vento del Nord
seconda guerra mondialePetra Rautiainen, “Terra di neve e di cenere”
Ed.
Marsilio, trad. Sarina Reina, pagg. 304, Euro 18,05
È il 1947 quando Inkeri arriva in Lapponia, nel Nord della Finlandia. È una giornalista fotografa, deve fare un reportage per un giornale documentando la ricostruzione che è seguita alla fine della guerra. In realtà il suo scopo è un altro- l’ultima traccia di suo marito è in una lista della Croce Rossa che ne documenta la sua presenza a Enontekiö (Inari in lingua sami) in un campo di prigionia. Inkeri ha comprato una casa da un vecchio lappone e si trova a dover convivere con un precedente inquilino, Olavi, che ha la passione per la botanica- si prende cura delle piante
più che delle persone. Sia Olavi sia il vecchio erano lì durante la guerra, si avverte che sanno tante cose di cui però non vogliono parlare. Forse Inkeri riuscirà ad apprendere di più dalla bimba che è la nipote del vecchio sami e che resta affascinata dalla sua macchina fotografica- le chiederà di insegnarle come si usa.
Il romanzo della scrittrice finlandese Petra Rautiainen scorre su due piani temporali. La narrazione del dopo-guerra è di un narratore esterno, in terza persona, quella del 1944, nel cuore della guerra che sta per finire, è invece con la voce di un interprete che è stato inviato al campo di prigionia e che scrive un diario. Si è salvato dall’incendio finale del campo, questo diario, e saranno queste pagine a rivelare molte cose, a scoperchiare qualcosa che doveva restare segreto perché troppo orribile per essere rivelato. Tanto orribile che anche dalle pagine del diario non traspare molto. Anche noi, proprio come il giovane Väinö Remes che scrive, ci sforziamo di capire gli indizi di quello che è nascosto, lo scopo di quei cadaveri che vengono portati via, a Helsinki, quale sia il vero compito della bella infermiera le cui attenzioni sono contese da più di uno, che cosa ci sia dietro alle deliranti esaltazioni della Grande Finlandia. Quello che invece appare chiaro da queste pagine è la durezza della vita nel campo- la crudeltà dei sorveglianti tedeschi, la mancanza di igiene, la fame, le malattie, il freddo che è per i tedeschi un’arma in più da sfruttare nelle punizioni che finiscono inevitabilmente con la morte per ipotermia.
Non è solo la narrazione del passato che è
agghiacciante, lo è anche quella del presente del 1947, quando degli uomini
vestiti di nero arrivano, vanno nella
scuola e, in un’aula, fanno spogliare i bambini e ne prendono le misure
proseguendo le scellerate ricerche pseudoscientifiche dei nazisti sulla razza
tese a dimostrare l’inferiorità dell’etnia sami.
Inkari
riuscirà a dipanare la matassa e a scoprire che ne è stato del marito- forse
era meglio continuare a non sapere niente.
C’è un dettaglio interessante nella trama-
Inkari ha vissuto con il marito in Africa, ha con sé un batuffolo di pelo di
una leonessa bianca che evoca l’immagine di un animale regale quanto le
maestose renne e, quando racconta dei kikuyu del Kenya, noi non possiamo fare a
meno di pensare a come sarebbero stati trattati, se la Germania nazista fosse
arrivata in Kenya. L’Africa che appare spesso nei ricordi di Inkari è un contrasto
stridente con il paesaggio di neve e di ghiaccio della Lapponia, laggiù,di
notte, un cielo trapunto di stelle, qui le meravigliose luci strane dell’aurora
boreale, qui la cenere sulla neve- la cenere del campo distrutto che diventa il
simbolo per un passato coperto di cenere, la cenere dei morti, la cenere di un
grande fuoco che ha inghiottito milioni di persone.
Un libro interessantissimo per quello che
ci rivela.
Nessun commento:
Posta un commento