martedì 7 febbraio 2017

Zadie Smith, “L’uomo autografo”

                                  Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                                                          il libro ritrovato

Zadie Smith, “L’uomo autografo”
 Ed. Mondadori, trad. Bernardo Draghi, pagg. 469, Euro 16,60

   “Che cosa c’è in un nome?”, chiede Giulietta. “Se non si chiamasse più Romeo, conserverebbe quella preziosa perfezione, che egli possiede anche senza quel nome”. Eppure, per i popoli primitivi il nome si identificava talmente con l’essenza del portatore da renderne pericolosa la diffusione. E, nella religione ebraica, il nome dell’Altissimo non deve essere mai pronunciato e viene scritto solo con il tetragramma delle lettere che formano il Nome dei nomi. Sono proprio le quattro lettere del nome biblico di Dio che, nella seconda pagina de “L’uomo autografo”, ci introducono al tema del romanzo: la collezione di autografi. Un nome doppio per il protagonista Alex-Li, figlio di padre cinese e di madre ebrea inglese, e un cognome, Tandem, che suggerisce una duplicità. Alex-Li non è religioso, ma la religione rimane il problema irrisolto, la tela di fondo su cui viene tracciata la storia del personaggio e il romanzo è articolato in due parti, con capitoli intitolati ai dieci attributi divini contenuti nella Kabbalah, nella prima parte, e ai dieci stadi della realizzazione di sé per la filosofia Zen, nella seconda. Si inizia con Alex in età di Bar-mitzvah che va con il padre a vedere uno spettacolo di lotta e si finisce con il Kaddish che Alex recita in memoria del padre morto quindici anni prima, proprio durante quello spettacolo che era coinciso pure con la scoperta, da parte di Alex, del fascino del collezionismo
. Sembra che Alex stia sprecando la sua vita, tra bevute, droghe, un amore inconcluso per Esther dalla pelle scura, in mezzo alla disapprovazione dei suoi amici. E poi si lancia nell’avventura, all’inseguimento del Graal, che per lui è l’ormai anziana attrice Kitty Alexander (un caso che il cognome sia lo stesso nome di lui?),  a cui Alex ha scritto una lettera alla settimana per tredici anni senza mai ricevere risposta. E poi, un giorno, era arrivata una foto con l’autografo di Kitty Alexander ed ecco Alex partire per l’America dove, in una versione moderna di una storia di cavalleria, con tanto di incontro con una donna tentatrice, una spregiudicata “belle dame sans merci”, finisce per “rapire” l’attrice, la porta nel suo appartamento nei sobborghi di una Londra mai nominata ma facilmente riconoscibile, e organizza la strepitosa vendita all’asta di lettere o altri documenti da lei firmati.
Riconosciamo, in questo romanzo, alcuni tratti che sembrano ormai essere tipici di Zadie Smith, la scrittrice rivelazione che, a soli 23 anni, si è imposta all’attenzione con “Denti bianchi”. L’interesse per la multietnicità- Zadie Smith è figlia di padre inglese e madre giamaicana-, un orecchio finissimo per la lingua che la scrittrice sembra quasi divertirsi ad usare, in uno stile scoppiettante e caustico, brillante eppure pensoso, e un occhio attento ai segnali di novità intorno a lei. Avvertiamo qualcos’altro di molto personale ne “L’uomo autografo”, quasi la sorpresa per l’improvvisa celebrità e il tentativo di destreggiarsi con ironia con ciò che la fama comporta. Se il libro pecca a volte di intellettualismo, è pur sempre una conferma di una voce originale di grande qualità.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net



                                                                        

Nessun commento:

Posta un commento