martedì 8 ottobre 2024

Barbara Demick, “I mangiatori di Buddha. Vita e ribellione in una città del Tibet” ed. 2024

                           Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                               romanzo-saggio


Barbara Demick, “I mangiatori di Buddha. Vita e ribellione in una città del Tibet”

Ed. Iperborea, trad. Katia Bagnoli, pagg. 364, Euro 19,50

 

       Tibet. “Il tetto del mondo”, così chiamato per la sua altitudine media di 4900 metri sul livello del mare. Poco più di tre milioni gli abitanti. Una guida spirituale, il Dalai Lama in esilio in India dal 1959. Un vicino scomodo e, letteralmente, invadente- la Cina. Viene spontaneo chiedersi come può, un gigante come la Cina, reputare pericoloso un microbo come il Tibet, tanto da stroncarne non solo i desideri di indipendenza, ma anche da cercare di sradicare la sua cultura e la sua lingua?

    La scrittrice e giornalista americana Barbara Demick è riuscita a fare tre viaggi a Ngaba, la città che si trova dove l’altopiano tibetano si incontra con la Cina diventata nota dopo il numero di monaci che hanno scelto di darsi fuoco per protesta. Da questi viaggi, dai colloqui con gli abitanti sul posto e da quelli che ora vivono in città vicine o in Nepal, nasce il suo reportage che si legge come un romanzo corale. I personaggi che vi appaiono sono tutti veri anche se con altro nome su queste pagine. È un racconto appassionante della Storia del Tibet dal 1958 ai giorni nostri. In una canzone di Tashi Dhondup il 1958 si allinea con il 2008- il 1958 è ricordato come ‘l’anno più buio per il Tibet’, “l’anno in cui l’acerrimo nemico arrivò in Tibet”, e il 2008 come ‘l’anno in cui i tibetani innocenti sono stati torturati’. Nella memoria tibetana permane il terrore del 1958. Così come la parola Nakbà indica l’esodo palestinese del 1948, Shoah il genocidio ebraico, Holodomor il genocidio per fame perpetrato dal regime sovietico a danno della popolazione ucraina negli anni 1932-1933, il termine Ngabgay, cioè ‘58, allude ad una catastrofe così tremenda che solo una data può esprimerla. C’è anche un altro nome per indicarla e ci colpisce per la poesia contenuta nella parola: Dhulok, che significa “ quando il cielo e la terra si rovesciarono.”


    Gonpo, figlia dell’ultimo re Mei, è la prima ad apparire in queste pagine- di lei e della sua vita sapremo fino ai tempi recenti in cui, dopo essere andata in India per apprendere la sua lingua che aveva dimenticato, si ritrovò in pratica esiliata lì, a Dharamsala dove ha sede il governo tibetano in esilio e dove ha la sua residenza il Dalai Lama. Aveva sette anni, Gonpo, nel 1958. Non aveva capito il perché della fuga né che cosa stesse succedendo. Dieci anni dopo sarebbe stata mandata nello Xinjiang, l’equivalente della Siberia, ai lavori forzati.

  Delek, figlio del generale che cercò di fermare l’Armata Rossa. Quando i soldati dell’Armata Rossa arrivarono a Ngaba erano un esercito di affamati. Per caso si accorsero che le statuine del Buddha erano fatte di farina ed erano dolci e potevano essere mangiate- una profanazione.

 Tsegyam, l’aspirante poeta, un intellettuale che nel 1989, dopo i fatti di piazza Tienanmen, sarà arrestato per propaganda antirivoluzionaria.


   Seguiamo le vicende di questi personaggi e di altri ancora nel corso degli anni fino al fatale 16 marzo 2011 quando il monaco Phuntsog, di soli sedici anni, si diede fuoco, immolandosi per protesta contro il governo cinese in Tibet. Fu il primo di una serie, un anno dopo erano trenta i Tibetani che avevano commesso un atto di violenza contro se stessi, scegliendo la morte tra le fiamme.


Nel 2019 erano 156- quasi un’affermazione di obbedienza al costante invito a non usare la violenza contro gli invasori da parte del Dalai Lama che aveva ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1989. Nel suo esilio a Dharamsala il Dalai Lama, ormai guida spirituale del suo paese, dichiarava che considerava sua responsabilità preservare la loro cultura, la cultura della pace e della compassione.

    In parte saggio, in parte ricerca sul campo, in parte romanzo perché “I mangiatori di Buddha” si legge come un romanzo, tanto più affascinante perché sappiamo che sono veri i personaggi che vivono nelle sue pagine, il libro di Barbara Demick ci spalanca le porte sul tetto del mondo.



 

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