martedì 13 maggio 2014

Maria Grazia Siliato, "Masada" ed. 2007

                                                          la Storia nel romanzo
                                                          il libro ritrovato


Maria Grazia Siliato, “Masada”
Ed. Rizzoli, pagg. 391, Euro 19,00

74 d.C.: nella fortezza di Masada, in alto sul Mar Morto, 960 superstiti della rivolta contro l’invasore romano sono pronti a morire per non cadere nelle mani del nemico e ascoltano raccontare la storia della distruzione di Gerusalemme e delle crudeltà dei romani. 1990: una ragazza, giunta in Israele per fare delle ricerche sui rotoli di Qumran, ascolta dalla voce dell’anziano Michel la storia di quel tempo lontano che si mescola alla sua, della perdita della sua famiglia nella Shoah, e a quella del ritrovamento dei rotoli. Con dei quesiti rivoluzionari.


INTERVISTA A MARIA GRAZIA SILIATO, autrice di “Masada”

    Un tempo, per salire a Masada, c’era solo il vecchio Sentiero del Serpente, scavato nella roccia, dissestato, a strapiombo sul deserto che circonda l’altopiano su cui re Erode il Grande costruì la sua fortezza nel primo secolo avanti Cristo, del tutto invisibile dal mare di terra argillosa vicino al Mare di Sale, come veniva chiamato in passato il Mar Morto. Difficile arrivarci, perché la fortezza doveva essere imprendibile. Ora c’è una teleferica che porta in cima- esigenza del turismo di massa. Si è perso il sapore dell’avventura, la sveglia molto prima dell’alba per evitare la calura e arrivare quando i primi raggi del sole tingono di rosso le pietre di quello che resta delle vecchie mura, tacciono i bisbigli dei fantasmi, il clamore soffocato che pare ancora alzarsi dall’accampamento romano di cui si distingue chiaramente il tracciato.  Resta la raccomandazione, per chi vi si reca, di portarsi dell’acqua da bere- e pensare che, al tempo di re Erode, nel palazzo c’erano delle terme con caldaia centrale e un sistema di cisterne assicurava un rifornimento continuo di acqua, persino per coltivare degli orti.

Per chi si allontana dagli itinerari classici dei pellegrini, salire a Masada è l’esperienza più indimenticabile di un viaggio in Israele e il libro di Maria Grazia Siliato fa rivivere il fascino del luogo, straordinaria tomba a cielo aperto per 960 persone, simbolo di un’orgogliosa resistenza e di una scelta di morte che sono diventate una sorta di vessillo per il neo Stato di Israele: Masada  in opposizione ad Auschwitz, suicidio collettivo piuttosto che lasciarsi portare via come pecore al macello. Gli espedienti narrativi a cui ricorre Maria Grazia Siliato per raccontarci una lunga storia sono due voci narranti in due epoche diverse. La prima è quella di Ilan che, nell’ ultima notte di Masada, racconta degli eventi che hanno portato la X Legio Fretensis all’assedio della fortezza- di Vespasiano e di Tito, della caduta di Gerusalemme e della distruzione del Tempio, della presa di Jodfat, la città più forte della Galilea, e del traditore Josef ben Mathias che scrisse la storia di tutto questo per l’imperatore romano. La seconda è quella di Michel, il vecchio gentiluomo praghese che trema ancora quando un bicchiere si infrange a terra perché ricorda la Notte dei Cristalli, che tuttora piange al pensiero della moglie e dei due bambini su un treno piombato diretto a un campo della morte, che dice, a proposito dello storico ben Mathias, “Io credo di essere il solo che perdona al traditore Josef”- doloroso rovello di chi è scampato al genocidio, il dubbio di aver tradito non condividendo la fine. Il racconto di Michel è erratico, subisce cambiamenti di tempo, sposta il fuoco dell’attenzione, è colto, vivacizzato e colorito da dettagli.
A volte si sovrappone a quello di Ilan, ripetendo quanto questi ci ha già detto, contribuendo all’impressione del valore eterno di quello che è successo a Masada. Ma poi si arricchisce di altre storie, prima fra tutte quella del ritrovamento, nel 1947, dei primi rotoli di Qumram a cui se ne aggiunsero altri 25 nel 1956. E naturalmente ci parla del significato di questi documenti su pergamena, tracciati con un’antichissima scrittura quadrata, molti dei quali riportano frasi a noi note perché le abbiamo lette nei Vangeli. Ed ecco uno dei quesiti che ci pone il libro della Siliato: come e perché esiste questo nesso tra le parole degli esseni e quelle di Cristo? Con il suo tono di voce calmo, che si spezza solo quando parla della sua famiglia, con la lentezza di chi ha già preso la misura del tempo, Michel parla di Gesù e ricostruisce la storia della sua crocifissione, di come la condanna politica di un ribelle al regime di Roma sia stata trasformata, all’epoca di Costantino e con una massiccia operazione “pubblicitaria”, in un deicidio di cui si doveva indicare un responsabile- gli ebrei. Se Michel cerca l’origine dell’antigiudaismo e una spiegazione del genocidio, le trova nelle leggi penali antiebraiche firmate da Costantino l’11 dicembre del 321, circa milleseicento anni prima di Hitler, e nei Concili che si sono succeduti dopo di lui.
“Nel mondo esiste una quantità enorme di dolore”, riflette Michel. “La storia è un immenso tritacarne. Le vicende più feroci diventano cinque o sei gelide parole, mezza riga.” E’ per questo che sono importanti i libri come “Masada”. Per ridare corposità a quelle vicende, per permettere a loro e alle verità che discoprono di venire alla luce, non più soffocate dal mare di sale che spegne ogni parvenza di vita ( Maria Grazia Siliato avrebbe voluto che il romanzo si intitolasse proprio “Il mare di sale”), per porre domande che ci fanno tremare, nel dubbio di aver sempre creduto quello che ci è stato voluto far credere. Stilos ha intervistato Maria Grazia Siliato, storica, archeologa e studiosa di lingue antiche.

Il suo libro precedente, “Caligula”, era sulla vita dell’imperatore romano. “Masada” è su un episodio della resistenza ebraica nel 74 d.C.: è la storia più antica quella che la interessa di più?
  Non saprei dire se sia la storia antica che mi interessa di più- al momento sono occupata a scrivere un libro che parla dell’ultima guerra vissuta dalla mia famiglia, basata su documenti molto importanti- perché mio padre aveva un ruolo di rilievo e conosceva molte persone- che non sono mai stati pubblicati. Uno dei miei libri, “Sindone”, ha origine da una ricerca ed offre un approccio laico, scientifico e archeologico a questo oggetto… Direi che la chiave del mio lavoro è nel fatto che i miei scritti sono tutti controcorrente, dicono il contrario dell’opinione stabilita, e non per polemica ma per uno spirito di indagine e di ricerca. I miei libri sono come una torta alla crema, con strati di oggi e di ieri.
  
E tuttavia in “Masada” c’è molto di più che la storia della caduta della fortezza; appare chiaro anche un suo interesse archeologico: quando, come, perché si è appassionata alle ricerche sui rotoli di Qumran?  
      Non so mai perché io scriva un libro su un argomento: un giorno arriva una storia ed è lei a comandare. L’origine di “Masada” è di almeno sette anni fa- sette è un numero cabalistico, buono per questa storia. E vorrei sottolineare che nei miei libri non c’è nulla di inventato, mai. Tutto quello che racconto, paesaggi, momenti, persone, è tutto vero. I miei non sono romanzi alla Dan Brown, è tutto documentato. Desidero che il lettore si possa fidare di me.

Un libro come questo avrà richiesto un lungo lavoro di ricerca…

     Sì, un lavoro spietato. Dei rotuli di Qumran si iniziò a parlare al momento della scoperta- giunse dagli Stati Uniti la notizia che erano stati trovati degli scritti su pergamena vecchi di più di 2000 anni: erano gli scritti ebraici più antichi del pianeta. Il problema degli scritti ebraici è che le persecuzioni nei secoli li hanno distrutto ovunque. Faccio parte della Pave the Way Foundation, una fondazione che si propone un grande progetto e ne è a capo Gary Krupp, un nome che dopo essere stato sinonimo di guerra deve diventare un sinonimo di pace. Portiamo avanti un discorso di avvicinare varie fedi e varie culture, perché alla fine dicono tutte la stessa cosa. E questi documenti antichissimi ne sono la prova. Gary Krupp ha regalato al Papa un papiro antichissimo, del secondo secolo, con un frammento del Vangelo. E’ qualcosa di straordinario, trovare dei documenti ebraici di 2200 anni fa!

Leggendo “Masada”, è chiaro che archeologia, storia e religione sono intimamente connesse, che una spiega l’altra. Chi legge il libro con attenzione non può non trovarlo pacatamente e razionalmente rivoluzionario, nel senso che smantella alla base la religione costruita dalla Chiesa cattolica. Pur non discutendo del messaggio religioso di Cristo, sarebbe quindi da rivedere la motivazione per cui fu crocifisso?
     Mi fa piacere che lo abbia definito un libro rivoluzionario, perché lo è. Questa revisione, però, non tocca la religione, ma la storia e l’interpretazione politica della storia, perché tutto il dramma nasce con Costantino. E nel libro ci sono dei punti in cui spiego che la legge romana condannava alla morte in croce solo in tre casi: gli assassini dell’imperatore, i ribelli all’impero e i parricidi. Cristo fu condannato perché ribelle all’impero.

E, storicamente, la responsabilità dell’antisemitismo va dunque fatta risalire a Costantino e alla Chiesa? Le leggi promulgate da Costantino- persino la proibizione dei matrimoni misti- sono una funesta anticipazione, e quasi con le stesse identiche parole, di quelle hitleriane…
     Preferirei si parlasse di antigiudaismo, perché dire ‘antisemitismo’ è un modo di sfumare e confondere il problema che è iniziato nell’800. Ricordiamo che anche gli arabi sono semiti ma l’antisemitismo così come viene inteso non è contro gli arabi. E sì, sono esattamente le leggi di Hitler: sono le stesse del Codex de Judaeis. La responsabilità di quanto avviene è tuttavia soprattutto delle persone, è inutile attribuirla ai fantasmi, sono gli individui che operano. So che c’è timore a parlare di questo mio libro, perché butta per aria alcuni ripiani di vecchie biblioteche, perché vengono capovolte delle idee preconcette. Ancora nel secolo V, quando Roma fu invasa dai vandali, c’era una quantità di personalità non cristiane che attribuivano la colpa dell’invasione barbarica all’aver tradito gli antichi dei. Non accettavano di considerare come Dio qualcuno che era stato condannato a morte sotto Tiberio in quanto ribelle all’impero. L’opera geniale di Costantino è stata quella di rovesciare il problema: che stupido era stato Pilato a commettere un errore giudiziario! Dopo non si poteva più tornare indietro, era necessario mantenere il punto del deicidio; poi, nel 476, arriva Odoacre, e chi sapeva ancora leggere e scrivere? Ricordiamoci che seguirono almeno sette secoli di totale incultura. Giustiniano chiuse la scuola di filosofia di Atene perché non serviva più, perché era pagana, non era cristiana. E tuttavia, nel marasma, la Chiesa ha il merito di aver salvato molta cultura: resta a vedere con quali scelte. Prendiamo Giuseppe Flavio, lo Josef ben Mathias di cui parla il mio libro. Nel testo greco originale non parla di Cristo, nella traduzione in slavonico del X-XI secolo c’è una pagina intera che ne parla. La Chiesa ha la sua responsabilità in tutto questo, con delle attenuanti: tutta l’Europa, dopo la nitidezza culturale dell’impero Romano, è finita in un analfabetismo globale per le invasioni barbariche che sono state più tremende di quanto immaginiamo.

Come è successo che le leggi di Costantino siano state riprese da Hitler?
     Perché il Codex de Judaeis e parte del Codex Teodosianum del 420 circa furono ritrovati e tradotti dal Mommsen. I tedeschi si sono definiti con i Goti gli eredi dell’impero romano e hanno studiato attentamente quei secoli.

Nel libro ci sono due personaggi dominanti e due secondari. Iniziamo da quello più enigmatico, l’anziano narratore dei nostri giorni. Esiste il libro di Michel di cui si parla anche nell’appendice? Chi è Michel?
  Di Michel non posso dire niente altro, tranne che è esistito come esiste il suo diario. Michel ha avuto la sua tragedia personale e si è sentito in colpa da quel giorno in cui era uscito e, al ritorno, non ha più trovato la sua famiglia. Ma ha preteso che io non rivelassi il suo nome.
  
La stessa aura quasi sovrannaturale sembra circondare Ilan, il narratore del passato: il personaggio di Ilan serve per far rivivere al lettore la drammaticità dell’ultima notte di Masada? Qual è il legame di Ilan con le pergamene di Qumran?
luogo di ritrovamento dei rotoli di Qumran
 Non sappiamo se si chiamasse Ilan, ma a Masada sono stati ritrovati 17 rotuli nascosti in un muro e alcuni di questi sono uguali ai rotuli di Qumran. Ilan è il personaggio che porta i rotuli, la connessione tra Qumran e Masada- è anche una connessione temporale perché Qumran fu distrutta nel 69 d.C. e Masada nel 74. L’aver incontrato Michel mi ha portato a rivisitare la storia della resistenza a Masada, la sua ricerca è stata la base per la ricerca sull’altro piano temporale: le 7 ore di notte di Masada sono i 7 giorni passati ad ascoltare Michel.


I due personaggi secondari: hanno solo la funzione di interlocutori di Michel? C’è qualcuno- forse lei stessa- adombrato nella figura di Catherine?
     I due personaggi sono chi ha bisogno di sapere, chi non sa e vuole sapere. Come pure, nella fortezza di Masada, la ragazza dal mantello a righe che chiede a Ilan, ‘parlaci di Gerusalemme’. A proposito: il mantello a righe è stato ritrovato a Masada, anche questi dettagli minimi sono veri. E sì, Catherine sono io, anche se non posso dire quando è avvenuto l’incontro- per caso, così come lo racconto.

Ritorna molto spesso, nel libro, il tema del tradimento connesso con il nome del traditore ben Mathias: sono traditori anche i cinque superstiti di Masada? Non unirsi, quando è possibile, alla sorte degli altri che muoiono, è sempre tradimento?
     E’ stata una fortuna che cinque si siano sottratti alla morte, altrimenti non sapremmo niente, neanche Josef ben Mathias avrebbe saputo. Josef è il vero traditore, diede anche indicazioni stradali ai Romani; le donne hanno salvato se stesse. Josef, peraltro, è affascinante nella sua doppiezza, è intelligente e colto; Josef è uno che, catturato e portato davanti al terribile generale Vespasiano, si sente dire che lo manderanno in catene dall’imperatore Nerone. Chi avrebbe avuto tanto sangue freddo e acutezza psicologica da dire, ‘prima di partire devo confidarti qualcosa, a te solo, in segreto.’ ?
l'accampamento romano visto dalla rocca
E il grande generale ci casca e Josef gli dice che diventerà imperatore. Roba da farsi ammazzare, ma Vespasiano lo tiene con sé. Mi ha colpito la genialità mistificatoria di Josef: ha tradito gli esseni di Qumran, i compagni di lotta e poi gli stessi romani, scrivendo delle vigliaccate che avevano fatto, ed è passato alla storia. E per fortuna c’era lui, altrimenti di quella storia avremmo avuto le quattro righe di Tacito e di Dione Cassio. No, non penso che i cinque che si sono salvati si siano sentiti traditori, perché le donne che salvano dei bambini non si sentono mai traditrici.

C’è un altro filo che collega la storia di un passato lontano con quella di un passato più recente o attuale, ed è la crudeltà del vincitore sul vinto, la necessità del vincitore di rendere schiavi i vinti. Gli antichi romani come i tedeschi o gli americani, insomma: un collegamento voluto o inevitabile?
    Inevitabile, è nella logica della guerra, purtroppo. Non si decide di portare la morte se non si fa in modo di avere ragione e quindi l’avversario ha tutti i torti e perciò lo si uccide.

Michel dice a Catherine, quando le chiede perché sia andata in Israele: “venire in questo paese nasce sempre da un motivo importante. Oppure, diventano importanti le conseguenze.” Quando Lei si è recata in Israele, era importante il motivo o le conseguenze?
la rocca di Masada
     Metà e metà: il motivo era importante, scappare, volevo un posto che desideravo conoscere, e le conseguenze sono state importanti, la scoperta della storia a cui peraltro allora pensavo in modo marginale perché non avevo certo in mente di scrivere un libro. La storia ti cade addosso come un’ondata. Tutto è importante: è importante scoprire che non sapevamo quasi niente di quello che era accaduto a Masada, a Qumran, e neppure sull’origine dell’antigiudaismo.

Lei ha iniziato a scrivere giovanissima: che cosa l’ha spinta a scrivere “L’assedio” a soli 14 anni ?
     E’ vero, avevo solo 14 anni, ed è stata una cosa molto strana. Mi era capitato di leggere un articolo sulla guerra tra veneziani e turchi a Cipro, sull’assedio durato un anno a Famagosta. Avevo fatto molte letture e, in qualche maniera che non saprei spiegare, quell’articolo non mi sembrava dicesse le cose come erano accadute. Ho fatto delle ricerche e ho sentito che dovevo scrivere. Scrissi di continuo per 40 giorni, poi mio padre mi chiese di leggere quello che avevo scritto, lo passò ad un amico che era critico letterario e, senza che io ne sapessi niente, il libro fu pubblicato a puntate sul giornale “Nuovo cittadino” di Genova. In seguito, molti anni dopo, sono andata a Cipro, nel pieno della guerra turco-cipriota, ho fatto molte foto, ho apportato delle aggiunte al libro che sta per essere ripubblicato in inglese proprio a Cipro.

la recensione e l'intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos

Maria Grazia Siliato



                                                                                                              

Nessun commento:

Posta un commento