venerdì 13 novembre 2015

Jean-Christophe Rufin, “Check-point” ed. 2015

                                                    Voci da mondi diversi. Francia
         guerra dei Balcani
         FRESCO DI LETTURA


Jean-Christophe Rufin, “Check-point”
Ed. e/o, trad. Alberto Bracci Testasecca, pagg. 250, Euro 15,30



     Anni ‘90 del secolo scorso. Due camion carichi di casse contenenti viveri e vestiario partono dalla Francia diretti verso la Bosnia dilaniata dalla guerra. Cinque giovani a bordo, in una missione inviata da una ONG- due ragazzi che sono chiaramente, dall’aspetto, due ex militari, un altro ragazzo che si fa delle canne da mattina a sera, un uomo un poco più anziano dall’aspetto ambiguo (è il meno simpatico del gruppo) e una ragazza ventunenne, Maud, capelli tagliati cortissimi, grossi occhiali e camicia informe: si vede che fa di tutto per nascondere la sua femminilità.
     Il romanzo “Check-point” di Jean Christophe Rufin- medico e scrittore, membro dell’Académie Française, fondatore di Medici senza Frontiere, ambasciatore francese in Senegal- è l’appassionante storia di un viaggio singolare alla fine del quale, come sempre avviene, ma qui in un contesto molto attuale e storicamente vicino a noi, nessuno sarà più come prima. Due elementi differenziano questo viaggio dai tanti altri che fanno parte dei romanzi di crescita che abbiamo letto: l’esame delle motivazioni che portano ognuno dei componenti del gruppo a far parte della spedizione e, allargando l’obiettivo, sono le modalità e i fini delle organizzazioni umanitarie ad essere messe sotto esame.

Dalla Francia alla Bosnia il viaggio è lungo. Dapprima i cinque giovani non si conoscono che superficialmente, sorgono poi naturali simpatie e antipatie, alcuni comportamenti ispirano diffidenza- e a ragion veduta, come verrà rivelato ad un certo punto. Perché non c’è niente di più facile che trasportare altro che abiti e scatolette di cibo, nascosti tra questi, nelle casse. E poi, ognuno è in buona fede- quale è, dopotutto, la maniera migliore per aiutare la popolazione che è sotto il fuoco dei serbi? Il gruppo si spacca in due, il viaggio si fa più che mai avventuroso in mezzo ad una natura aspra imbiancata dalla neve, un camion insegue l’altro, si resta con il fiato sospeso come le ruote di uno dei mezzi sopra un dirupo. Si incontra persino il famigerato Arkan con le sue Tigri. Si incontra la morte. Ma anche l’amore- era inevitabile, anche se la ragazza, Maud, ha scelto questa esperienza per fuggire dalla tipica condizione femminile. E Maud si troverà a fare, per amore, qualcosa di impensabile, che mai avrebbe pensato di poter o dover fare.

Il finale può deludere, eppure è perfetto. E’ come una riflessione sul verso scespiriano per cui la vita è una  storia raccontata da un idiota, piena di rumore e furia, che non significa nulla. Perché è così- dopo tanto affannarsi, dopo le sofferenze e le liti e gli insulti e le morti, tutto non è servito a nulla, è stato tutto inutile. Si è arrivati a capire meglio se stessi, si è cambiati. Ma a che prezzo.

     Il libro scorre veloce in un’alternanza di dialoghi essenziali e descrizioni di un paesaggio che esalta la drammaticità di quanto sta avvenendo e che percepiamo accadrà. Senza che sia mai esplicito, il lettore ha la sensazione di seguire la vicenda attraverso gli occhi di Maud, la più fragile che rivela una forza improvvisa, che si ritrova nello stesso tempo a compiere i gesti istintivi di una madre e quelli, feroci, di una moglie, che guarda, sconvolta e inorridita, lo scenario di una strage che alza bruscamente il sipario di una realtà agghiacciante davanti a cui si evidenziano l’impotenza e l’incapacità di agire delle nazioni che stanno a guardare.

Nessun commento:

Posta un commento