Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
spy-story
Graham Greene, “The human factor”
Ed. New Ed., pagg. 290, Euro 12,63,
formato Kindle 8,49
Una spy-story scritta da Graham Greene non è una banale spy-story. Non
c’è niente dell’atmosfera seduttiva e affascinante delle imprese di 007 o dei
libri di Le Carré. Già il titolo, “The human factor”, lascia intuire qualcosa
di diverso, quel fattore umano di cui la ‘vera’ spia non dovrebbe curarsi- e
infatti più di un personaggio del romanzo non se ne cura affatto e considera la
morte come un danno collaterale, un incidente di percorso se qualcuno muore per
sbaglio. Ma c’è Maurice Castle, il protagonista del romanzo. E Maurice Castle è
diverso.
La trama prende avvio piuttosto lentamente ed è anche abbastanza
prevedibile, ma Greene sa come tenere il lettore incollato alle sue pagine,
l’atmosfera di dubbio e di incertezza finisce per avvolgerlo e il dialogo è
superbo.
C’è una fuoriuscita di notizie dal settore dei Servizi in cui lavora
Maurice Castle con il collega più giovane, Davis. Siamo in piena Guerra Fredda,
il mondo è diviso in due blocchi, il Comunismo è il nemico numero Uno e
l’ambito di cui si occupano Castle e Davis è l’Africa. Maurice ha vissuto in
Sud Africa, ne odiava l’apartheid, è riuscito ad andarsene di là in maniera
avventurosa portando con sé la donna di colore che amava e il figlio di lei a
cui vuole bene come fosse suo.
Maurice si reca spesso a comprare dei libri in
una piccola libreria, acquista sempre due copie dello stesso volume- gli piace
discutere delle sue letture con un amico, ma chiunque abbia letto dei libri di
spionaggio pensa a messaggi in codice.
Oltre a Maurice, che ha superato l’età del pensionamento e che pensa
prima di tutto alla sicurezza della moglie e del figlio, e a Davis, giovane,
sventato e innamorato della segretaria (ma forse anche qualunque altra donna
gli andrebbe bene), c’è tutta una galleria di personaggi che hanno ben poco
delle spie dell’immaginario- Dinfrey, un animo tormentato quanto Castle, che
vorrebbe dare le dimissioni ma non riesce a decidersi, un capo che è incapace
di prendersi la responsabilità di decisioni estreme, l’odioso dottor Percival
che ‘non si aspettava’ che delle gocce da lui sciolte in un bicchiere d’alcol
avessero un effetto così prontamente letale.
È un mondo di uomini soli, quello che ci dipinge Graham Greene. Un mondo
fatto di silenzi perché i mariti non possono tornare a casa alla sera e parlare
con le mogli del loro lavoro, un mondo senza amici in cui anche i valori più
importanti sono ambigui. La gratitudine: fino a che punto ci si deve spingere
per gratitudine? Deve durare in eterno, la gratitudine? Che onere possiamo e
dobbiamo accettare per gratitudine? E la parola ‘tradimento’: non si finisce
forse per tradire sempre qualcuno o qualcosa? Tradire non è necessariamente il
contrario di essere leali. E poi c’è il fattore umano, l’elemento
imponderabile, quello che si tralascia di mettere in conto quando si programma
una strategia. Che peso ha, il fattore umano? Non lo stesso per tutti,
purtroppo, in qualunque circostanza.
Sono questi interrogativi che rendono sempre speciali, sempre validi,
sempre spunto di riflessioni tutti i romanzi di Graham Greene.
Ho trovato in casa una vecchia copia
in inglese (ereditata da una zia). Di certo è uno dei romanzi di Greene che la
casa editrice Sellerio riproporrà.
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