lunedì 11 novembre 2024

Nino Haratischwili, “La gatta e il generale” 2024

                                                Voci da mondi diversi. Georgia


romanzo storico

Nino Haratischwili, “La gatta e il generale”

Ed. Marsilio, trad. F. Bonomi e F. Cremonesi, pagg. 649, Euro 24,00

      La Gatta. Il suo vero nome è Sesili (all’anagrafe hanno tralasciato la a finale che avrebbe reso il suo nome uguale a quello della nonna). È georgiana, fa l’attrice.

      Il Generale. È stato nel momento cruciale della sua vita che si sono rivolti a lui chiamandolo ‘Generale’, quasi riconoscendo l’autorità nella sua voce. Da ragazzo si chiamava Mališ, poi è diventato Alexander Orlov, un oligarca russo che ha fatto palate di soldi.

    Il Corvo, terzo personaggio con un soprannome- il corvo è latore di brutte notizie. Si chiama Onno Bender, è il giornalista che ha l’incarico di scrivere la vita di Orlov.

     E poi ci sono due importanti personaggi femminili che si rincorrono nelle pagine del romanzo di Nino Haratischwili. Sono due personaggi del regno delle ombre che però appaiono più vivi che mai nei ricordi di chi le ha conosciute. Hanno la forma del rimorso, di una colpa non espiata. Sono Nura e Ada. Nura appare nel capitolo iniziale del libro. E’ il 1994. Le truppe russe hanno invaso la Cecenia. Nura ha diciassette anni, è bellissima, il suo nome significa Luce, sogna di scappare da quel villaggio sulle montagne del Caucaso. Vende pollame e uova ai nemici per raggranellare soldi. Muore. Sapremo molto dopo come, vittima di incredibile violenza.


   Mališ- come era finito, lui, un intellettuale, un idealista che amava i libri, a combattere su quelle montagne, odiando quello che era costretto a fare?- aveva deciso che avrebbe chiamato Ada, come la protagonista del libro di Nabokov che stava leggendo, l’esserino che lo avrebbe reso papà, se fosse stato una bambina. Anche Ada, come Nura, è già morta quando il suo nome appare per la prima volta. Ed è per lei che Alexander Orlov mette in moto tutta la vicenda quando, mentre la sua auto passa per le vie di Berlino, vede un cartellone pubblicitario con un volto che è identico a quello di Nura che lui conserva nella sua memoria. Orlov lo deve a sua figlia, mettere in chiaro quello che è successo nel 1995 in Cecenia. Perché Ada si è uccisa e Orlov è roso dal rimorso.

    Verrà girato un video, con la Gatta nelle vesti di Nura. Verrà recapitato a tre persone che erano con Mališ in Cecenia. Verrà rivissuto tutto quello che era successo. Avevano sperato invano di essersi lasciati il passato alle spalle. Saranno riuniti in un luogo isolato per una resa dei conti. La verità deve venire fuori. Adesso, visto che il processo non era servito a nulla e che Mališ aveva lasciato cadere le accuse. Sia Nura sia Ada devono ottenere giustizia. Ma riusciranno loro, tutti loro, compreso il Corvo, a sopportare il peso della verità e delle sue conseguenze, a non essere schiacciati dalla colpa?


    La drammatica scena finale, orchestrata magistralmente, ci riporta a scene famose di romanzi ‘gialli’, in primis quelli di Agatha Christie, con l’atmosfera claustrofobica in un luogo da cui ogni tentativo di fuga è impossibile, in attesa dell’esito di un gioco mortale alla roulette russa. E il dramma personale dell’oligarca che perde la figlia adorata ricorda quello di Ratko Mladić, il generale e criminale di guerra serbo bosniaco la cui figlia si suicidò dopo aver appreso di che cosa si fosse macchiato il padre che era per lei un idolo. Ana Mladić e Ada Orlov, solo una consonante differenzia i due nomi.


    Anche “La gatta e il Generale”, come gli altri due romanzi di Nino Haratischwili che abbiamo letto, è un grande affresco in cui la Storia è rivisitata attraverso le storie dei personaggi, il disfacimento dell’Unione Sovietica e l’avvento di un capitalismo made in Russia si riflette nella ‘caduta’ dei protagonisti, la tradizione del grande romanzo russo affiora nelle tematiche del delitto e del castigo, di vendetta, di amore e morte, di necessità di espiazione. È un bel romanzo con il difetto di un eccesso di scrittura, di essere ‘overwritten’. Quando la scrittrice ci dice tutto, ma proprio tutto, di alcuni personaggi, finisce per rallentare la narrazione appesantendola.



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