giovedì 22 maggio 2014

Marc Dugain, "La stanza degli ufficiali" ed. 2008

                                                            prima guerra mondiale
    il libro ritrovato

Marc Dugain, “La stanza degli ufficiali”
Ed. Vertigo, trad. Serena Marrocco, pagg. 156, Euro 14,00


    Non ci sono specchi nella stanza degli ufficiali. E non per impedirgli la vanità, o di fare la fine di Narciso. Ma perché sarebbero realisticamente mendaci, perché il volto che rifletterebbero sarebbe, sì, quello sorretto dal loro collo, ma non quello che ricordano. Tutti coloro che sono ricoverati in quella stanza sono stati orrendamente sfregiati da ferite di guerra- sono dei mostri. Ecco, l’abbiamo detto. E questo è il tema del romanzo “La stanza degli ufficiale” di Marc Dugain (nato in Senegal nel 1957 e trasferitosi in Francia all’età di sette anni). Come si fa a continuare a vivere, ad essere grati per non essere morti, quando la vista di sé è diventata penosa anche a noi stessi, per non parlare della reazione che provoca negli altri?
     Il racconto è fatto in prima persona da Adrien Fournier: La guerra del Quattordici io non l’ho conosciuta. Inizia con questa frase, per procedere spiegando che non ha conosciuto l’inferno delle trincee, il fango e la sporcizia, i topi e la pioggia senza fine. In teoria, essendo arruolato nel Genio, Adrien avrebbe dovuto essere al riparo dai pericoli. Successe nei primi giorni, durante una ricognizione. Una scheggia di granata gli portò via una parte della faccia, il palato, parte del naso. E’ così che la guerra appena iniziata è già anche finita per Adrien. Nel delirio dell’incoscienza sente qualcuno, vicino al suo lettino, che parla di una medaglia, la Croce di Ferro, la Legion d’Onore. Suona come una beffa assurda.  

    Adrien non muore, passerà in ospedale tutti gli anni di guerra. Prima la lotta per strapparsi dalla morte: è giovane, è robusto, ce la fa. Poi il calvario delle operazioni, i trapianti- le ossa di un bambino nato morto attecchiscono, no, non attecchiscono- per metterlo in grado almeno di inghiottire, poi di farfugliare qualcosa. E intanto bisogna scrivere a casa, dire e non dire, tenere lontano le sorelle che vorrebbero venirlo a visitare. Non è solo, Adrien, nella stanza in cui è ricoverato. Ci sono altri in condizioni un poco migliori o un poco peggiori delle sue. E insieme a loro Adrien si inoltra nella nuova vita, perché è più facile decidere insieme a due amici che è venuto il momento di uscire per le strade, di andare a puttane, di affrontare lo sguardo di chi certamente non li riconoscerà. L’orrore, la repulsione. Di vincere la tentazione del suicidio. Di desiderare un futuro. Di credere di poter amare ancora e di poter suscitare amore.
    Dietro, dietro questa storia di forza morale, c’è una denuncia tremenda della guerra, ne “La stanza degli ufficiali”. Della retorica di tutte le guerre che iniziano sempre, da ogni lato degli schieramenti, con la convinzione che non durerà molto, al massimo un paio di settimane. Che attirano i giovani con il mito dell’eroe che difende la patria, le donne e i bambini. E poi, quando qualcosa va male, la stessa patria che è fatta di uomini, donne e bambini, non sopporta di posare gli occhi sulle menomazioni inflitte dalla guerra, perché paiono una vergogna. E, a distanza di anni, quel minimo di pietà che veniva riservato ai ‘grandi feriti’ si trasforma in scherno e lazzi. Rendendo inutile tutta la sofferenza e lo spreco della vita.
    Un libro lineare, drammatico, asciutto, forte e bello.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove. net

Marc Dugain



   

    

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