sabato 28 novembre 2015

Abraham B. Yehoshua, “La comparsa” ed. 2015

                                                     Voci da mondi diversi. Medio Oriente
                 FRESCO DI LETTURA


Abraham B. Yehoshua, “La comparsa”
Ed. Einaudi, trad. A. Shomroni, pagg. 260, Euro 17,00


       Si chiama Noga, che vuol dire Venere in ebraico, come il pianeta che viene spesso scambiato per una stella, la prima ad apparire la sera, l’ultima ad impallidire al mattino. Ha quarantadue anni, suona l’arpa in un’orchestra olandese, il suo matrimonio è finito perché lei non voleva figli.
E’ questo il nodo centrale del nuovo e denso romanzo di Abraham Yehoshua, lo scrittore settantottenne israeliano che avrebbe meritato l’assegnazione del premio Nobel già da molti anni. Yehoshua non teme di risultare impopolare, né di essere attaccato dalle femministe per la posizione che prende ne “La comparsa”: è nell’ordine della natura per una donna avere figli, un figlio è quello che resta di noi, del nostro passaggio sulla terra. Anzi, un figlio non è solo la traccia dei suoi genitori, ma anche dei suoi nonni e delle generazioni che li hanno preceduti, è un dovere nei confronti di tutti loro. Un figlio è dire di sì alla vita, un’affermazione di coraggio e di speranza, l’accettazione di una sfida, di mettersi in gioco per conciliare il sé con gli altri. La disapprovazione verso Noga, ogni volta che lei mette in chiaro che non è che non potesse avere figli, proprio non voleva bambini, è palese- da parte del fratello, della madre, delle persone che incontra occasionalmente. Senza contare il dolore che questo rifiuto ha causato all’ex marito Uriah, nonostante che si sia risposato e che ora abbia due figli. Uriah soffre ancora, Uriah vorrebbe ancora un figlio da Noga, vorrebbe ritrovare in un bambino i lineamenti di lei- dopo tutto non è questo il desiderio più comune, duplicare la persona che si ama in un piccolo essere?

       Noga ritorna in Israele, poco dopo l’improvvisa morte del padre, per permettere alla madre di passare un periodo di prova di tre mesi in una casa di riposo di Tel Aviv mentre lei si stabilirà nel suo appartamento di Gerusalemme in modo che non risulti disabitato. Lontana dalla sua arpa e dalla musica che hanno avuto tanta importanza nella sua vita, Noga trova un’occupazione come comparsa durante la ripresa di alcuni film, passa le notti dormendo ora in uno ora nell’altro letto della casa in cui è cresciuta, battaglia con due ragazzini che, su permesso della madre di Noga, si intrufolano in casa sua a tutte le ore, di giorno o di notte, dalla porta (hanno un doppione della chiave), o dalla finestrella del bagno, per guardare la televisione che in casa loro non è permessa, essendo ebrei ortodossi. E poi riappare Uriah, l’ex marito di Noga. Pure lui ha un doppione della chiave, e, nonostante tutto, l’amore di Uriah per Noga non è finito.
     Le soluzioni banali non sono per Yehoshua, non aspettatevi niente di scontato. Intanto, in molte sottili maniere, lo scrittore ha girato intorno al suo tema, quasi in cerchi concentrici- i due monelli che adorano la televisione (e il più piccolo dei due è un bambino problematico) e che mettono a dura prova la pazienza di Noga, i figli del fratello di lei e quelli di Uriah (li aveva portati anche a conoscere l’ex suocero, come volesse far capire che non era stata colpa sua se il suo matrimonio con Noga era stato sterile), la musica di Debussy che Noga dovrà suonare in Giappone, la sinfonia La Mer il cui titolo ha la stessa pronuncia di mère, madre- per arrivare infine al bambino non ancora nato della seconda arpista dell’orchestra di Noga, quello per cui la donna rinuncia alla tournée in Giappone.
E poi- Yehoshua non si smentisce mai- il libro è spruzzato di allusioni al contesto sociale. Gli ortodossi così austeri che popolano il rione in cui vive la madre di Noga, le figure in nero che sembrano grandi corvi , ci parlano di una frattura, la stessa che separa Tel Aviv da Gerusalemme, di un possibile rischio di fanatismo.

      L’andamento della narrazione è come un crescendo musicale con una domanda implicita nella parte centrale (una donna che rifiuta la maternità ha solo il ruolo di ‘comparsa’ nella vita?) e una domanda senza risposta alla fine- o forse ogni lettore può scegliere la risposta che più gli aggrada.




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