domenica 9 luglio 2017

Petros Markaris, “Resa dei conti” ed. 2013

                                           Voci da mondi diversi. Penisola balcanica
                                                      cento sfumature di giallo
    il libro ritrovato

Petros Markaris, “Resa dei conti”
Ed. Bompiani, trad. Andrea Di Gregorio, pagg. 300, Euro 18,00

     “Lei può anche continuare a credere che l’università sia il tempio della conoscenza e della scienza, signor commissario. Sicuramente lo è, ma è anche il tempio dell’ipocrisisia. Ogni gradino che mio padre saliva, lo allontanava dalla Resistenza e lo avvicinava all’ipocrisia. Io non ho mai voluto avere niente a che fare con tutto questo. Lavoro qui al centro e faccio lezione al doposcuola senza prendere un centesimo.”

         Non è ancora successo. Potrebbe succedere. C’è chi se lo augura. Che si ritorni alla vecchia moneta, ai bei tempi accarezzati dalla nostalgia di ‘prima’ dell’euro. Nel suo nuovo romanzo, “Resa dei conti”, Petros Markaris immagina proprio questo, in un futuro alle porte: è il 31 dicembre 2013 e dal primo di gennaio del 2014 la dracma tornerà in corso in Grecia. “Mi era mancato”, dice Adriana, la moglie del commissario Kosta Charitos, accarezzando con le dita un biglietto da mille dracme. E a poco giova che la figlia le faccia osservare che cinquecento dracme corrispondono a un euro. “Non le dannare l’anima”, sussurra il genero. “Se la dannerà domani”, ribatte la figlia Caterina.
    Domani con la dracma, con la lira, con la peseta- già, perché la Grecia non è sola nella profonda crisi che la riporta indietro, è in compagnia dell’Italia e della Spagna. In questa atmosfera di per sé molto nera Kosta Charitos si troverà ad indagare sulla morte di tre persone, uccise con la stessa modalità una dopo l’altra- un imprenditore, un docente di Diritto Penale e un sindacalista. L’assassino stesso si è premurato di telefonare alla centrale di polizia indicando dove si trova il morto e, durante i primi accertamenti, toccando il cadavere, ogni volta parte la suoneria di un cellulare impostata per comunicare un messaggio: è lo slogan degli studenti che nel 1973 occuparono il Politecnico protestando contro la dittatura militare. C’è una variante delle parole, o meglio, un’aggiunta che cambia per ogni nuovo omicidio, a ribadire che, delle tre richieste degli universitari di allora- pane, istruzione e libertà- nessuna è stata soddisfatta.

      E’ un doppio noir, dunque, il romanzo di Petros Markaris: noir nell’ambientazione e noir nella trama. E anche il ben noto umorismo dello scrittore, che si rispecchia in quello di Kosta, si tinge di nero mentre il lettore sorride con l’altro lato delle labbra (come direbbero gli inglesi, più che mai soddisfatti di essersi tenuti strette le loro sterline). Pagina dopo pagina si aggiunge un dettaglio dei sacrifici dei greci- aziende che chiudono, disoccupazione, gente senza tetto, pensioni irrisorie, nessuna speranza di andare in pensione per chi già pregustava un meritato riposo, stipendi pubblici non pagati, forzata rinuncia all’uso dell’auto con conseguente- e paradossalmente positiva- diminuzione della congestione del traffico (non fosse per le manifestazioni di protesta che lo bloccano nelle zone ‘calde’). Con l’effetto valanga, proprio tra i poliziotti c’è un esempio delle ripercussioni private della falla gigantesca: uno dei poliziotti è separato dalla moglie, fino ad ora i figli stavano con lei ma la moglie non può più tenerli perché il suo convivente dice che non hanno i mezzi, alla polizia lo stipendio non sarà pagato per tre mesi e il collega di Kosta non ha né soldi da passare alla moglie né spazio in casa per alloggiare i figli. Li porterà dai suoi genitori in campagna, sperando che si abituino e possano frequentare la scuola locale.

     I tre morti assassinati, in apparenza uomini di successo, sono emblematici delle grandi speranze che si sono rivelate un’enorme delusione. Di chi è la colpa? Questi tre uomini, che tanto si vantavano del loro passato di sinistra, della lotta contro la dittatura, che si fregiavano dell’appartenenza alla ‘generazone del Politecnico’ quasi come di un fiore all’occhiello, che avevano conosciuto le carceri dell’ESA, a che punto avevano tradito se stessi, i compagni, gli ideali, il loro paese?

     Il genere del thriller o del noir è uno dei migliori per esplorare i meandri oscuri della realtà contemporanea, per aprire uno squarcio sulla Storia approfittando di drammatici eventi del presente. E’ quello che fa Petros Markaris, come hanno fatto i nostri De Cataldo e Sarasso, collegando la dilagante corruzione attuale, gli ingegnosi espedienti per arricchirsi, le truffe ai danni dei cittadini, con gli avvenimenti del passato, in un tutto unico senza soluzione.
Markaris, tuttavia, non si lascia sopraffare dal pessimismo in questo romanzo che ci tocca da vicino. C’è un messaggio positivo che passa come la fiaccola di una staffetta da un giovane all’altro del romanzo- dalla figlia di Kosta, avvocato difensore dei più sfortunati, ai figli delle tre vittime che hanno tutti rifiutato l’eredità spirituale e pecuniaria dei padri. C’è la voce di Radio Speranza che esce dal computer di Kosta mentre la sua famiglia si siede per gustare i piatti inventati da Adriana, la moglie di Kosta, all’insegna del risparmio. Non sono i suoi famosi peperoni ripieni ma minestre di fagioli e alici al limone, ottimi ugualmente. E poi, quando ormai non si usa più l’automobile perché la benzina costa troppo, la fame non manca.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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