Voci da mondi diversi. Islanda
cento sfumature di giallo
Ragnar Jónasson e Katrín Jakobsdóttir, “Reykiavík”
Ed. Marsilio, trad. Irene Gandolfi, pagg. 266, Euro 18,00
Un caso freddo nella fredda Islanda. Sembra
un gioco di parole, ma è veramente un ‘cold case’ quello della quindicenne Lára,
scomparsa nel 1956, archiviato forse troppo in fretta e ‘ripescato’ trent’anni
dopo da un giovane giornalista ambizioso.
Nessuno, in Islanda, aveva dimenticato Lára,
tutti ne conoscevano l’aspetto, come appariva in quell’unica foto che era stata
divulgata, occhi e capelli scuri, abitino con le maniche corte. Tutti
preferivano pensarla ancora viva, fuggita chissà dove, chissà perché.
Lára aveva accettato un lavoro estivo presso una coppia nota ed abbiente sull’isola di Viđey, a pochi minuti di traghetto da Reykiavík. Una sua cugina aveva lavorato presso l’avvocato Óttar e la moglie Ólöf l’estate precedente e si era trovata bene. Quel fine settimana i suoi genitori avevano aspettato invano la sua solita telefonata e al lunedì ne avevano denunciato la scomparsa. Il detective Kristián Kristiánsson era andato sull’isola, aveva fatto le domande di rito all’avvocato e alla moglie- avevano solo saputo dirgli che Lára aveva dato le dimissioni all’improvviso, e no, non sapevano perché, non sapevano neppure se e come fosse tornata a Reykiavík. Una telefonata di un suo superiore aveva intimidito il giovane detective con un rimprovero neppur tanto velato per aver fatto ‘strane domande’ a Óttar e alla moglie. L’indagine era finita lì, anche se ogni dieci anni la stampa ridava voce alla domanda di che cosa fosse successo alla ragazza, anche se Kristián aveva saputo di altre persone presenti sull’isola, ospiti dell’avvocato, tutte persone in vista, tutte intoccabili.
Trent’anni dopo la scomparsa- è l’agosto
del 1986- un giovane giornalista si interessa di nuovo al caso. Sogna uno
scoop, gli sono arrivati altri brandelli di informazioni da fonti che
preferiscono restare nell’ombra. Reykiavík è in fibrillazione- ci saranno i
festeggiamenti per i duecento anni dalla fondazione, ci sarà una torta lunga
duecento metri, la televisione avrà un nuovo canale di trasmissioni, e poi la
città ospiterà l’incontro del presidente Reagan con Gorbaciov che porrà le basi
della fine della Guerra Fredda. E, nella folla che si riversa nelle strade, il pericolo
è in agguato.
Di Ragnar Jónasson abbiamo già letto la serie “Misteri d’Islanda” e “la trilogia di Hulda”, “Reykiavík”, però, è un giallo a quattro mani, scritto insieme a Katrín Jakobsdóttir, un master in letteratura islandese e primo ministro d’Islanda dal 2017 al 2024.
Nella postfazione gli autori raccontano come sia nata l’idea del libro, come condividessero i ricordi degli anni ’80, un periodo felice e spensierato, un decennio di crescita per l’Islanda, come abbiano consultato i quotidiani dell’epoca. Questo loro interesse per quegli anni si rispecchia chiaramente nel romanzo che ricrea l’atmosfera dell’isola e della capitale con ricchezza di dettagli. E, se la trama è di per sé banale, l’abilità degli scrittori tiene i lettori con il fiato sospeso non tanto sul crimine in sé, ma sull’interrogativo che gli islandesi stessi si sono posti per trent’anni- una ragazza con le valigie non può essere scomparsa nel nulla, a tutti piacerebbe che fosse viva e vegeta in America, ma non è possibile.
La narrazione procede spedita, senza inutili lungaggini, perfetta per un romanzo di indagine poliziesca- anzi, di indagine giornalistica.




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