sabato 27 ottobre 2018

Tommy Wieringa, “La morte di Murat Idrissi” ed. 2018


                                            Vento del Nord
       i nostri tempi


Tommy Wieringa, “La morte di Murat Idrissi”
Ed. Iperborea, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, pagg.124, Euro 15,00

     Ilham. Thouraya. Murat Idrissi. Due ragazze e un ragazzo. Sono i protagonisti del breve e intenso romanzo dello scrittore olandese Tommy Wieringa. Il ragazzo è l’unico di cui conosciamo nome e cognome, forse perché è necessario per ricordarlo da morto. Peccato che Murat Idrissi non avrà nessuna tomba e nessuna lapide su cui scrivere il suo nome e il suo cognome. Sono tutti e tre marocchini (gli immigrati per eccellenza), le due ragazze, però, sono nate in Olanda: sono stati i loro genitori a percorrere il cammino della speranza, ad attraversare lo stretto di Gibilterra, a trapiantarsi in un paese straniero in cui sarebbero sempre stati stranieri guardati con sospetto e di cui avrebbero imparato una lingua di sopravvivenza. Di Murat Idrissi, prima che scompaia nascosto nel bagagliaio dell’auto noleggiata dalle ragazze, sappiamo che ha diciannove anni, occhi scuri, i denti rovinati, che spera di guadagnare trasportando carichi pesanti. Ilham e Thouraya sono andate in vacanza a fare un giro del Marocco, hanno incontrato per caso il ragazzo che le ha presentate a Murat Idrissi, che le ha assicurate che non c’era nessun pericolo a dargli un passaggio clandestino- quanti altri sono emigrati in questa maniera? Loro sono incerte, si lasciano convincere, dalla cifra che viene loro offerta, dalla compassione che provano, dal desiderio di dare ad un loro coetaneo una possibilità di quella vita diversa che loro hanno avuto. Soltanto che Murat Idrissi muore soffocato nel bagagliaio dell’auto, il ragazzo che ha fatto da tramite scompare, Ilham e Thouraya si ritrovano con un cadavere e senza soldi, 2460 km. davanti, fino a Rotterdam.

    Questo non è il primo romanzo di ‘viaggio con cadavere’ che leggiamo. Pensiamo a Faulkner, ai figli che trasportano il corpo della madre per essere sepolto a Jefferson in “Mentre morivo”, a “Ultimo giro” di Graham Swift, con gli amici che hanno promesso al morto di disperdere le sue ceneri in mare. E il tema doloroso e scottante dei migranti non è nuovo a Tommy Wieringa che ne ha già parlato in “Questi sono i nomi” (vincitore del Libris, il più alto riconoscimento letterario in Olanda). Anche “La morte di Murat Idrissi” è bello quanto “Questo sono i nomi”- più compatto, più pregnante nella sua brevità, più paradossalmente poetico mentre l’automobile avanza prima lungo la costa della Spagna meridionale, fitta di cittadine e di spiagge affollate, e poi nell’assolata, incandescente e arida Meseta. Paradossalmente poetico perché è ancora estate e di certo non c’è nulla di poetico nel tanfo crescente che invade l’automobile. Eppure questo è un contrasto altamente drammatico. Da una parte le ragazze- più bella, disinvolta al punto di essere sfrontata quella alla guida, più pavida e meno sicura di sé l’amica. Dall’altra parte il ragazzo nel bagagliaio. La vita che spera nel futuro e la morte che ha privato il ragazzo di un futuro che sperava migliore di quello che avrebbe avuto nella baraccopoli dove sua madre sembrava sua nonna. La ragazza che non si fa scrupoli di godere tra le braccia di un giovane che le ha avvicinate ad una sosta e di rubargli il portafoglio (con il pieno di benzina iniziale potrebbero fare solo 733 chilometri) e il ragazzo sempre più morto (sua madre non ne saprà mai nulla).

    E intanto, con brevi flash, apprendiamo come è stata e come è la vita delle due amiche in Olanda- è il paese in cui sono nate ma nessuno le considera olandesi e, tuttavia, non avevano riconosciuto il Marocco come ‘loro’, come terra di loro appartenenza. Sarebbero riuscite a distaccarsi dai modelli femminili che venivano loro imposti? A che prezzo? Sarebbe stato più facile per loro adeguarsi?
    “La morte di Murat Idrissi” è una storia possibile, una delle tante, delle troppe storie che non sappiamo. Quanti Murat Idrissi sono morti senza degna sepoltura, senza che noi ci commuovessimo (ma la pietà non è sufficiente) o facessimo qualcosa per impedire che il numero aumentasse?
    Da leggere.

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