Voci da mondi diversi. Asia
la Storia nel romanzo
Jing Jing Lee, “Storia della nostra scomparsa”
Ed. Fazi, trad. S. Tummolini, pagg.
399, Euro 17,00
Erano ragazze della Corea del Sud, nel romanzo “Le figlie del mare” di
Mary Lynn Bracht, quelle che venivano prelevate con la forza dalle loro case per
servire da oggetti di piacere, da schiave del sesso chiamate con l’oltraggioso
nome eufemistico di “donne di conforto”, prigioniere in condizioni degradanti
dell’esercito di occupazione giapponese.
Sono cinesi di Singapore quelle del libro “Storia della nostra
scomparsa” di Jing Jing Lee che racconta una storia vissuta in parte dal suo
bisnonno. Due narrative si intrecciano in questo romanzo di notevole maturità
stilistica. O forse le narrative sono tre, e soltanto proseguendo la lettura ci
rendiamo conto che la Wang Di giovane, protagonista della terribile vicenda
degli anni di guerra, è anche protagonista della vicenda di oggi- la donna
anziana sposata con il Vecchio, un marito amorevole più anziano di lei che
muore lasciandola sola, a rimpiangere di non sapere nulla del suo passato, del
perché scomparisse il 12 di febbraio di ogni anno. Il dodicenne Kevin è la voce
narrante dell’altra narrativa- occhiali con lenti spesse come fondi di
bottiglia, bullizzato a scuola, condivide la stanza con la nonna che gli rivela
un segreto prima di morire.
Wang Di, la figlia non voluta perché non era un maschio, aveva sedici
anni quando, nel 1942, i giapponesi invasero Singapore mettendo in fuga gli
inglesi. Aveva i sogni e le speranze di una ragazzina- i genitori avevano iniziato
le trattative per cercarle un marito. Un camion di soldati l’aveva portata via
insieme ad altre ragazze del villaggio. Sarebbe rimasta per tre anni chiusa in
una stanza nella casa bianca e nera, a contare le marchette alla sera- una
trentina di soldati al giorno si buttavano su di lei e facevano quello che
dovevano fare, nel fine settimana potevano essere il doppio. Come si può
resistere, un giorno dopo l’altro? La violenza, la fame, il dolore fisico, le
malattie, una gravidanza alla fine. Solo l’amicizia con altre due ragazze, una
ancora più giovane di lei che aveva sperato di diventare maestra, la aiuta a
vivere giorno per giorno, pur con la consapevolezza che, se fossero state
liberate, nessuna di loro avrebbe mai potuto essere riaccolta dalla famiglia.
Sarebbero state bollate a vita.
Le altre due narrative sono una storia di ricerche di un passato
scomparso e, in una qualche maniera, si collegano con la narrativa principale.
L’anziana Wang Di cerca qualche amico del marito che le sappia dire della sua
vita prima che conoscesse lei, degli anni di guerra in cui qualcosa di
terribile doveva essergli successo. Qualche amico che sappia dove lui andasse
il 12 di febbraio e perché. Anche il ragazzino Kevin è alla ricerca di un tempo
e di persone scomparse: è riuscito a decifrare un mucchietto di lettere scritte
e mai spedite da sua nonna, c’è ancora tempo per porre un rimedio a quanto è
accaduto? Potrà essere di aiuto a suo padre che ogni tanto ‘scompare’, sembra
non essere più in mezzo a loro, depresso per la morte della madre?
Tutta la grande Storia è una storia di scomparse, è vero. Quella
raccontata da Jing Jing Lee intreccia le vicende di chi è scomparso
fisicamente, per sempre o per un certo periodo di tempo- Wang Di, un bambino,
un altro bambino, l’amica di Wang Di nella casa bianca e nera- con quelle di
chi scompare per gli altri, ritirandosi in se stesso e diventando invisibile, e
con la Storia ufficiale che fa ‘scomparire’ quello che vuole cancellare, come
non fosse mai accaduto. Ed è un romanzo molto bello, con le sue varie tonalità,
con una protagonista anziana che è passata attraverso l’inferno e un ragazzino
precoce dall’aspetto gufesco a cui i grossi occhiali dalla montatura nera (i
più economici) sembrano dare la capacità di ‘vedere’ e di capire meglio, di
ritrovare quello che è scomparso.
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la recensione sarà pubblicata sul sito www.stradanove.it
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