sabato 18 ottobre 2014

Roberto Ampuero, "Il caso Neruda" ed. 2010

                                                      Voci da mondi diversi. America Latina
     cento sfumature di giallo
     il libro ritrovato

Roberto Ampuero, Il caso Neruda
Ed. Garzanti, trad. Stefania Cherchi, pagg. 332, Euro 18,60

Agosto 1973. Durante un ricevimento a Santiago del Cile Cayetano Brulé fa la conoscenza casuale di Pablo Neruda. Alcuni giorni dopo il poeta gli chiede di recarsi da lui e gli affida un incarico. Deve rintracciare un medico messicano che Neruda aveva incontrato una trentina di anni prima. Solo in seguito Cayetano scopre che in realtà Neruda è interessato alla moglie del medico, una donna molto bella che ha cambiato più volte nome ed è stata insegnante, attrice, moglie di un colonnello, guerrigliera, spostandosi in vari paesi. Perché mai Neruda è così interessato a lei?

INTERVISTA A ROBERTO AMPUERO, autore de Il caso Neruda

    Cayetano Brulé. Nato a Cuba ma emigrato con il padre a Miami, abitante in Cile dove ha seguito per amore la moglie Angela da cui si è separato dopo pochi anni di matrimonio. Baffoni alla Pancho Villa e occhiali da miope. Investigatore per caso, o per disperazione, non essendo riuscito a trovare un altro lavoro. Ha un assistente alquanto improbabile- il ‘doppio’ che è quasi d’obbligo per un investigatore: un cileno per metà giapponese che di notte gestisce una friggitoria vicino al porto.
Eccovi presentato il protagonista dei romanzi seriali dello scrittore cileno Roberto Ampuero. Ma Il caso Neruda, ultimo libro dello scrittore appena pubblicato da Garzanti, si discosta di molto dai libri precedenti. C’è un’indagine al centro della trama, ma Cayetano Brulé viene incaricato di indagare non su un omicidio bensì sui trascorsi di un medico messicano, Ángel Bracamonte, che sembra aver trovato una cura per il cancro nelle piante medicinali. In realtà poi Cayetano saprà di dover rintracciare il medico per arrivare alla moglie di lui, una donna molto bella e molto più giovane del marito. E il committente è qualcuno a cui non si può dire di no: Pablo Neruda, il poeta che ha portato gloria al Cile, ambasciatore del suo paese, amico personale di Salvador Allende.
    Soltanto il primo e l’ultimo capitolo del romanzo sono ambientati nel tempo presente, un rapido flash sul Cile attuale in stridente contrasto con quello del 1973 a cui la memoria riporta Cayetano, seduto ad un caffè in attesa di incontrare dei clienti. Questo balzo temporale all’indietro ci permette di conoscere un Cayetano Brulé ventitreenne, ci avvicina ad un Neruda inedito, traccia uno schizzo dei grandi avvenimenti di quegli anni- il socialismo di Allende e il colpo di stato di Pinochet, il sogno controverso di Cuba, il muro di Berlino e il comunismo nella DDR. E Il caso Neruda diventa un libro a strati: in superficie c’è l’enigmatica ricerca, che diventa quasi un inseguimento, di Beatriz Bracamonte, dal Cile al Messico, e poi a Cuba, da lì in Germania e in Bolivia, per terminare infine di nuovo in Cile. Perché Neruda vuole disperatamente trovare Beatriz? Dapprima Cayetano pensava che il poeta, gravemente ammalato, sperasse in una cura alternativa di cui Beatriz fosse a conoscenza. E invece c’è una domanda cruciale che il grande vecchio vuole porre alla donna che ha amato trent’anni prima. Una domanda la cui risposta diventa di importanza straordinaria ora che è alla fine della sua vita.
   Questa prima trama nasconde un tracciato di riflessioni esistenziali su che cosa sia la vita e su quale sia il ruolo che gli uomini sono chiamati ad interpretare sul palcoscenico della vita. Un vecchio e un giovane diventano quasi amici per un breve periodo. Al giovane il vecchio racconta cose che non ha mai detto a nessuno. A lui confida l’amaro ripensamento del prezzo che la sua felicità è costato alle donne che ha amato e ha abbandonato una dopo l’altra, per inseguire la poesia, o il successo, o il suo io. Per Cayetano la vita è come Valparaíso con le sue strade in saliscendi: “a volte sei in alto, a volte in basso, e tutto può cambiare da un momento all’altro”. La lezione che, però, Don Pablo gli insegna è meno lineare e più sfaccettata.
Neruda gli dice che la vita è una sfilata di maschere, tutti indossano una maschera. Che può anche non essere sempre la stessa: quanti travestimenti, quanti cambiamenti di nome ha fatto Beatriz Bracamonte? E la moglie di Cayetano che ora si è messa la maschera di guerrigliera (con foulard firmato)? Neruda stesso, oltre alle maschere che si è messo durante la vita, appare davanti a Cayetano con un completo bianco che lo rende simile a Walt Whitman; è Neruda a far indossare a Cayetano una giacca da cameriere quando riceve la visita di Allende. Il quale, guarda caso, prende a prestito il libro La Maschera di Dimitrios di Eric Ambler.
     Neruda impartisce un’altra lezione al giovane Cayetano, ancora incerto su che cosa fare nella vita. E qui godiamo di uno scherzoso gioco di specchi, di un’intromissione della letteratura nella letteratura: Neruda raccomanda a Cayetano di leggere Simenon per imparare da Maigret a fare l’investigatore. Mentre si appassiona alla lettura, rilevando l’impossibilità di mettere in atto in Cile i metodi di Maigret, invidiando al ‘collega’ francese la sua tranquillità famigliare, Cayetano (che non è certamente un personaggio in cerca di autore) si chiede se lui stesso non sia stato inventato da Neruda, così come Maigret è una creazione di Simenon.
    Cala infine il sipario sul teatro delle maschere e sulla scena della vita e si approfondisce la malinconia lieve che avvolge ogni fine e che serpeggiava per tutto il libro. E’ l’11 settembre 1973 e Il Caso Neruda diventa un romanzo sul finire di tutto, prima o poi- è la fine del matrimonio di Cayetano, la fine della vita di Pablo Neruda, la fine del governo di Salvador Allende.
   Stilos ha intervistato Roberto Ampuero, che ora vive e insegna negli Stati Uniti, cogliendolo quasi di partenza per il suo Cile devastato dal terremoto.

Il caso Neruda è un libro insolito per la serie di Cayetano Brulé: ha “usato” Cayetano per parlare di Neruda?
    Amo molto la poesia di Neruda che aveva una bella casa a Valparaíso, oggi trasformata in museo. Mentre visitavo il museo mi sono reso improvvisamente conto che la biografia vera di Neruda e quella fittizia di Cayetano Brulé, che vive a Valparaíso, doveva averli fatti incrociare negli ultimi mesi del governo di Salvador Allende e all’inizio della dittatura di Pinochet. Mi sono detto: se si trovavano nella stessa città in quel periodo, devono per forza essersi incontrati. E così li ho messi in contatto, e Neruda diventa la persona che fa diventare Cayetano un investigatore, suggerendogli di leggere Simenon. Non sono in molti a sapere che Neruda era un fanatico lettore di romanzi polizieschi.


 E perché parlare di Neruda adesso?
     La Storia e l’esercizio della memoria sono molto presenti nel Cile democratico. Il governo di Allende, la dittatura e la transizione alla democrazia sono presenti fra i cileni, o per esperienza diretta o tramite il racconto di altri. Così Neruda non è lontano nelle nostre menti, piuttosto il contrario: Neruda appartiene ad un tempo che ha un grosso impatto sul nostro presente. Negli ultimi mesi di Neruda troviamo il dramma nazionale del Cile e il dramma personale del poeta. Lui sapeva che il governo di Allende era destinato a finire per la polarizzazione politica e pure la sua persona era destinata a finire a causa del cancro. E sono sicuro che il poeta- come dico ne Il caso Neruda- è morto sognando un Cile democratico e un figlio o una figlia che non aveva.

Fino a che punto il romanzo è realtà e fino a che punto è finzione narrativa? Fino a che punto sono veri i dettagli sulla vita di Neruda?
     Ho fatto serie ricerche sulla vita di Neruda, soprattutto su quello che le donne dissero e scrissero di lui. Ne Il caso Neruda non rappresento un Neruda da monumento, ma una persona vera, fatta di carne e di sangue, di convinzioni e di silenzi, un Neruda generoso e idealista ma anche un Neruda egocentrico e pragmatico, un uomo che sosteneva la democrazia ma era pure uno stalinista, un uomo che era capace di amare con passione e nello stesso tempo guardarsi attorno in cerca di un’altra donna. Mostro il vero Neruda, non un santo, non un demone ma il poeta e l’amante e l’uomo politico con le sue contraddizioni e conflitti interni. Un romanzo può mostrare il vero essere umano, con i lati luminosi e quelli oscuri.

Il romanzo è costellato di metafore. La prima è quella delle maschere. Neruda è forse il primo ad avere indossato una maschera per tutta la vita e se la toglie ora che è vicino alla morte?
     In questo romanzo Neruda insegna a Cayetano che la vita è un infinito carnevale di travestimenti e che è difficile scorgere la vera faccia degli esseri umani. Forse una parte della sua poesia- non tutta naturalmente- era uno sforzo per scoprire la verità vera. Vede, c’è un parallelo tra il mestiere del poeta e quello dell’investigatore. Io cerco di far coincidere quelle due filosofie, quella del poeta e quella dell’investigatore: cercano entrambi la verità.

Ho osservato che il titolo del romanzo che Salvador Allende prende in prestito da Neruda è La maschera di Dimitrios: anche Allende porta una maschera?
     Volevo mostrare qualcosa di cui non si parla molto: che a grandi personalità come Neruda e Allende piaceva leggere romanzi polizieschi. Ma c’è anche un’altra metafora che dimentica: quando Allende si incontra con Neruda per l’ultima volta, arriva su un elicottero che sembra una grossa bolla. Gli abitanti di Valparaíso applaudono Allende mentre ascende al cielo in quella bolla, finché scompare fra gli uccelli. Neruda e Cayetano restano a terra. Neruda sa che cosa è in serbo per  lui stesso, per il suo amico presidente e per il paese.

La vicenda porta Cayetano nei paesi dove Lei stesso ha vissuto: il Cile, Cuba, la Germania. E’ solo un caso, è perché conosce bene quei luoghi, o è perché sono i luoghi dove sono avvenuti alcuni degli avvenimenti più importanti degli anni ‘60 e ‘70?
     Mi piace mettere i miei personaggi nei posti che conosco bene. Ma ha ragione: i posti dove ho vissuto sono anche i posti dove sono avvenuti gli eventi politici cruciali degli anni ‘60 e ‘70.

Lei fa dire a Cayetano che chi vive in esilio non dovrebbe mai tornare nel suo paese d’origine. Anche Lei vive in esilio: come si sente quando ritorna in Cile?
     Ritorno parecchie volte all’anno in Cile, perché è il paese dove sono cresciuto, dove ho i miei genitori, parenti, amici, impegni, ricordi. Il paese è cambiato, per certi versi in meglio, per altri no. Anche io sono cambiato, non sempre in meglio. Si devono tenere sotto controllo le proprie aspettative quando si torna in un paese dove si è vissuto felicemente. La memoria continua a lavorare e costruisce nella mente delle immagini idealizzate. Quando vado in Cile, mi dico: sii umile. Ascolta e cerca di capire il paese e quello che puoi fare tu per lui. Andrò in Cile la prossima settimana, per fermarmi là un poco dopo il catastrofico terremoto. Spero di poter essere di qualche aiuto.

L’Avana del 1973, quella che Lei descrive, è L’Avana in cui è vissuto quando frequentava l’università?   

    Oh no. Quella Cuba è scomparsa, come è scomparsa quella del 1959. La Cuba degli anni ‘70 era ancora, per molti cubani, un luogo dove si costruiva il socialismo. Adesso lo sanno tutti: il vero socialismo è fallito, Castro ha passato mezzo secolo al potere, il paese non è un modello per nessuno, nessuno sa dove si diriga l’isola. Auguro ai cubani, a quelli nell’isola e a quelli in esilio, saggezza, resistenza, tolleranza, fratellanza, accordo politico e nessuna violenza in modo che possano sopravvivere e ricostruire il paese con un governo democratico. E’ quello che chiedevo al Cile di Pinochet.

Nel romanzo c’è una profonda vena di tristezza, c’è la sensazione che così tante cose stiano per finire: fine del poeta, fine del matrimonio di Cayetano, fine della via cilena al socialismo. Se ripensa a se stesso nel 1973, era questa la tristezza che provava Lei, una sorta di delusione?
     Be’, Il caso Neruda parla di un tempo scomparso per sempre. Non penso che il tempo passato sia sempre migliore di quello presente. Ma ne Il caso Neruda si trovano giovani idealisti e un paese polarizzato, altruismo rivoluzionario e irresponsabilità rivoluzionaria, un’opposizione ad Allende che oggi posso capire ma che si trasformò poi in una tremenda repressione. La mia delusione si può descrivere così: quando in un paese possono succedere cose che neanche ti immaginavi, come repressione, tortura, scomparsa di persone, ti chiedi: come potevamo noi, come nazione, formare simili criminali e vivere fianco a fianco senza renderci conto della loro condizione umana? E’ come oggi.
Vedo in Cile tante persone che soffrono e tante persone che aiutano, e nello stesso tempo vedo saccheggiatori, che portano via tutto quello che possono dai negozi distrutti e dalle famiglie che hanno perso le abitazioni, e mi chiedo: ma che razza di persone abbiamo formato negli ultimi 20 o 30 anni? Anche questi sciacalli criminali sono figli della nostra democrazia. E’ duro. Alcuni preferiscono ignorare domande del genere perché distruggono stereotipi e immagini idealizzate. Ma sono domande cruciali, domande cruciali che una società democratica e gli individui devono porsi, domande che esigono una risposta. Bene, i romanzi e i romanzieri pongono domande del genere. Non dico che forniscono risposte, ma che fanno le domande. Ecco perchè il rapporto tra scrittori e politici non è facile. Ma Neruda e Cayetano parlano di queste cose e non hanno le risposte definitive, perché sono semplici esseri umani pieni di dubbi e contraddizioni.

Il romanzo è un lungo flashback. Oltre a godere della storia di Neruda, godiamo anche nel venire a conoscenza di un Cayetano ventitreenne. Ma ci saranno altri romanzi con un Cayetano più anziano?
     Certo che ce ne saranno. Spero di continuare a scrivere romanzi con Cayetano finché campo e spero che gli italiani continueranno a leggere i miei romanzi anche quando io sarò morto. Ora mi preparo per andare nel mio Cile devastato. Forse i miei romanzi non saranno di alcun aiuto là, ma io devo essere là per aiutare con le mie mani. Un romanziere deve essere vicino al suo popolo quando questo ne ha bisogno, direbbe Neruda.

recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos




                                                                                                                


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