giovedì 3 agosto 2023

Vaddey Ratner, “Musica dei fantasmi” ed. 2023

                                                      Voci da mondi diversi. Cambogia



Vaddey Ratner, “Musica dei fantasmi”

Ed. ObarraO, trad. Giulia Masperi, pagg. 408, Euro 19,50

 

   Una storia di sopravvivenza. Una storia di sopravvissuti.

 È così che Vaddey Ratner descrive i suoi due romanzi, “All’ombra del baniano”, pubblicato nel 2021 da ObarraO, e “Musica dei fantasmi”, appena uscito per la stessa casa editrice.

    Se “All’ombra del baniano” raccontava la dolorosa vicenda autobiografica della scrittrice stessa, fuggita con la madre dalla Cambogia nel 1979 dopo quattro anni di lavoro forzato nei campi (all’epoca aveva solo cinque anni e suo padre era stato la prima vittima dei Khmer Rossi in famiglia), “Musica dei fantasmi” è il libro del ritorno, ‘una storia di sopravvissuti’ che provano- come ci ha detto il nostro Primo Levi- il senso di colpa di tutti i sopravvissuti ad una immane tragedia, che si sforzano di riconciliarsi con il passato loro e del loro paese, che cercano di comprendere, di assimilare quello che è successo, senza mai dimenticare. Dimenticare è impossibile. Dimenticare significherebbe far morire i morti una seconda volta. E poi tutta la Cambogia parla, bisbiglia con la voce d’ombra dei fantasmi che non trovano pace. Il segreto sta nel trasformare queste voci in musica, in uno di quei canti suonati dal padre della protagonista, Teera, che ha accorciato il suo nome quando è arrivata in America, scampata con la zia al genocidio che aveva inghiottito suo padre, un noto musicista scomparso nel nulla, e sua madre che si era uccisa per il dolore dopo la morte del figlio più piccolo.


     Teera ritorna a Pnom Penh per espresso desiderio della zia che vuole che le sue ceneri vengano portate al tempio che ha fatto erigere in memoria. Forse non sarebbe mai tornata, se non le fosse stato affidato quel compito. Ormai trentasettenne, Teera ha paura del ritorno, teme i ricordi, teme i fantasmi del passato, teme l’incontro con ‘il vecchio musicista’ che così ha firmato una lettera che le ha mandato in cui dice di volerle consegnare gli strumenti musicali che suo padre gli ha affidato. Perché lui ha conosciuto suo padre.

     Inizia una storia parallela, quella del vecchio musicista che è poi la storia della Cambogia, di una rivoluzione utopistica che ha visto infrangersi il suo sogno di una società più equa nella violenza e nel sangue, nelle famigerate prigioni in cui i detenuti venivano torturati (il musicista Tun ne porta i segni nel corpo martoriato), e quella di Teera con i ricordi di un’infanzia finita troppo presto, quando il padre si era allontanato da casa nella notte del suo ottavo compleanno, e poi la seconda vita in America.

lo storico edificio bianco di cui si parla nel libro

     “Musica dei fantasmi” è un libro triste e tragico, triste per tutto quel dolore e quella sofferenza, doppiamente tragico perché è difficile trovare un senso in quel genocidio che ha fatto due milioni di morti su una popolazione di sette milioni. E tuttavia è un libro che conosce momenti di felicità, di speranza, di amore- per la bambina Teera che è fuggita quando ancora si chiamava Suteera, per la figlia adottiva di Tun che è stata uccisa, c’è il riscatto della presenza di un’altra bimba che è rimasta orfana per un atto di violenza dei nostri tempi ma che sarà ‘adottata’ da Teera e dall’uomo che ha appena incontrato nel monastero dove vive il vecchio musicista; alla storia d’amore contrastata e infelice di Tun fa da contrappunto quella di Teera che è anche un ricongiungimento con la sua terra e il suo passato.


    E infine veniamo a sapere ‘il segreto’ che angoscia il musicista Tun, quello degli ultimi giorni, delle ultime ore passate nella prigione con il padre di Teera. Aveva fatto la cosa giusta ubbidendo alla promessa che si erano fatti reciprocamente? È un quesito tormentoso che lo perseguita, la voce di un ennesimo fantasma che riecheggia nella sua mente, che si unisce a quella degli altri fantasmi che parlano, che si levano dalle risaie, che mormorano, parlando da un passato ancora più lontano e glorioso, tra le maestose rovine di Angkor con le gigantesche ed enigmatiche facce del Budda che ti guardano da ogni lato, che sembrano  sorridere per l’eternità senza essere scalfite dal tempo che passa e dalle tragedie passate e future.

    Un libro bellissimo, crudele e poetico (the terrible beauty della poesia di Yeats), inquietante e pacificatore. Assolutamente da leggere.

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