sabato 6 ottobre 2018

Ben Pastor, “La notte delle stelle cadenti” ed. 2018


                                                   Casa Nostra. Qui Italia     
                                                                cento sfumature di giallo
                                                               seconda guerra mondiale




Ben Pastor, “La notte delle stelle cadenti”
Ed. Sellerio, trad. Luigi Sanvito, pagg. 539, Euro 15,00


      No, non poteva mancare. Non poteva mancare il capitolo cruciale dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 nel grande affresco storico della serie di romanzi di Ben Pastor che hanno per protagonista l’ufficiale della Wehrmacht Martin Bora, il personaggio che ormai non vive più solo sulla carta ma è diventato ‘vero’, un uomo di cui sappiamo quasi tutto (o crediamo di sapere quasi tutto, finché qualche altro dettaglio del suo passato o della sua vita famigliare non ci viene rivelato dalla scrittrice, o finché noi stessi non osserviamo i cambiamenti che la guerra ha provocato in lui). Ne “La notte delle stelle cadenti” Martin è richiamato a Berlino per i funerali di uno zio. Sono passati dieci mesi da quando Martin ha perso la mano sinistra in un attentato dei partigiani in Italia. Martin soffre per questa menomazione, soffre perché la moglie Benedikta lo ha lasciato, perché suo fratello Peter è morto in Russia, perché si sente responsabile della morte di un fratello che lo idolatrava e seguiva il suo esempio in tutto, perché pensa che forse sua madre Nina avrebbe preferito fosse stato lui, Martin, a morire. Soprattutto Martin soffre perché è un realista che non si fa illusioni- la Germania sta perdendo la guerra, è inutile nasconderselo, solo i fanatici possono credere altrimenti. Soffre perché è stato testimone delle colpe di cui i tedeschi si sono macchiati in Polonia e Russia e sa che un castigo terribile si abbatterà su di tutti loro.

     C’è un’atmosfera da temporale incipiente su Berlino, quando Martin atterra a Schönefeld, nubi di una tempesta che si avvicina e che non è solo atmosferica. Una frase ossessiona Martin, ricorre lungo tutto il romanzo, ‘le cose vanno a pezzi’, e  rispecchia in parole la minaccia del futuro che Martin avverte. Riconosciamo i versi della poesia “Il secondo Avvento” di Yeats, il poeta irlandese  che aveva vissuto il trauma della Grande Guerra e che profetizzava il massacro di un’altra guerra che non avrebbe visto (morì nel 1939): tutto si disgrega; il centro più non regge;/ pura anarchia si scatena per il mondo,/ la fiumana torbida di sangue si scatena, e ovunque/ è sommerso ogni rito di innocenza. In questo mondo che cade in pezzi e che ha perso l’innocenza, in una città disseminata di macerie che Martin fatica a riconoscere, lo zio di Martin si è suicidato (un suicidio forzato non è però un omicidio?), ma è di un’altra morte che Martin si dovrà occupare. Il cosìddetto Mago di Weimar, un veggente dai molti alias, è stato assassinato nella sua casa. Perché è stato chiamato proprio Martin per un caso in cui la vittima- non possiamo non notarlo- pareva avere facoltà di guardare nel futuro? Perché c’è dell’altro, nel futuro imminente, ci sono dei segnali che Martin coglie e che lo opprimono quanto la minaccia della tempesta. Ufficiali che, all’Hotel Adlon, parlano tra di loro, l’ex comandante di Martin in Russia che è sull’orlo di un crollo nervoso e supplica Martin di aiutarlo ad uscire dalla Germania, l’amico che Martin va a trovare in ospedale e che accenna, pure lui, a qualcosa.
Claus von Stauffenberg e la moglie Nina
  Finché Martin riesce a farsi ricevere dal suo doppio, da Claus von Stauffenberg, l’eroe di guerra che ha perso un occhio, una mano e due dita dell’altra. Bello questo incontro in cui l’alter ego di von Stauffenberg cerca di convincerlo della inopportunità dell’attentato in questo momento e con la modalità programmata. Non è necessario il Mago di Weimar per prevedere che finirà in un bagno di sangue (la fiumana torbida di sangue si scatena). Questa è Storia.
   La cupezza dell’ultimo anno di guerra, il soffio di morte che Martin sente sul collo, che rimbomba nello sferragliare del treno che porta le vacche al mattatoio e che ricorda a Martin quello di altri treni con il loro carico umano, è rischiarata da due figure femminili, dall’amore o dal desiderio o da quella forza vitale di cui parlava Shaw che in definitva salvano il mondo. Nina, la giovane madre di Martin, è ancora innamorata di un uomo, un giornalista, che non ha potuto sposare (sarebbe potuto essere lui il padre, o il patrigno, di Martin?) e Martin, dapprima restio nella sua cocciuta fedeltà al ricordo della moglie, riceve nella sua stanza una ragazza che ha incontrato nell’ospedale dove è ricoverato il suo amico. Mentre suona la sirena di un allarme aereo, mentre il mondo va in pezzi, Martin fa l’amore con Emmy. Più tardi rimpiangeranno, entrambi, di non aver ‘fatto’ un bambino.

    “La notte delle stelle cadenti” è uno dei più bei romanzi della serie del ‘nazista buono’. Con mille spunti di riflessione, citazioni che ci rimandano a possibilità di approfondimenti, con una storia dentro la Storia, con personaggi veri insieme a quelli fittizi che diventano altrettanto veri. E, nell’epilogo,  un’anticipazione del futuro dei vari personaggi. Ma che ne sarà di Martin? Abbiamo solo le ultime parole del suo diario, ‘sta arrivando la notte’.

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