martedì 1 dicembre 2020

Peter Manseau, “Ballata per la figlia del macellaio” ed. 2009

                              Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

        romanzo picaresco
          love story

Peter Manseau, “Ballata per la figlia del macellaio”   

Ed. Fazi, trad. G. Bottali e S. Levantini, pagg. 495, Euro 4,95

     Bashert, la parola yiddish che significa ‘fato’ o ‘destino’, è il filo conduttore del romanzo di Peter Manseau, “Ballata per la figlia del macellaio”, che ha vinto il National Jewish Book Award nel 2008. Un romanzo singolare ed epico, picaresco e romantico, che ci trascina in volo, come se fossimo la coppia di Chagall rappresentata in copertina (e vedremo quanto sia adeguato che solo l’immagine femminile sia rimasta nel ‘taglio’ del quadro originale), da Kishinev, l’odierna Chisinau in Moldavia, a Odessa e poi a New York e a Baltimora, dall’impero zarista dei primi del Novecento alla Democrazia della favoleggiata America dalle Mille Opportunità. Per finire poi in Israele. Con un protagonista, che si definisce ‘il più grande poeta yiddish’, la cui musa ispiratrice è una donna che non ha mai visto e che però ha visto lui il giorno della sua nascita- lei era una bimba di quattro anni e, nella leggenda di famiglia, in quel giorno in cui si era scatenato un pogrom selvaggio nella città, si era opposta agli uomini che avevano sfondato la porta per entrare nella casa dove Itsik Malpesh stava venendo al mondo. Itsik era cresciuto convinto che Sasha, la figlia del macellaio che si era trasferita a Odessa con la madre dopo che il padre era stato ucciso durante il pogrom, fosse la sua bashert, che non importava la differenza di età, che lei, così come appariva in una fotografia, era la donna della sua vita, che si sarebbero rincontrati. Soltanto a novant’anni Itsik Malpesh si renderà conto che anche il giovane che ha ingaggiato con il compito di tradurre in inglese le sue poesie è il suo bashert, così come lui stesso è il bashert di questo ragazzo ventunenne laureato in Storia delle Religioni che trova un lavoro come archivista presso un’organizzazione culturale ebraica. Chi lo ha assunto ha dato per scontato che sia ebreo- non lo è, è cattolico anche se non praticante. Ha studiato l’ebraico- i libri che deve catalogare sono in yiddish. Avrà un’aiutante, una ragazza che sta riscoprendo il suo ebraismo e che sarà un’altra bashert, per il traduttore di Malpesh e per Malpesh stesso, in una maniera del tutto imprevedibile che porterà il romanzo ad una fine da ‘love story’.


      Capitoli più brevi di ‘Note del traduttore’ si alternano ai capitoli con la storia rocambolesca di Itsik Malpesh, figlio dell’uomo che ha fatto fortuna inventando una macchina per spennare velocemente le oche e per produrre così un numero sempre maggiore di guanciali e coperte di piume, esportate in tutto il mondo. Le avventure di Itsik, piccolo spalatore di merda di oche per guadagnare i soldi con cui compera  “Delitto e castigo” in russo, sono esilaranti e tragiche- sembra incredibile che un ragazzino di tredici anni sia potuto sopravvivere ad un viaggio a piedi fino a Odessa, ad un rapimento da parte dei reclutatori di soldati per lo zar, ad un lavoro in una tipografia, una traversata in una cassa, la ricerca di un modo di sopravvivere a New York, sempre con la borsa piena dei fogli delle sue poesie sotto braccio. Le sue poesie saranno lette ad alta voce in una serata memorabile, lui fuggirà dalla promessa sposa perché ha incontrato…Quando si dice bashert. Ma a volte per impedire che si adempia un destino che implica morte, si è obbligati a imporgli una svolta, o a tagliare i fili che ci legano ad esso.

Odessa

    C’è una seconda parola che ci segue lungo tutto il libro, insieme al ‘destino’, e si potrebbe giocare sull’intreccio delle due- ‘tradurre’, ‘traduttore’. Viene anche ricordato il detto ‘tradurre è tradire’. ‘Tradurre’ dal latino trans ducere, portare al di là- e allora lo stesso Itzik Malpesh (che ha un doppio di se stesso se traduce il suo nome nell’ebraico Isaac) si ‘traduce’ emigrando negli Stati Uniti, prima ancora che le sue poesie vengano tradotte in inglese. Sono ancora i suoi, quei versi in un’altra lingua? E lui, è ancora lui? E lo studioso delle religioni, come è cambiato ‘traducendo’?

Sinagoga di Baltimora

   Ironico, buffo, sentimentale, ricco di implicazioni (osserviamo quel potente contrasto implicito nel titolo, fra le parole ‘ballata’ e ‘macellaio’), la celebrazione di un mondo e di una lingua che sono scomparsi, un inno all’amore che è nel nostro destino.



     

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