Voci da mondi diversi. Penisola balcanica
Ismail Kadaré, “Aprile spezzato”
Ed. La Nave di Teseo, trad. F.
Celotto, pagg. 222, Euro 19,00
È un romanzo breve, “Aprile spezzato” dello scrittore albanese Ismail
Kadaré, poco più di 200 pagine. Eppure, se si avesse voglia di contare quante
volte la parola ‘sangue’ appare su queste pagine, il numero sarebbe duplicato,
forse anche triplicato. Perché è la legge del sangue che domina sull’Altopiano,
una vasta area circondata dalle montagne, abitata da gente che è rimasta
ancorata alla vecchia legge suprema del Kanun.
E il corpo di norme del Kanun ruota
intorno alla faida, in un susseguirsi senza fine di assassinii la cui origine e
la cui motivazione si perdono nel tempo, sono state dimenticate, a volte hanno
causato la fine di un’intera famiglia nella serie concatenata del
io-uccido-te-uno-dei-tuoi-uccide-uno-dei-miei.
È il 17 di marzo di un anno non precisato. Gjorg uccide l’uomo della
famiglia dei Kryeqyqe che ha ucciso suo fratello. Se solo avesse potuto, Gjorg
non lo avrebbe ucciso. Gli ripugnava essere uno strumento di morte. E poi,
sapendo quale sarebbe stato il suo destino, non voleva morire. Intanto, sempre
per adempiere alla legge, deve avviarsi verso la kulla d’Orosh, per consegnare al principe (che non è un vero
principe, anche se tutti lo chiamano così) l’imposta del sangue. Strano
viaggio, questo del giovane Gjorg, uno stravolgimento del solito viaggio di
formazione, piuttosto un viaggio di preparazione alla morte.
E, durante il
viaggio, fa un incontro che gli sarà fatale. Una coppia di sposi- lui uno
scrittore, lei una donna molto bella- sono pure loro in viaggio, in una
carrozza nera che, da un certo punto in poi, viene paragonata ad una bara
(funesto presagio). Sono in luna di miele, anche se lei non era affatto
convinta della scelta dell’Altopiano selvaggio come destinazione. Ed è sempre
più perplessa, mentre procedono e il marito novello le spiega (in tono un po’
didattico, a dire il vero) le leggi ineludibili della gente del posto. Le
sembrano incomprensibilmente assurde, di una crudeltà irragionevole. Non
capisce come queste leggi possano regolamentare ogni aspetto della vita, come
perfino i raccolti dipendano dalla legge del sangue: che senso ha coltivare i
campi se la tua vita ha una scadenza prefissata?
C’è però un altro risvolto della legge del sangue ed è la visita al
castello del principe che lo rivela. I soldi. Quell’imposta del sangue
richiesta per ogni morto ammazzato su cui si basa la ricchezza di Orosh, per
cui è necessario che si continui a
morire, perché la catena della legge del sangue non venga interrotta. E
naturalmente viene malvisto chiunque ne scriva facendo risaltare la
mercificazione della morte mentre, d’altra parte, chi- come lo scrittore in
viaggio di nozze- parla soltanto dell’aspetto tragicamente romantico del kanun, viene accusato di cinismo.
La tregua concessa a Gjorg è scaduta. È finita l’ultima sua licenza per
vivere in questo mondo. Se riesce, può soltanto raggiungere una delle
centosettantaquattro torri di rifugio sparse nell’Altopiano, cupe e ostili, con
feritoie lunghe e strette. Sarà come essere murato vivo.
C’è però un desiderio di vita e
di amore, il ricordo della donna della
carrozza che- lui non lo sa- non lo ha dimenticato. E il mese di aprile sarà
per sempre spezzato.
Vale la pena di conoscere meglio Ismail Kadaré, lo scrittore albanese a
cui è stato conferito il Man Booker Prize 2005 per la sua opera. “Aprile
spezzato” che leggo con grande ritardo (la prima edizione italiana è del 1993)
è l’epopea tragica di un popolo arcaico, nonchè una riflessione sulla morte e sulla
vita.
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