lunedì 24 febbraio 2025

Fatma Aydemir, “Tutti i nostri segreti” ed. 2025

                                          Voci da mondi diversi. Germania

   Storia di famiglia

Fatma Aydemir, “Tutti i nostri segreti”

Ed. Fazi, trad. T. Ciuffoletti, pagg. 300, Euro 17,57

 

     Padre, madre, quattro figli. Hüseyn, Emine, Sevda, Hakan, Peri e Ümit. Sono turchi, emigrati in Germania. Il primo ad arrivare era stato il padre, Hüseyn. Più tardi era andato a prendere la moglie e gli altri figli, lasciando però la primogenita Sevda in Turchia con i nonni. Sevda aveva già dodici anni quando aveva finalmente raggiunto la famiglia.

Dopo tutta una vita di duro lavoro, prima in una fonderia e poi in uno scatolificio, Hüseyn era andato in pensione realizzando il sogno di una vita- ritornare in Turchia, comprare un appartamento a Istanbul, la sua prima tappa nel viaggio di tanti anni prima, dal paesino in montagna verso la Germania. La città lo aveva incantato ed ora si aggirava nella casa che aveva preparato con cura, pensando allo stupore della moglie e dei figli, quando lo aveva colto un dolore improvviso, fulminante. Un infarto.


    Dopo questa prima parte in cui Hüseyn è l’unico protagonista, seguono altre cinque parti o lunghi capitoli in cui sono prima i figli, uno per volta, ad essere i personaggi principali, il punto di vista dell’intera storia di questa famiglia, e infine la madre. Se Hüseyn non aveva dubbi sulla sua appartenenza, era turco e si sentiva tale- davvero turco, poi? Ma che lingua era quella in cui a volte i figli lo sentivano parlare con la loro madre?- per i suoi figli era diverso. Tutti loro vivono in bilico tra il paese da cui provengono e quello in cui vivono, tra le usanze che si perpetuano nella loro casa e la nuova realtà che li circonda, tra una lingua in cui fanno fatica ad esprimersi e il tedesco che hanno studiato e che è anche la lingua dei loro amici.

Quanto ad Emine- è lei quella che ha sofferto di più nell’essere trapiantata in un paese straniero. Perché lei vive in casa, non imparerà mai il tedesco al di là di qualche espressione per la sopravvivenza, il paese straniero le sarà sempre estraneo, anche il marito finirà per essere un estraneo per lei. Ma il capitolo di Emine è l’ultimo che leggiamo, è quello che scioglie tutti i nodi, che rivela un segreto con cui ha convissuto fin dai primi anni del suo matrimonio, che dà stura a un dolore così grande che non le ha permesso di godere appieno dell’amore dei suoi figli e che adesso la lascia con un altro dolore- quello di capire che è troppo tardi per rimediare.


    È giusto che il primo a salire alla ribalta, dopo Hüseyn, sia il quindicenne Ümit. È il più giovane, è nel pieno dei turbamenti dell’adolescenza e si sente attratto verso i ragazzi- che cosa ci potrebbe essere di più sconvolgente per una famiglia turca tradizionale? Neppure la rottura del matrimonio di Sevda (quanto ha sofferto nel sentirsi incompresa quando la madre l’ha rimandata dal marito), neppure il ruolo di donna indipendente che Sevda assume, gestendo una pizzeria, neppure la vita trasgressiva di Peri che frequenta l’università a Francoforte, neppure i giorni sfaccendati del primogenito Hakan, quello che dovrebbe ereditare la responsabilità della famiglia.

Quando, nel capitolo conclusivo, affiora un altro nome, noi ricordiamo che è quello che Hüseyn ha pronunciato prima di morire, che è lo stesso menzionato da Peri nel suo racconto- e tutte le fila si riallacciano.

    La narrativa del romanzo di Fatma Aydemir è vivace, ironica, a tratti drammatica con quell’accenno ai curdi, e, per accentuare la diversità dei punti di vista, alterna il racconto in terza persona a quello in seconda persona per consegnarci una storia di emigrazione, di spaesamento, di nostalgia, di identità incerta, di un vecchio mondo che stenta a lasciare il passo ad un mondo nuovo.



   

 

 

Nessun commento:

Posta un commento