Voci da mondi diversi. America Latina
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Roberto Ampuero, “Il tedesco dell’Atacama”
Ed. Garzanti, pagg. 298, Euro
14,50
Un tecnico tedesco viene ucciso a San Pedro di Atacama,
nel Nord del Cile. Due giorni dopo precipita il Cessna privato di un membro del
parlamento cileno. Una giornalista tedesca si rivolge all’investigatore
Cayetano Brulé perché indaghi sulla morte del suo connazionale che le aveva
telefonato poco prima di morire: aveva delle rivelazioni da farle, qualcosa di
cui la stampa doveva occuparsi. Da Valparaíso a San Pedro di Atacama, in
Germania e poi di nuovo nel deserto, il detective cubano segue le tracce di
un’azione criminosa di traffici illeciti di natura insospettata.
INTERVISTA A ROBERTO AMPUERO, autore de “Il tedesco dell’Atacama”
Ci sono delle aree in cui non
piove mai nel deserto di Atacama, in Cile, il nono del pianeta per estensione.
Eppure ci sono delle rose che fioriscono per una notte sola, ci sono ricchezze
insospettate nel sottosuolo: minerali, petrolio, litio, tesori archeologici
trafugati da tombaroli privi di scrupolo. E poi l’Atacama è terra di passaggio
per i narcotrafficanti dei paesi limitrofi, scarico di immondizie dei paesi industrializzati-
solo gli abitanti del luogo restano eternamente poveri, ricchi soltanto della
loro civiltà millenaria.
“Il tedesco dell’Atacama”, dello scrittore
cileno Roberto Ampuero, è il terzo romanzo pubblicato in Italia con
protagonista Cayetano Brulé, detective per caso, perché ad un certo punto della
sua vita si è ricordato di avere un diploma di investigatore rilasciato da una
scuola per corrispondenza. Non è un personaggio che si dimentica, Cayetano
Brulé: molto miope, sovrappeso, sempre squattrinato- e infatti l’unico aiutante
che può permettersi è il giapponese Suzuki che, come primo lavoro, gestisce una
friggitoria-, nostalgico dell’Avana in cui è nato e di cui rimpiange il clima,
la musica, i profumi, le donne sensuali e generose che ancheggiano sui fianchi
larghi. Cayetano è il primo a non prendersi sul serio e a sorridere di se
stesso, e non si offende quando la giornalista tedesca dice che gli europei,
abituati ai romanzi gialli e ai film polizieschi americani, non riuscirebbero
neppure ad immaginare un detective del Terzo Mondo. Il caso di cui si occupa
Cayetano Brulé in questo romanzo non è un semplice delitto a scopo di rapina, che
cosa c’è dietro la morte del tecnico tedesco Willi Balsen? Petrolio, droga, o
altro? il fatto che Balsen ritenesse necessario informare la stampa e che un
parlamentare sia morto in un incidente aereo che parrebbe casuale, lascia
pensare che siano in gioco interessi più vasti e che Balsen, l’idealista che
credeva veramente di poter fare qualcosa per la gente del posto (“conosci un
paese che è uscito dalla povertà grazie agli aiuti internazionali?” chiede a
Cayetano un imprenditore tedesco) doveva essere messo a tacere. Ma quello che
rende il romanzo così godibile è l’umorismo che lo attraversa, la simpatia che
suscita il goffo investigatore cubano dai baffoni alla Pancho Villa,
l’ambientazione nel deserto abitato dagli orgogliosi indios, le incursioni rapide
nel campo della politica e della storia recente dei paesi dell’America Latina-
Allende, Pinochet, e Fidel naturalmente, ancora un mito per chi non vive a Cuba
e non si sa spiegare perché tanti cerchino di fuggire. Stilos ha intervistato Roberto
Ampuero che attualmente vive negli Stati Uniti, dove insegna nell’Università
dell’Iowa.
Ne “Il tedesco dell’Atacama” veniamo finalmente a sapere qualcosa sull’
insolito cognome dell’investigatore Cayetano Brulé e sulle origini della sua
famiglia che viene dalla Normandia: come mai solo ora, nel terzo romanzo della
serie pubblicato in Italia?
Quando ho scritto “Chi
ha ucciso Christian Kustermann?”, non pensavo proprio che sarebbe stato il
primo di una serie di romanzi con lo stesso personaggio e neppure che avrebbe
avuto tanto successo. I libri con Cayetano Brulé sono tradotti in nove lingue e
in Cile le cifre delle vendite si aggirano sulle 200.000 copie. A dire il vero,
ho messo a fuoco la storia di Cayetano sollecitato dalle domande dei lettori.
Erano talmente interessati a conoscere l’ispettore che continuavano a chiedermi
altri dettagli su di lui durante le presentazioni dei libri e la loro era una
curiosità giustificata. D’altra parte mi sono reso conto che, mentre Cayetano
Brulé continuava ad occuparsi di nuovi casi, dovevo per forza aggiungere
qualcosa sulla sua storia personale- non poteva occuparsi solo delle
investigazioni, doveva anche pensare a se stesso, al suo passato, all’amore,
alla politica, alla sua salute (nel penultimo romanzo gli viene diagnosticato
un tumore), ai suoi sogni di uguaglianza e di giustizia sociale. Non
dimentichiamo che Cayetano, che è uno scettico in campo politico, ha sofferto
in qualità di straniero in Cile sotto la dittatura di Pinochet.
E’ naturale che il lettore si domandi se ci possa essere qualcosa dello
scrittore nei personaggi che crea: Cayetano è nato all’Avana, è fuggito a
Miami, ha seguito una donna in Cile. Ha condiviso con Cayetano qualcuna delle
sue esperienze?
Conosco i mondi in cui
si aggira Cayetano, però non è il mio alter ego. Cayetano è migliore di me: ha
senso dell’humour, è compassionevole, ama la giustizia, vive il presente senza
temere il domani, è capace di rischiare la vita per la verità, è disposto ad
apprendere, è molto tollerante e nemico dei dogma. E’ andato in giro per il
mondo come un detective proletario, è un proletario dell’investigazione, non
offre altro che la sua manodopera , e però controlla sempre, per prima cosa, la
moralità dell’incarico. A volte mi piacerebbe essere libero come Cayetano, così
poco preoccupato per il futuro personale, così magnanimo e bonaccione.
Tutto è anomalo nella coppia di investigatori dei suoi romanzi:
Cayetano è investigatore per caso, è goffo, miope, il suo doppio è un
giapponese il cui lavoro principale è in una friggitoria. Perché due detective
così insoliti?
La forza di Cayetano sta
nel fatto che chiunque di noi potrebbe essere Cayetano, e chi legge i miei
romanzi può rendersi conto che a chiunque può capitare di trovarsi nei casi che
Cayetano ha risolto. In un’epoca in cui i film di Hollywood e i best-seller di
basso livello ci propongono eroi inverosimili, esperti nell’arte di assassinare
e fare conquiste, di imporre le loro opinioni e reprimere chi pensa in modo
diverso, Cayetano emerge come il simbolo dell’uomo comune, che è indipendente,
che ha un codice etico e si preoccupa della giustizia sociale, e tuttavia non è
un eroe di acciaio e neppure mostra solo aspetti positivi. Cayetano e il suo
aiutante Suzuki rispondono alla richiesta della maggioranza progressista
dell’umanità di lottare perché il mondo sia un luogo migliore, e condividono
con molti il gusto per la buona cucina e per una buona bevuta, per l’erotismo,
i viaggi, l’ozio. Cayetano è l’opposto dell’eroe hollywoodiano.
Cayetano parla spesso di Cuba e del Cile come di due paesi
completamente diversi e il cuore di Cayetano è a Cuba: che cosa rappresentano
questi due paesi?
Per regioni storiche e geografiche, il
Cile e Cuba rappresentano i due poli opposti dell’anima latinoamericana. Gli
stranieri pensano che l’America latina sia omogenea e non sanno che siamo un
continente pieno di differenze. Il mondo andino non ha niente a che vedere con
il Mar de la Plata ,
e questo non ha niente a che vedere con il Brasile, né il Brasile ha qualcosa
in comune con il Centro America e il Messico è diverso dalle Antille. Ci sono
enormi differenze in termini di popolazioni, cibi, culture, influenze e clima.
Il Cile e Cuba rappresentano due poli di questa sensibilità latinoamericana
dalle molte facce: Cuba si trova a metà dell’Afro-America latina, nel calore
dei Caraibi, a metà strada tra Stati Uniti e America del sud, tra America e
Europa, ha raggiunto l’indipendenza politica solo nel 1898 ed è un paese
socialista. Il Cile è, per così dire, un’altra isola, ma un’isola delimitata
dal deserto di Atacama, dalle Ande, il Pacifico e il Polo sud, è un paese senza
influenza africana, a metà strada tra l’Europa e l’influenza indigena, non è un
paese tropicale, è neoliberale, molto integrato nella economia mondiale. Non
c’è dubbio che ci siano due diverse sensibilità e percezioni, entrambe
latinoamericane, che sono complementari e contraddittorie: Cayetano Brulé si
muove tra di loro, se è a Cuba si sente cubano e se è in Cile si sente cileno.
Ma una cosa è chiara: dopo aver vissuto tanti anni a Valparaíso, si sta
integrando lentamente nel paese di Neruda e Allende, senza perdere la capacità
critica propria dello straniero di scrutare il paese in cui si trova.
Cayetano e Fidel: Cayetano è critico nei confronti del regime
castrista, come già abbiamo visto anche in “Bolero all’Avana”…
Cayetano vive in Cile da
molti anni ed è segnato dalla transizione cilena verso la democrazia. Non parla
molto di politica, diffida degli uomini politici e rifiuta le dittature, crede
nella democrazia come in un ideale che non si realizza mai pienamente. E nel
caso di Cuba si tiene al margine dei due gruppi estremisti, come si vede nell’ultimo
romanzo, non ancora pubblicato in Italia, “Halcones de la noche”. Siccome
desidera il meglio per la sua isola, la sua risposta parte dall’esperienza
cilena, che è il mondo che conosce meglio: quando un paese è in crisi e in una
situazione pericolosamente polarizzata, la cosa migliore è che tutti i
cittadini decidano liberamente il destino della patria. Cayetano Brulé è
critico nei confronti di Fidel, ma in “Halcones de la noche” gli salva la vita,
perché Cayetano crede nella democrazia e respinge la violenza come strumento
politico.
La musica, i colori, la sensualità femminile hanno sempre una parte
importante nei suoi romanzi.
Cayetano è un uomo che
compie le sue investigazioni nel mondo reale di Europa, Stati Uniti o America
Latina, e spesso si trova in mondi dove c’è musica, da mangiare e da bere,
erotismo, diversità, suspense e intrigo. Ma attenzione: l’America latina di
Cayetano è un paese dove palpita la sensualità, e tuttavia non solo la
sensualità delle donne, ma anche quella degli uomini, degli esseri umani che
godono e amano godere la vita. La caratteristica principale di Cayetano è che
ha lo sguardo del sudamericano sul mondo, e quando va negli Stati Uniti o in
Europa, guarda questi continenti con gli occhi di un latinoamericano che ha le
sue tradizioni e la sua storia, i suoi sogni, allegrie e frustrazioni, e con
queste riesce a criticare, apprendere, trarre conclusioni. Non è un
nazionalista, ma un uomo del postmodernismo che attraversa le frontiere e
applaude alla diversità. In generale, nel cinema e nella letteratura del mondo
industriale sono i personaggi di questo mondo industriale che descrivono il
Terzo Mondo dalla loro prospettiva e spesso le persone del Sud sono solo delle
comparse. Lo sguardo di Cayetano ha l’intento di rompere questa tradizione, di
dare una voce al Sud, di convertire la gente del Sud in protagonisti, di
narrare il mondo dalla prospettiva del Sud.
Un romanzo di Sepulveda è intitolato “Le rose di Atacama”: le rose del
deserto sono il simbolo della ricchezza insospettata di questa terra di cui lei
parla nel romanzo?
Ho scoperto l’Atacama 35 anni fa: i
miei primi racconti hanno a che fare col deserto, e per questo è normale che vi
torni con un romanzo. Cayetano scopre laggiù, nell’immensità e nella
solitudine, sotto il cielo più limpido del mondo, la sua insignificanza, scopre
che ci sono aspetti della vita che non conosceva, scopre il mondo del deserto
più secco del mondo, lontanissimo dalla patria verde e tropicale in cui è nato:
incontra il popolo dell’Atacama, con i suoi riti e i cibi e le credenze, un
universo di una bellezza sorprendente vicino alle Ande e al cielo, un mondo in
cui la storia precolombiana sussiste ancora e dove la cultura di massa moderna
incomincia a scalfire la tradizione e il mondo indigeno. Per me l’Atacama è il
simbolo della resistenza culturale e di amore per le proprie radici: l’Atacama
e il popolo atacameño hanno resistito per secoli all’assimilazione e all’oblio,
come i mapuche e gli abitanti dell’isola di Pasqua. L’Atacama è una culla
nell’amnesia che oggi cerca di impadronirsi del Cile sotto l’avanzare della
modernità e della cultura egemonica.
Leggeremo altri romanzi con Cayetano? Ha già in mente che cosa gli
riserva il futuro?
Ho in mente almeno sette storie di
Cayetano Brulé. La prossima vicenda lo porterà in Italia e, adesso che la sto
scrivendo, so che è la migliore di quelle che ho scritto. Cayetano è un essere
felice e fortunato: nella cittadina di Olmué c’è una stradina con il suo nome,
in due ristoranti di Valparaíso ci sono nel menù due piatti “alla Cayetano
Brulé” e un tavolo “riservato” per Cayetano. La municipalità di Valparaíso
vorrebbe inaugurare, alla mia presenza, un “itinerario di Cayetano Brulé”, che
comprende le strade e i locali che Cayetano frequenta, ma al momento non posso
andare in Cile e resta tutto in sospeso.
Ha scritto, o programma di scrivere, altri romanzi senza Cayetano?
Sì, il mio prossimo
romanzo non ha per protagonista Cayetano Brulé. E ci sono già due romanzi senza
Cayetano: “Nuestros anos verde olivo” che è una biografia romanzata dei miei
anni all’Avana, e “Los amantes de Estocolmo” che è stato scelto come romanzo
dell’anno 2003 in
Cile. Scrivo con due mani: a volte romanzi polizieschi e a volte altri romanzi,
dipende dall’argomento: è l’argomento che impone il genere di romanzo.
recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos
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