembra più freddo, il buio sembra calare più presto, c’è fango sulla strada. Come si fa a far passare il tempo? La terra è troppo dura perché si possa zappare e coltivare qualcosa. Un paio di vicini si presentano alla loro porta. Gli Eltyšev si accorgeranno tardi di essere stati ripetutamente truffati. Come guadagnare qualcosa? Gli viene offerto di vendere un intruglio ad altissima gradazione alcolica (lo hanno assaggiato una delle prime sere- micidiale)- no, Nikolaj non si abbasserà a tanto. Valentina cerca un lavoro- niente da fare. Il figlio si lascia irretire da una ragazza, la sposa perché l’ha messa incinta- ma è veramente figlio suo il bambino? I risolini dei giovinastri suoi amici insospettiscono.

     Quella degli Eltyšev è una lenta discesa negli inferi del degrado. Quando manca una motivazione per vivere, quando manca uno scopo, per prima cosa si butta giù un bicchiere di alcol al risveglio. Perché non si ha niente da fare, perché ottunde la coscienza, perché così si dimentica quello che è stato e il futuro si annebbia. A questo punto Nikolaj ha accettato di vendere alcol. E se ne scola anche lui. Beve Nikolaj, beve Valentina, beve il figlio quando va a trovarli- il bambino è nato, lui si sente isolato ma non vuole neppure sentir parlare di fare domanda per un posto in polizia. E poi succede di peggio. La morte entra con violenza nella vita degli Eltyšev- tutti incidenti quelli che causano la scomparsa di più persone, una dietro l’altra?
Le disgrazie non vengono mai da sole- una volta si diceva così e così succede agli Eltyšev.
      Un finale triste e sconsolato per un libro tristissimo che vuole essere il quadro di una parte della nuova Russia che è succeduta all’Unione delle Repubbliche Sovietiche, la controparte della Russia capitalista dei magnati straricchi. Ricorderemo il libro e ricorderemo gli Eltyšev. Qualcuno ha scritto che il loro nome diventerà simbolo della caduta, proprio come Oblomov (il protagonista del romanzo di Gončarov) è venuto a personificare l’ozio e l’indolenza.




    


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