lunedì 7 febbraio 2022

Constance Weil Rauch, “La terra promessa di Clara Farber” ed. 2022

                     Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

   Diaspora ebraica   

 romanzo di formazione


Constance Weil Rauch, “La terra promessa di Clara Farber”

Ed. Jaca Book, trad. A. Montanari, pagg. 472, Euro 27,55

 

  Una voce dal passato. Una sorta di diario che però non è un diario ma un romanzo fortemente autobiografico. Un punto di vista da lontano, sfuocato, sull’immane tragedia della Shoah- quello della bambina Clara che non ha nessun ricordo della Germania da cui i genitori sono fuggiti nel 1934 per stabilirsi a Recco, la cittadina ligure che avrebbero lasciato nel 1939, dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia, per approdare infine negli Stati Uniti. Un romanzo di formazione duplice, di Clara Clarissima (come viene ripetutamente chiamata- in italiano nel testo-, con un ‘chiaro’ significato nel nome che porta) e del fratello Hans Albert il cui percorso sarà del tutto diverso da quello della sorellina. Un quadro (e potrebbe essere un quadro, secondo la bravura pittorica della madre di Clara, oppure una fotografia, secondo quello che era diventato il lavoro di ripiego del padre, in Germania professore universitario di filosofia) della società americana e degli eventi del ventennio che trascorre tra l’arrivo dei Farber in America e l’ingresso di Clara all’università. Un bozzetto della Little Germany, anzi della Piccola Germania ebraica che si riunisce intorno ai Farber che riescono a formarsi un cerchio di amici a sostituire quelli che hanno perso.

Constance bambina a Villa Palme, Recco

     Attenzione al titolo: qual è ‘la terra promessa’ di Clara Farber? Di certo è l’America, nonostante lo sconcerto che prova quando inizia a seguire un corso di ebraico, perché lo segue una sua amica e non per sollecitazione famigliare. Oskar Farber è ebreo, ma non lo è la moglie e non sono mai stati osservanti. La piccola Clara è sorpresa dalla rivelazione che la Palestina è la terra promessa degli ebrei- niente le farà però abbandonare la fiducia e la riconoscenza verso la terra che li ha accolti, anche se con mille difficoltà. Perché è solo lei, Clara, che avanza gioiosa e luminosa nella nuova vita.

Hans Weil, padre di Constance

Il padre, che ha uno spasmo facciale conseguenza di una malattia, deve ripiegare su un lavoro che lo umilia. La madre riuscirà a vendere saltuariamente dei disegni, il fratello si accontenterà di fare il commesso in un negozio di ferramenta. E per tutti loro la terra promessa rimane, senza speranza, la Germania che hanno dovuto lasciare. O forse perfino l’Italia, con il suo mare blu e l’aria che profumava di fiori e di agrumi.

    I Farber sono stati fortunati, sono sfuggiti alla sorte dei campi di concentramento- quando, dopo la fine della guerra, il diario di Anna Frank arriva in America, è Clara che traccia un paragone. Anna era nata a Francoforte nello stesso suo anno, era fuggita ad Amsterdam con la famiglia invece che in Italia. Aveva fatto la fine che sappiamo. E però il nazismo ha privato i Farber della vita che avrebbero potuto avere, che spettava loro per capacità e impegno. Gli aveva lasciato la vita e basta.


    La parabola dell’ebreo errante si miniaturizza nei traslochi da una casa all’altra a New York, con il ricordo nostalgico di quella Villa Palme a Recco dove il professor Oskar aveva istituito una scuola per ragazzini ebrei, figli di conoscenti ed amici che avevano trovato il modo di metterli in salvo nel paradiso ligure, con l’interruzione annuale, per Clara, nel campeggio mitico a cui era riuscita ad andare con una borsa di studio per quattro anni di seguito, gli ultimi anni dell’infanzia- una ‘casa lontano da casa’ dove aveva stretto nuove amicizie fra giochi, nuotate e attività ricreative.

   ‘La mia lingua è la mia patria’, diceva un romanzo che lessi molti anni fa. È questo il passo più difficile da fare per i Farber. E, ancora una volta, Clara è privilegiata. Le riesce facile imparare l’inglese, correggere la sua pronuncia (dopo essere stata umiliata da un’insegnante che l’aveva astiosamente bollata come ‘la ragazzina straniera’), perché è così giovane, perché è così vitale. È molto più difficile per il padre e la madre che conservano il pesante accento tedesco, più che mai inviso con lo scoppiare della guerra. Per loro continuerà ad essere naturale intercalare delle parole in tedesco nel mezzo di una frase in inglese.

Villa Palme, Recco

    Non ci sono solo i Farber nel libro di Constance Weil Rauch, ci sono i loro amici, c’è l’inizio di una nuova guerra, quella di Corea, in cui muore il primo amore di Clara, ci sono tante piccole storie. E, per finire, c’è la storia di questo libro, di come l’autrice sia stata ‘ritrovata’ quando, nel 2010, Maria Pia Abbracchio e Angelo Reggiani erano diventati i nuovi proprietari di villa Palme, ci sono le fotografie di quell’intermezzo felice dei Weil (alias Farber) sulla costa ligure.

     A fine libro un saggio di Giuliana Bendelli, curatrice del romanzo.

    Da leggere.

Tutte le fotografie mi sono state gentilmente fornite dalla casa editrice

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