martedì 30 dicembre 2025

Michel Bussi, “Le ombre del mondo” ed. 2025

                                                      Voci da mondi diversi. Francia

   genocidio del Rwanda

Michel Bussi, “Le ombre del mondo”

Ed. e/o, trad. Alberto Bracci Testasecca, pagg. 592, Euro 19,95

 

      C’era una volta un piccolo regno grande come un dipartimento francese, un regno ben nascosto da qualche parte in Africa…

L’inizio de “Le ombre del mondo” dello scrittore francese di Michel Bussi ricalca le parole delle favole, ma quello che leggeremo non ha niente della favola.

Il secondo capitolo reca nel titolo un luogo e una data- Ambasciata di Francia, Kigali. 7 aprile 1994. Segue una telefonata concitata da cui apprendiamo due fatti: la sera precedente, 6 aprile, nel cielo di Kigali è stato abbattuto un Falcon 50 che trasportava i presidenti di Ruanda e di Burundi e quel 7 aprile, a Parigi, è stato assassinato François de Grossouvre, il fidato consigliere di Mitterrand. Era l’inizio della tragedia del Rwanda.

    Il romanzo segue due diverse linee temporali- trent’anni dopo il genocidio l’ex militare francese Jorik regala alla nipotina Maé un viaggio in Rwanda. Da anni Maé sogna di andare a vedere i gorilla che vivono sulle montagne del Rwanda, per Jorik e per Aline si tratta di un ritorno.


Nel 1990 Jorik era stato inviato in Rwanda dall’esercito francese, si era innamorato di Espérance, l’aveva sposata e dalla loro unione era nata Aline che lui aveva trasportato in Francia quando aveva solo tre anni, proprio durante l’infuriare della mattanza. Aveva salvato la bimba ma non la madre, l’amore della sua vita. E Aline non ricorda assolutamente nulla di quegli anni, della sua fuga nella foresta con la madre, dei cadaveri ammonticchiati ovunque. Ricorda, invece, come si era sentita in Normandia- lei, l’unica bambina di colore.

     Michel Bussi adotta l’espediente del diario di Espérance per raccontarci in prima persona quello che accadde a Kigali e in Rwanda dal 1990 in poi. Per Maé, a cui il nonno lo affida, il diario è importante- è la voce della nonna che le arriva dal passato e che le parla delle sue radici. Ma il diario è importante anche per altri che vogliono impadronirsene, certi che contenga pesanti accuse verso personaggi del governo e militari francesi responsabili di aver scatenato la caccia ai tutsi. Cercano il diario di Espérance e la scatola nera del Falcon che pensano Espérance abbia nascosto da qualche parte. E allora il passato raggiunge il presente, la vita di Jorik, Aline e Maé è in pericolo.


     Cento giorni. Erano bastati cento giorni, dal 6 aprile 1994 al 16 luglio 1994, per uccidere un milione di persone con machete, asce, lance. Dagli inizi del ‘900 nello sfruttamento coloniale i belgi  si erano appoggiati ai tutsi, alti, slanciati, di carnagione chiara, ritenuti più intelligenti e più adatti a gestire il potere, mentre agli hutu, piccoli, tozzi e di pelle scura, sembrava più congeniale l’agricoltura. I semi della rivalità erano stati gettati, così come l’inizio della persecuzione dei tutsi. Nel suo diario Espérance annota i segnali dell’aumentare del pericolo mentre si fa sempre più assillante la voce di odiosa propaganda di Radio Machete che istiga all’uccisione degli scarafaggi tutsi- tutto con il sostegno finanziario e militare della Francia. E gli hutu che si tengono in disparte sono considerati nemici da uccidere, alla stregua dei tutsi. Tutti scarafaggi.

    Mentre il diario che Maé legge inorridita ci lascia in sospeso sulla sorte finale della sua nonna in fuga con la mamma bambina, nel presente gli odii non sono ancora sopiti- la scena possente dello scontro dei gorilla sui monti Virunga è lo specchio degli scontri del passato e di quelli del presente.

gacaca

C’è pure uno sguardo sul futuro, con i tribunali popolari, i gacaca, che chiamano i genocidi a parlare, e sembra di ascoltare gli accusati del processo di Norimberga- nessun rimorso, hanno fatto quello che ci si aspettava da loro, la responsabilità di tutti quei morti è dei tutsi: se non fossero stati tanto arroganti, se non si fossero sentiti tanto superiori, agli hutu non sarebbe venuto in mente di ucciderli.

     Michel Bussi riesce a coniugare la Storia con il Romanzo- alcuni dei personaggi che appaiono nel libro corrispondono a quelli della realtà, gli altri sono frutto dell’invenzione creativa dello scrittore che, però, si attiene fedelmente ai fatti storici. Sono romanzi come questo che ci fanno vivere la Storia, che ci obbligano a ricordare e a sapere, che sollevano il velo sulle ‘ombre del mondo’.



   

 

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