Casa Nostra. Qui Italia
Diaspora ebraica
la Storia nel romanzo
Liliana Treves Alcalay, “La luce dell’ambra”
Ed. Giuntina, pagg.298, Euro 18,00
Istanbul 1992. Micol, appartenente ad un’antica famiglia sefardita
residente a Milano, si è recata in visita ai nonni- conta sull’aiuto di nonno
Victor, ex docente di storia medievale, per portare a termine la sua tesi dal
titolo Inquisizione e Marranesimo.
Religione sotterranea di segreti, misteri e silenzi.
Lisbona 1597. La famiglia di Manuel Rael (il cognome era Israel prima
della forzata conversione avvenuta nel 1492, a Toledo, dopo il primo decreto
della regina Isabella) non è serena. Manuel, commerciante di tessuti, è partito
per Venezia, ma di lui non si hanno notizie da un po’ di tempo. La figlia
maggiore, Ambra dai capelli color tiziano, è promessa sposa ad un cugino che
lei accusa di vigliaccheria. È pur vero che tutti i marrani, gli ebrei
convertiti, vivono costantemente nella paura, praticano la religione cattolica
con una esibizione accentuata perché nessuno possa mettere in dubbio la loro
nuova fede- nella casa dei Rael ci sono ovunque crocifissi e inginocchiatoi,
sulla loro tavola appare una salsiccia ingannatrice che non è fatta con carne
di maiale. E poi, di nascosto, ci si sforza di mantenere le tradizioni
ebraiche- il digiuno quando è prescritto (si cucina e si sporcano i piatti
perché nessuno se ne accorga), la candela del sabato (nascosta in un orcio),
altri piccoli atti rituali che non debbono essere dimenticati. Soprattutto, due
lettere dell’alfabeto ebraico, le iniziali delle parole B’ezrat HaShem, Con l’aiuto del Signore, vengono incise, dipinte, o
scritte, su ogni manufatto, camuffate sotto fregi o decori, perché siano come
una firma, un messaggio segreto, un sostegno consolatorio che solo un altro
cripto giudeo può interpretare. È questa ‘firma’ che il cugino di Ambra si
rifiuta di continuare a fare per paura dell’Inquisizione. E Ambra non vuole
sposare un uomo che manca di coraggio.
C’è un tenue legame tra il filone del 1992 e quello del 1597. Un quadro
che il nonno Victor ha appeso nella stanza di Micol, un quadro che si dice
parli e che rappresenta un’antenata, una fanciulla a cui Micol assomiglia
moltissimo e che ha un ciondolo d’ambra appeso al collo, una storia d’amore
sbagliata per Micol e una, pure sbagliata e apportatrice di tragedia, vissuta
quattrocento anni prima, finché il passato si rovescia dentro il presente con
un tocco di realismo magico e i silenzi vengono infranti, i segreti e i misteri
vengono svelati.
La narrativa del passato è la più riuscita e la più interessante, per la
ricchezza dei dettagli, per una certa qual abilità con cui la scrittrice
(studiosa dei canti tradizionali della Diaspora oltre che concertista) dosa la
Storia dei marrani, quella segreta e quella ‘in vista’, con un pizzico di
avventura, di mistero e di storia d’amore.
Il romanzo di Liliana Treves Alcalay non
ha particolari pregi stilistici, ma riporta alla luce un’epoca di terribile
intolleranza religiosa, un tempo in cui la Chiesa cattolica, tramite
l’istituzione dell’Inquisizione, si rese colpevole di crimini, crudeltà e abusi
nei confronti di eretici, pagani, cristiani apostati- chiunque non aderisse
alla religione cattolica. Il filone narrativo che si svolge nel 1597 tra
Lisbona e Belmonte, un paesino ai confini tra Portogallo e Spagna, è permeato
dall’atmosfera di paura. Paura dei giudaizzanti di lasciar trasparire che, nel
profondo, credevano ancora e soltanto del Dio dei loro padri, paura di tradirsi
e di essere quindi traditi. Sono pagine di una Storia di cui non possiamo non
notare la ciclicità- le delazioni, il rogo dei libri, una terminologia come ‘la
purezza del sangue’-, di un antisemitismo che purtroppo ha continue
recrudescenze (ne sono una conferma le notizie di cronaca di questi giorni). E
che ci fa ricordare che il fanatismo non è solo degli altri.
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