lunedì 25 giugno 2018

Kenzaburō Ōe, “Il bambino scambiato” ed. 2013


                                              Voci da mondi diversi. Giappone   
                                                            premio Nobel
     il libro ritrovato


Kenzaburō Ōe, “Il bambino scambiato”
Ed. Garzanti, trad. Gianluca Coci, pagg 424, Euro 24,00
    
Titolo originale: Torikaeko (Chenjiringu)


    “In ogni caso, non permetti mai che il lettore dimentichi che l’autore del libro che tiene tra le mani è Chōkō Kogito. E questo vale per ogni tuo singolo romanzo. Perché tutta questa tua smania di presenziare così attivamente tra le pagine dei tuoi lavori? In fondo- non lo dico solo in senso negativo, non mi fraintendere- sei uno scrittore come tanti altri.”

     Kogito, un anziano e famoso scrittore giapponese, ha preso l’abitudine di ascoltare regolarmente i nastri delle audiocassette registrate per lui dall’amico e cognato Gorō che è un regista conosciuto in patria e all’estero: contengono ricordi, riflessioni, critiche, citazioni letterarie, osservazioni. La voce di Gorō si esprime in un lungo monologo che tuttavia Kogito non avverte come tale, perché a tratti ferma l’apparecchio, interviene come se l’amico fosse presente e potesse sentirlo: è un modo come un altro per restare in contatto, con questa vecchia apparecchiatura che ormai nessuno usa più e che richiede, per l’ascolto, l’uso di due grosse cuffie che a Kogito hanno sempre fatto pensare ai tagame, enormi scarabei d’acqua che catturava da bambino. E “Tagame” è rimasto il nome in codice tra Kogito e Gorō per parlare delle audiocassette.

Una sera il nastro che Kogito sta ascoltando termina sulle parole, “Per adesso non c’è altro. Sto per trasferirmi in un altro mondo”. Poi un tonfo. Dopo non molto la moglie di Kogito entra nella stanza per dirgli che suo fratello si è suicidato gettandosi nel vuoto da un tetto.
   
    Il romanzo di Kenzaburō Ōe (premio Nobel per la letteratura nel 1994) non ha un andamento lineare dopo questo inizio. Procede avanti e indietro nel tempo, perché la morte di Gorō porta inevitabilmente alla memoria il passato che hanno condiviso, mentre il tentativo di Kogito di staccarsi dalla ‘dipendenza’ del Tagame (quasi un’ossessione per lui, ormai) accettando l’invito di recarsi a Berlino, si conclude con un’ulteriore riavvicinamento all’amico che non solo passò del tempo nella stessa città, ma qui conobbe e si innamorò di una ragazza molto giovane (ne aveva parlato, infatti, nel Tagame). “Il bambino scambiato” è, fondamentalmente, un romanzo autobiografico: è facile anche per noi lettori occidentali riconoscere Kenzaburō Ōe nel personaggio a cui lo scrittore ha dato un nome che è un chiaro omaggio al Cogito ergo sum descartesiano, che ha un figlio disabile e che ha vinto il Nobel, e i giapponesi non fanno fatica a capire che sotto le spoglie di Gorō si nasconde il regista Juzo Itami, cognato di Kenzaburo e morto nel 1997 suicidandosi come Gorō.
D’altra parte una delle critiche che Gorō rivolge a Kogito è proprio questa, di non permettere mai, “in ogni singolo romanzo”, “che il lettore dimentichi che l’autore del libro che tiene tra le mani è Chōkō Kogito”. Sembra quasi che, nella dialettica tra i due personaggi, Kenzaburo Ōe voglia mostrare la sua consapevolezza di quello che i critici trovano a ridire sul suo stile “dissociato e disgregato”, sulla lettura che risulta “ostica” dei suoi romanzi. Perché, in effetti, è questa l’impressione che abbiamo a tratti, leggendo il romanzo che sembra non arrivare mai a quello che è il punto centrale: che cosa è successo la volta che i due amici si erano trovati insieme nel centro di addestramento di un ambiguo nazionalista che programmava una protesta contro il trattato di pace? Quando li aveva visti tornare a casa, la sorella di Gorō che adesso è moglie di Kogito aveva intuito subito che il fratello era profondamente cambiato. Questo tema del cambiamento viene rielaborato in tutta l’ultima parte del romanzo, collegato con una insolita variante tratta da un libro di racconti illustrati- la storia di una bimba rapita da dei folletti maligni e sostituita con una ‘controfigura’ di ghiaccio- e infine con l’attesa della nascita di un bambino che, pur non avendo nessun legame di sangue con Gorō, lo potrà, forse, sostituire.

      Ci si trova in soggezione nello scrivere di un autore universalmente acclamato e a cui è stato conferito il premio che è il massimo riconoscimento nel mondo della letteratura. Si procede con cautela nell’esprimere giudizi e, tuttavia, terminata la lettura de “Il bambino scambiato”, si resta con una certa insoddisfazione, come quando, dopo un lungo e faticoso cammino, si arriva ad una meta che non risponde alle nostre aspettative.

la recensione è stata pubblicata da www.wuz.it




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