Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Ed. Einaudi, trad. G. Granato, pagg.
280, Euro 19,00
Lei, Eilis Lacey, la protagonista di “Long Island”, è la stessa che abbiamo conosciuto in un romanzo precedente di Colm Tóibin, “Brooklyn”. È la ragazza irlandese che aveva lasciato quel paese che le andava stretto, Enniscorthy, per l’America piena di sogni e di promesse. Si era innamorata di un italiano, a New York, e lo aveva sposato.
Sono passati una ventina d’anni da allora, i figli di Eilis, una femmina e un maschio, sono grandi, la casa in cui abitano è vicino a quelle dei suoceri e dei due cognati- è come essere tornata a vivere in un piccolissimo paese dove tutti sanno tutto di tutti, dove la riunione famigliare ogni settimana è un rito inderogabile, dove lei, Eilis, è sempre rimasta ‘l’irlandese’ in una famiglia di esuberanti italiani. Ogni mese Eilis scrive alla madre, le manda fotografie. La madre non risponde mai: ce l’ha ancora con lei perché se ne è andata?
Un giorno succede qualcosa che mette a
soqquadro questa vita abitudinaria e tranquilla. Un irlandese si presenta alla
porta di Eilis, quello che le dice, la minaccia contenuta nelle sue parole,
sconvolgono Eilis. Le trema la terra sotto i piedi, ogni certezza è svanita.
Eilis sa solo una cosa, sa quello che non accetterà mai di fare. E ha bisogno
di allontanarsi. L’ottantesimo compleanno della madre è il pretesto strategico
per ritornare in Irlanda.
In “Brooklyn” il viaggio era verso
l’esterno, in “Long Island” c’è un viaggio di ritorno. Il primo era un viaggio
verso l’ignoto in cui Eilis si sarebbe sentita sperduta, il secondo è invece
verso quello che conosce- Eilis, però, è cambiata, più di quanto lei stessa
possa rendersene conto, e spicca tra le vecchie conoscenze, come se avesse
qualcosa di esotico. Incontra l’amica di sempre che è rimasta vedova cinque
anni prima e gestisce una friggitoria. L’amica Nancy rappresenta quello che
Eilis sarebbe potuta diventare se fosse rimasta. E non a caso ha intrecciato una
relazione con Jim, l’uomo di cui Eilis si era innamorata in passato per poi
piantarlo in asso tornando in America dopo i funerali della sorella.
Leggerete come procede la vicenda, come i due figli ‘americani’ che la raggiungono per il compleanno della nonna acquistino consapevolezza della loro metà irlandese, come non si possa sfuggire alle regole non dette di un piccolo paese.
Lo avevo già detto quando ho scritto di
“Brooklyn”- anche “Long Island” è un romanzo che non pare scritto da Colm Tóibin.
Almeno, questo non è il Colm Tóibin che
ha scritto “The Master” o “Il mago”, e non siamo certi che ci piaccia
altrettanto. L’ambiente italiano è alquanto stereotipato e l’espediente che
permette allo scrittore di far tornare Eilis in Irlanda è piuttosto banale.
Quello che è interessante è il contrasto tra i due ambienti e, fra i due,
quello irlandese è il più vivo e colorito. E, tuttavia, non proviamo simpatia
per Eilis, forse perché non riusciamo ad approvare le sue scelte e i suoi
comportamenti. Anche lo stile narrativo è ‘poco Tóibin’, scorrevole e piano,
manca della profondità dei grandi romanzi biografici.
Altre due recensioni dei suoi romanzi sono su Leggere a Lume di Candela:
"Brooklyn" pubblicato il 20 marzo 2016
"Il Mago" pubblicato il 3 marzo 2023
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