Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
prima guerra mondiale
Jennifer Johnston, “Quanto manca per Babilonia?”
Ed. Fazi, trad. M. Bartocci, pagg.
198, Euro 18,00
How many miles to Babylon?/ Three scores miles and ten/ Can I get there
by candle-light?/ Yes, and back again.
Sono le parole di una canzoncina per bambini in cui a volte la
destinazione (Babylon che forse è una storpiatura di Babyland) è stata cambiata
con il nome di un’altra città. Quelle che sono sempre rimaste uguali sono la
domanda e la risposta finali, quell’ansioso ‘riuscirò ad arrivare per l’ora di
sera?’ e la rassicurante risposta, ‘sì, anche tornerai’. Parole che ritornano spesso
in mente ad Alec, quasi un inconscio desiderio di ritornare all’infanzia, al
tempo in cui la maggiore paura è quella del buio e però una voce amorevole ti
conforta scacciando le ombre.
Irlanda, prima che l’Isola di Smeraldo acquistasse l’indipendenza. Alec
appartiene ad una famiglia ricca, protestante, filo britannica. È figlio unico,
un precettore viene a casa a fargli lezione- sua madre non vuole che si
allontani per frequentare una scuola come è tradizione per i ragazzini inglesi di
buona famiglia. E Alec è molto solo.
dal film |
Il romanzo di Jennifer Johnston inizia con delle parole che non
permettono dubbi: “Mi hanno lasciato i miei taccuini, carta, penna e
inchiostro, perché sono un ufficiale e un gentiluomo. Così, scrivo e aspetto.”
Non ci vuole molta immaginazione per capire che cosa il protagonista stia
aspettando. Ci resta da capire il perché della fine drammatica che gli è
riservata. E i ricordi del passato iniziano proprio con una frase che dice
tanto, “Da bambino ero solo”. Solo con una madre molto bella (che sa di
esserlo) e molto egoista, con un padre affettuoso a cui la moglie rimprovera di essere vecchio
e a cui si rivolge con un tono sempre brusco e sprezzante. Quando Alec aveva conosciuto
Jerry, aveva incontrato un amico per la prima volta in vita sua. Un ragazzo
della sua età, figlio di lavoranti sulla terra del padre di Alec, con cui
nuotare nel laghetto o uscire a cavallo. Era impossibile che sua madre glielo
lasciasse frequentare. Impossibile. Un bifolco con le unghie sporche di terra.
Un irlandese. Un cattolico. In qualche maniera il filo della loro amicizia
resiste, finché…
Allo scoppio della prima guerra mondiale la posizione dell’Irlanda è
chiara e nello stesso tempo ambigua. In quanto sudditi dell’Inghilterra gli
irlandesi sono tenuti ad arruolarsi nell’esercito britannico e però i tempi
della sudditanza stanno scadendo. Parnell è già morto, ma resta un eroe. I
nazionalisti, i ‘ribelli’, lottano per l’indipendenza dell’isola, la Rivolta di
Pasqua, nel 1916, fu sedata nel sangue ma fu ugualmente una pietra miliare
nella strada verso l’indipendenza. E allora per chi si arruola la possibile
accusa di tradimento può venire da due parti. È la Storia che dobbiamo tenere a
mente leggendo il romanzo di Jennifer Johnston, perché è una sorta di traccia
nascosta sotto la vicenda principale, ci fornisce un’interpretazione aggiunta
per l’astio nei confronti di Jerry, sia da parte della madre di Alec prima, sia
poi dai suoi superiori nell’esercito. Jerry è il primo ad arruolarsi. Lo fa per
la paga che riceverà e- lo dice apertamente- per farsi un’esperienza che gli
servirà poi per servire la sua
patria. Anche Alec si arruola, per ben altri motivi. Lui, che non aveva proprio
alcuna intenzione di andare a farsi ammazzare, che non provava nessuna lealtà
verso l’Inghilterra, si arruola dopo essersi ubriacato insieme a Jerry. Lo ha
spinto sua madre, per una malsana ambizione, per vantarsi di avere un figlio al
fronte. E riesce a vincere la riottosità del figlio usando un argomento che ce
la fa disprezzare. Come la disprezza Alec. È una fortuna che, nell’inferno delle
trincee nelle Fiandre, Alec e Jerry siano nello stesso battaglione? Oppure è il
contrario, un destino avverso che sarà fatale per entrambi?
“Quanto manca per Babilonia?” è un libro breve e compatto che si svolge
per lo più con dialoghi. È quello che le parole non dicono che noi dobbiamo
ascoltare. È un libro che parla di solitudine e di povertà, di amore filiale e
del suo opposto, di coraggio e di paura, di amicizia. L’amicizia tra Alec e Jerry, che supera le
barriere sociali, è del tipo che si instaura tra due ragazzi che si trovano bene insieme, che sono legati
anche, paradossalmente, dalla distanza sociale che c’è tra di loro, da quella
sottile invidia buona per quello che ognuno di loro ha e l’altro no. Se c’è
attrazione omoerotica tra di loro, sono gli altri che la percepiscono perché ne
hanno paura per un lascito del vittorianesimo, perché sono così meschini da non
saper concepire il valore di un affetto in equilibrio tra amicizia, fraternità,
amore. E si ha l’impressione che è per questo che Alec e Jerry vengono puniti.
La fine era annunciata e attesa dall’inizio.
Intenso e drammatico. Una bella lettura.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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