venerdì 25 aprile 2025

Off the Main Road - Shyam Selvadurai, “Cinnamon Gardens”

                                              Voci da mondi diversi. Sri Lanka



Shyam Selvadurai, “Cinnamon Gardens”

In inglese ed. 1998

Ed. Il Saggiatore, trad. Erica Mannucci, 1999, euro 11,10

   Colombo, Ceylon. Anni ‘20. Cinnamon Gardens, un quartiere di ricchi ceylonesi, un ambiente chiuso, un’atmosfera soffocante, l’ipocrisia come legge.

    Due storie scorrono parallele, con due personaggi principali, Annalukshmi e lo zio Balendran, e molti, veramente molti, personaggi secondari ma indispensabili.

    Il filone della trama che riguarda Annalukshmi ci riporta all’Inghilterra di Jane Austen. Se Annalukshmi, la madre e le sorelle non indossassero i sari, potremmo pensare che fossero le sorelle Bennet. Teniamo a mente, prima di tutto, che ognuno di questi personaggi vive o ha vissuto una storia d’amore e che ogni coppia ha qualcosa da dirci.


Il padre di Annalukshmi vive in Malesia, è ritornato alla religione indù e per la madre, cristiana, era impossibile continuare a vivere con lui. Come per le sorelle Bennet, anche per Annalukshmi e le sue sorelle il problema è il matrimonio, Annalukshmi è la maggiore, se non si sposa lei, le altre non possono convolare a nozze. Ma Annalukshmi è la Elizabeth Bennet del romanzo- ha uno spirito ribelle e indipendente, ama leggere, insegna nella scuola che ha una direttrice inglese e la sua ambizione è di avere anche lei un ruolo direttivo (non sa che, in quanto nativa di Ceylon, le è impossibile). La scena in cui sfreccia sulla bicicletta che le hanno regalato (contro gli ordini della madre), suscitando l’orrore e le maldicenze delle donne per bene di Cinnamon Gardens, significa già tutto. Quando il padre sceglie un marito per lei, Annalukshmi scappa e non si fa trovare, e l’aspirante marito che è anche un loro cugino ripiega sposando la seconda sorella. Vedremo se sarà più o meno felice, se si farà andare bene un marito purchessia. Perché “Cinnamon Gardens” è un romanzo di coppie per lo più infelici, che fingono (se possono).

    Quando Balendran frequentava l’università in Inghilterra viveva con il ragazzo inglese di cui era innamorato. Il padre lo aveva saputo e si era precipitato a salvare il figlio minacciando al suo compagno di denunciarlo- il ricordo di Oscar Wilde è ancora vivo. Balendran era rientrato nei ranghi, si era sposato, aveva avuto un figlio, aveva nascosto la sua infelicità, l’accordo con la moglie era pacato e sereno. Finché, a quasi trent’anni di distanza, l’antico amante era arrivato a Colombo con un incarico del governo…

    Ci sono altre storie ancora, ma vale la pena di soffermarsi su due personaggi che hanno un profondo significato nel romanzo, il fratello maggiore di Balendran e il padre, un’eminenza nella società di Colombo.


Il fratello maggiore era stato ostracizzato perché si era innamorato di una ragazza di casta inferiore che faceva la domestica in casa loro. Si era rifiutato di lasciarla, in un atto di ribellione aveva addirittura ferito il padre prima di emigrare a Bombay. Ora sta morendo e Balendran va da lui: quello che trova lo lascia sorpreso e lo fa riflettere. Il fratello e la moglie vivono in povertà ma è chiaro che si amano ancora, hanno fatto studiare il figlio in Inghilterra con grandi sacrifici: è lui, il fratello, l’eroe del romanzo, quello che ha vissuto la vita che ha voluto affrontando le conseguenze delle sue scelte. E il padre invece, dopo quello che Balendran scopre su di lui, è il modello dell’ipocrisia, di chi esige dagli altri dei comportamenti che lui per primo non rispetta.

    Il romanzo è diventato un classico della letteratura anglo-indiana, un libro sfaccettato e ricco di sfumature, una lettura sempre molto piacevole.





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