lunedì 12 ottobre 2020

Kader Abdolah, “Il sentiero delle babbucce gialle” ed. 2020

                                               Voci di mondi diversi. Iran

        la Storia nel romanzoKader Abdolah, “Il sentiero delle babbucce gialle”

Ed. Iperborea, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, pagg. 406, Euro 19,50   

    “Così andarono le cose e un giorno venne a trovarmi un vecchio compagno di lotta”.

      Ha un inizio favolistico il nuovo bellissimo romanzo di Kader Abdolah, lo scrittore iraniano che dal 1988 è rifugiato politico nei Paesi Bassi. E non è sua la storia che ci racconterà. In una variante del classico espediente del manoscritto ritrovato, Kader Abdolah riceve da “un vecchio compagno di lotta”, il regista Sultan Golestan Faharangi, la bozza del libro che questi ha scritto in un olandese approssimativo. Perché Sultan non si è dato cura di imparare la lingua del paese che lo ospita- la cinepresa impiega un linguaggio visivo, Sultan gira documentari in persiano.

È la vita di Sultan quella che leggeremo, introdotta da un brano tratto da un antico poema mistico, “Il verbo degli uccelli”, che parla del viaggio degli uccelli alla ricerca del loro mitico sovrano Symborg.

     La vita, il viaggio, la ricerca: é storia vera, quella contenuta nel libro, e non ci saranno le piume colorate degli uccelli a trasportarci, ma babbucce gialle, le babbucce che il padre di Sultan fa per la moglie, che Sultan prepara per una ragazza che non potrà mai ricambiare il suo amore, babbucce gialle che regala alla regina Farah Diba, babbucce che diventano un leit motiv metaforico di calzature di bellezza per lasciare impronte sul cammino della vita.

     In un libro di memorie è inevitabile che il presente si allacci al passato, che l'adesso accenda un ricordo, ravvivi la nostalgia e il rimpianto. Adesso Sultan vive in una fattoria in Olanda con la compagnia di una donna che è spuntata dal nulla e di cui non sa nulla, del vecchio proprietario della fattoria e delle api- anche quelle arrivate dal nulla. È stato difficile per Sultan abituarsi al clima, alla gente, alle usanze, al paesaggio. La mente ritorna al castello in cui abitava da bambino- tutta la prima parte del libro, con i ricordi dell'infanzia, è soffusa da un’atmosfera di fiaba, da un alone di bellezza e di irrealtà. Fino al momento magico in cui Sultan ebbe in mano la sua prima macchina fotografica, un sogno rincorso insieme alle cartine della gomma da masticare sollevate in aria dal vento: la pubblicità diceva che con 5000 cartine avrebbe avuto in regalo una macchina fotografica e lui aveva preso a raccattare le cartine gettate via, ovunque, anche per strada, una dopo l’altra. Era così che aveva capito che cosa voleva fare: guardare la realtà con un terzo occhio.

    Incomincia così la seconda tappa del percorso di Sultan, quello centrale, con l'entusiasmo dapprima per le foto, poi per le riprese con la cinepresa, i suoi primi successi, la paura dell'amore. Sullo sfondo, proprio come in una pellicola cinematografica, la storia dell'Iran- gli anni dello Shah Reza Pahlavi, la sua fastosa incoronazione, i progressi dell’occidentalizzazione voluta dallo Shah, la sempre maggiore ingerenza americana con la conseguente reazione.

    Una terza tappa copre il cammino del risveglio politico di Sultan. Lui si accontenterebbe di osservare dall'esterno e invece è proprio il suo terzo occhio che può rendere grandi servigi alla rivoluzione. E Sultan per ben due volte si troverà in una posizione da non poter rifiutare di acconsentire alle richieste che gli vengono fatte- a lui che, nella veste di regista, può avvicinarsi più di chiunque altro al re e alla regina prima e all’Ayatollah dopo.

     Quando incomincia la quarta tappa della sua vita, Sultan è un uomo che è sopravvissuto a dieci anni di carcere, che ha perso tutto, anche l'amata cinepresa, che è solo ad affrontare un futuro che si estende piatto come le terre piatte dell’Olanda, ovattato dal silenzio della incomunicabilità linguistica perché perdere la propria patria è perdere anche la propria lingua. Eppure, lentamente, Sultan si abitua, si riprende, una donna gli lascia in regalo la sua cinepresa…

    Alle prese con una storia non sua ma in cui lo scrittore certamente rivive momenti, emozioni e paesaggi della sua stessa vita, Abdolah ci consegna un romanzo splendido in cui la vita di un singolo è inestricabilmente legata alla vita di un intero paese e il tono narrativo riesce a combinare il realismo con il leggendario, la nostalgia con l'accettazione di quanto è accaduto, stravolgendo le aspettative sia del regista Sultan sia dello scrittore che gli presta la voce. 

Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook



 

Nessun commento:

Posta un commento