Voci da mondi diversi. Area germanica
Alina Bronsky, “Barbara non sta morendo”
Ed. Keller, trad. Scilla Forti, pagg. 240, Euro 17,10
Walter ha trovato Barbara per terra, sul
pavimento del bagno. Riesce a riaccompagnarla a letto, ma poi Barbara non si
alza per preparare la colazione. A pensarci, era stato strano non svegliarsi
con il profumo del caffè, come ogni mattina da quando si sono sposati. È il
primo segnale di un cambiamento di cui Walter farà fatica a rendersi conto e ad
accettare. Anzi, Walter non lo accetta proprio, si rifiuta di pensare che
Barbara sia ammalata, neppure ci pensa a chiamare il dottore. Ci penserà il
figlio, giorni dopo, quando è chiaro che Barbara non si alza dal letto dove
continua a dormire o dormicchiare.
È un uomo di altri tempi, Walter. Ottuso e pieno di pregiudizi. Era stato anche lui un immigrato, anche Barbara lo era stata e lui si vantava che Barbara dovesse a lui e alla sua severità se ora parlava in tedesco senza accento. Si irritava quando la moglie preparava dei piatti come ‘laggiù’, il borsc, per esempio. E ce l’aveva con gli immigrati, che bivaccavano sul marciapiede vicino alla stazione chiedendo l’elemosina. Si rifiutava di chiamare per nome la compagna del figlio, non dice mai niente apertamente, ma c’è un lieve disprezzo nel paragonare il nipotino ad un cioccolatino. Quanto alle scelte della figlia Karin, che era andata a Berlino dove viveva con la sua ‘migliore amica’, Walter fingeva di non capire, di non sapere.
Fino ad ora aveva avuto abitudini fisse da
quando era andato in pensione- portare fuori il cane, il giovedì sera al pub
con gli amici e nient’altro. Mai aveva fatto la spesa, mai aveva acceso un
fornello, neppure per farsi un caffè, mai aveva fatto funzionare la lavatrice.
E adesso? Lentamente, molto lentamente visto che parte da zero, Walter impara,
seguendo le istruzioni della moglie. Fa pasticci, sporca dappertutto, è
necessario più di un tentativo prima di cucinare qualcosa di commestibile,
impara perfino a chiedere aiuto per istruzioni alla commessa con i capelli blu
del panettiere.
Alina Bronsky dipinge con mano leggera il
cambiamento di quest’uomo, ce lo descrive in un tono tra il compassionevole, il
ridicolo, l’ammirazione. Ammirazione sì, perché tutto quello che Walter fa non
è solo per la propria sopravvivenza ma perché ama Barbara, anche se non lo
confesserebbe mai.
Imbocca la moglie come un uccellino, in un soprassalto di comprensione lucida di quello che sta accadendo (Barbara si è rifiutata di andare in ospedale) le dice “non mi giocherai qualche brutto scherzo, ragazza mia?”- è quanto di più affettuoso quest’uomo vecchio stile sia capace di dirle.
È un cambiamento a 360 gradi, quello di Walter.
Cambia nell’aspetto pratico della vita di ogni giorno (buffo l’accanimento con
cui inizia a seguire le lezioni di cucina alla televisione e ad aprirsi ai
social), cambia nella maniera di relazionarsi con i figli, acquista anche il
coraggio di affrontare un segreto doloroso del loro passato per cui finora
aveva solo provato vergogna. E non è solo la malattia di Barbara (che lui
rifiuta di riconoscere fino alla fine) la responsabile di questo cambiamento.
Nella sua nuova apertura verso il mondo Walter scopre che la moglie che sua
madre disprezzava e che lui pensava di aver, in certo qual senso, ‘elevato’,
era benvoluta e amata da tutti- perfino il barbone accampato con il cane vicino
alla stazione la conosceva (e Walter si sostituirà a Barbara e gli porterà da
mangiare, a Natale). Perché Barbara era buona, generosa, gentile. Tutti le
volevano bene, persone a lui del tutto sconosciute le chiedevano di lei.
Anche in questo romanzo, come nel precedente
“L’ultimo amore di Baba Dunja”, Alina Bronsky ci racconta una storia con
umorismo e con una considerazione affettuosa per i suoi personaggi, una storia
di persone qualunque che mostra come niente sia definitivo nel nostro carattere
e nelle nostre abitudini e come si possa cambiare (in meglio).
La recensione de "L'ultimo amore di Baba Dunja" è pubblicata in data 27 ottobre 2016, con l'etichetta Area germanica.