Voci da mondi diversi. Cina
cento sfumature di giallo
E’ l’entusiasmante settimana di Bookcity, a Milano. Una settimana di
incontri con gli scrittori, una settimana in cui i libri sono i grandi protagonisti.
Pregustavo il piacere di rivedere Qiu Xiaolong, lo scrittore cinese che vive da anni negli Stati Uniti- è sempre stimolante parlare dei
suoi personaggi con un autore, discutere con lui di che cosa si può leggere ‘dietro’ le parole
stampate.
Ho letto tutti i romanzi con Chen Cao come protagonista e aspetto sempre
con ansia di leggere di una sua nuova indagine. Sbaglio o è vero che ogni Suo
libro è sempre più politicamente impegnato?
Ha ragione. Perché sono sempre più deluso da come si sta trasformando la
Cina. Chen Cao in passato era più ottimista e credeva che la Cina, nei primi
anni ‘90, si stesse muovendo nella giusta direzione, ma i problemi sono sempre
più numerosi e Chen Cao non sa più se quella sia la direzione giusta. La
Costituzione è cambiata, c’è un giro di vite nel paese.
Faccio un esempio che
mi riguarda. Scrivo articoli in cinese per un giornale cinese ma, di recente,
un paio di settimane fa, ho ricevuto una mail dal direttore del giornale che mi
comunicava che ci sono nuove regole dall’alto: non si può pubblicare niente che
riguardi la Rivoluzione Culturale. Mi è capitato di accennarvi ma non ho mai
detto espresso nessun giudizio. Ecco, nell’ambito politico la situazione in
Cina sta peggiorando.
Questa era proprio la seconda domanda che volevo farLe: come è adesso la
censura in Cina, ufficialmente e non ufficialmente?
Anche riguardo a questo farò un esempio. In Cina usiamo Wechat, analogo
al vostro Whatsapp. Avevo scritto un articolo citando versi di Yeats
sull’Easter Rising in Irlanda- pensavo fosse un’allusione intelligente. Quando
l’articolo fu pubblicato, l’ho messo su Wechat. Pochi giorni dopo sono stati
messi al bando gli articoli con citazioni di Yeats e il mio pezzo era già stato
fatto sparire da Wechat (Mr.Qiu mi mostra
sullo schermo del cellulare la pagina con un grosso punto esclamativo rosso
dove prima c’era il suo articolo).
Nonostante non lo ammettano, gli scrittori che vivono in Cina non sono
dunque liberi di scrivere tutto quello che vogliono?
Non lo dicono apertamente, ma la censura c’è, anche se gli scrittori che
vivono in Cina si difendono dicendo che una certa forma di censura c’è in
qualunque paese. E sì, siamo noi espatriati che siamo liberi di parlare e non è
giusto che io dica qualcosa sugli scrittori che vivono là. Per me è facile, per
loro no. In Cina c’è un’Associazione degli Scrittori a cui bisogna essere
iscritti se si è uno scrittore- è dall’Associazione che gli scrittori ricevono
lo stipendio. Quindi devono seguire le direttive se vogliono essere
pagati.
Sono pubblicati i suoi libri, in Cina?
Alcuni, ma non tutti. I primi tre e
la raccolta di racconti. Ma le traduzioni cinesi- che non sono io a fare- sono
un buon esempio di censura. I miei romanzi sono ambientati a Shanghai- la
traduzione cinese non parla di Shanghai che diventa la città H. Così vengono
cambiati anche i nomi delle strade e dei ristoranti.
Sarebbe possibile comprarli in inglese in Cina?
Le vengono poste difficoltà d’ingresso, quando ritorna in Cina?
Devo chiedere il visto ma no, non ho problemi. E’ sufficiente che non
dichiari di essere uno scrittore o un giornalista. Basta che dica che sono un
insegnante e va tutto bene. Probabile che sappiano, ma fanno finta di no.
Nel suo libro c’è una frase a cui continuo a pensare. Shanshan parla
dell’inquinamento della mente, più grave ancora dell’inquinamento atmosferico.
Può spiegarmi meglio?
L’inquinamento dell’aria e dell’acqua ha molto a che fare con le
autorità pubbliche, si può dire che molte persone contribuiscono in maniera
irresponsabile con l’accordo del regime del Partito. Una volta il nostro paese
seguiva in maniera quasi compatta l’insegnamento etico di Confucio: Confucio
stabilisce chiaramente quello che puoi fare e quello che non puoi fare. E i
Cinesi seguivano questi principi etici. Oggi si può fare qualunque cosa. Non
c’è una discussione ideologica- la gente fa questa cose in maniera
irresponsabile a spese dell’ambiente. A nessuno importa, a nessuno interessa.
Quello che importa è l’interesse personale. Questo è l’inquinamento della mente.
Il dire ‘intanto lo fanno tutti’. E’ la cultura del successo- se non riesci ad
arricchirti, sei un fallito.
La Rivoluzione Culturale, l’estrema povertà, le durezze, le morti,
seguite poi da un’improvvisa e incredibile ripresa ed un balzo in avanti, sono
forse responsabili di questo atteggiamento di oggi?
Ha ragione: l’improvviso balzo in avanti dell’economia ha a che fare con
questo. La gente credeva nel confucianesimo, poi, nel secolo XX, nel comunismo
o nel maoismo. La gente credeva in qualcosa, insomma. Mao provocò dei disastri
ma la gente credeva in lui. Dopo seguì la disillusione. Dopo il 1989 le persone
diventarono ciniche. Il pensiero comune era- ‘oggi io vivo bene, non mi importa
del domani’. Era un’assenza totale di un qualunque credo. Anche i funzionari
del partito che aderivano a parole ai dettami del partito, in privato non
credevano a nulla. La corruzione è dilagante in Cina, ma la gente la dà per
scontata.
Questo non è solo un fenomeno cinese, però. Anche in Italia c’è molta
corruzione e la tendenza a pensare, ‘lo fanno tutti’.
Sì, ma c’è una differenza. In Italia avete un partito di opposizione,
c’è una possibilità di cambiamento. In Cina c’è un solo partito e tutti i media
sono controllati da questo partito. La maggior parte dei membri sono corrotti.
Un altro esempio.
Tre settimane fa, il capo
dell’Interpol i cui quartieri generali hanno sede a Lione in Francia, vice
ministro della Pubblica Sicurezza, è scomparso. Fonti ufficiali cinesi hanno
dichiarato che Meng Hongwei è un funzionario corrotto ed è trattenuto in Cina
per indagini. A tutt’oggi non se ne sa nulla. E’ probabile che avesse scoperto
qualcosa che poteva danneggiare qualcuno in alto loco e lo abbiano tolto di
mezzo. Sua moglie è stata minacciata ed attualmente è stata messa in un luogo
sicuro dalla polizia francese- corre il rischio di essere uccisa.
Meng Hongwei |
Un dettaglio del romanzo mi ha incuriosito: è vero che sono in vendita,
provenienti dal Canada, delle lattine di aria fresca? O è un paradosso?
No, no, è vero. Sono proprio delle
lattine da cui si può inalare aria fresca. Sono per chi ha i soldi per questo
genere di cose. Ti senti soffocare, apri la lattina e bevi qualche sorsata di
aria pulita…
Le cifre che Lei cita, di morti annuali per tumore ai polmoni, sono molto
alte: che cosa fa il Governo? Il Ministero della Salute propone qualche legge?
Ad essere sinceri il governo voleva fare qualcosa, è contro il loro
interesse che l’inquinamento continui. La realtà è che possiamo anche avere
delle norme ma alla gente non interessa. E neppure al governo interessa più che
tanto. Tranne quando c’è qualche evento importante, allora si emana l’ordine
che vengano chiuse le fabbriche, si fermi il traffico e…miracolo, il cielo
diventa blu. Perché non può essere così sempre? Perché il costo economico
sarebbe troppo alto. Ad ogni modo si potrebbe fare qualcosa di più. La
giustificazione per il Governo è che l’economia va bene, niente altro importa.
Se controllassero l’inquinamento, l’economia ne risentirebbe.
Chen Cao è sempre più solo. Rappresenta, in qualche maniera, la
solitudine di ogni cinese, smarrito nel nuovo mondo che ha sostituito quello
vecchio così rapidamente?
Ha ragione. Chen Cao è sempre più solo e sempre più frustrato. Aveva
degli amici, una certa vita sociale. Adesso, però, le cose sono cambiate, le
persone non si ritrovano più insieme. In passato c’era chi amava la letteratura
e la poesia, adesso sono tutti occupati a fare soldi. Chen Cao è frustrato e
politicamente isolato.
Chen Cao è un uomo molto colto. Ce lo dicono le citazioni di poesie
cinesi che ci ha insegnato ad amare, quelle di T.S.Eliot e, ne “L’ultimo
respiro del drago”, anche di Milan Kundera. La sua ampia cultura è
un’eccezione? Si riescono a trovare le traduzioni in cinese della letteratura
occidentale, di libri come “L’insostenibile leggerezza dell’essere”?
Non direi che è un’eccezione ma il numero di persone che ha una cultura
e degli interessi come i suoi non è alto. Dopo la Rivoluzione Culturale ci fu
un periodo aperto durante il quale moltissimi libri stranieri furono tradotti
in cinese, anche perché la censura era meno pesante nei riguardi delle opere
straniere- Kundera non faceva paura a nessuno.
Ha già pensato ad una possibile ‘fine’ per il suo amatissimo personaggio?
Sarebbe una sorta di ‘play within the play’ scespiriano?
Esattamente- mi interessava sperimentare
qualcosa di nuovo, sarà intrigante.
Però non ha risposto alla mia domanda: ha pensato a come dovrà finire,
prima o poi, il suo personaggio?
Anche un giornalista cinese me lo ha chiesto: come è riuscito Chen Cao a
risolvere tanti casi senza farsi ammazzare? La sua fine sarà così- o sarà messo
a tacere o sarà ucciso. Ma c’è ancora tempo.
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