sabato 3 ottobre 2015

Richard Flanagan, “La strada stretta verso il profondo Nord” ed. 2015

                                                                  Voci da mondi diversi. Australia
         seconda guerra mondiale
         FRESCO DI LETTURA 


Richard Flanagan, “La strada stretta verso il profondo Nord”
Ed. Bompiani, trad. Elena Malanga, pagg. 502, Euro 20,00



        Dorrigo Evans. Al campo lo chiamavano il Grande Uomo. Il Grande Uomo con pantaloncini laceri tenuti su alla bell’e meglio, con in testa il cappellaccio che tutti loro avevano- residuo della vecchia dignità-, al collo uno straccio rosso, il sarong fatto a pezzi dell’uomo che aveva visto seduto sulla riva di un corso d’acqua, prima in dignitosa attesa della morte, poi cadavere. Il Grande Uomo desiderava poter morire con la stessa dignità. Era l’ufficiale medico preso prigioniero dai giapponesi insieme ad altri soldati australiani e deportato a lavorare forzatamente alla costruzione della linea ferroviaria che doveva unire il Siam (come si chiamava allora la Thailandia) alla Birmania per permettere l’invasione dell’India via terra. Una ferrovia impossibile, secondo gli inglesi. Niente di quello che comandava l’Imperatore del Giappone era impossibile. Era questione di volontà.
la Ferrovia della Morte
E i prigionieri, disonorati dal fatto stesso di essersi lasciati prendere prigionieri, dovevano essere orgogliosi di potersi riscattare lavorando per il figlio della dea del Sole. Felici di morire per un imperatore che era un dio lui stesso. Ogni giorno Dorrigo Evans combatteva contro la morte, era responsabile dei suoi uomini che dovevano realizzare un’opera titanica con strumenti inadeguati nell’inferno della foresta. Alloggiati in un campo dalle condizioni igieniche spaventose, sempre affamati, decimati a poco a poco dalle malattie- pellagra, beriberi, malaria, ulcerazioni che lasciavano l’osso nudo, dissenteria cronica. Sotto la pioggia incessante dei monsoni. Sotto le sferzate delle canne di bambù per ogni minima effrazione, vera o presunta.
    Il padre di Richarda Flanagan, lo scrittore australiano autore di “La strada stretta verso il profondo Nord”- un libro bellissimo, di una bellezza terribile- era uno di quei prigionieri, uno dei pochi sopravvissuti.
il padre di Richard Flanagan
Il nucleo del romanzo è la storia di quegli anni di guerra vissuti dal protagonista nel campo di prigionia, ma questa è solo una delle narrative del libro, costruito su diversi strati temporali. Inizia in un tempo presente con Dorrigo Evans anziano ma sempre imponente- un leone, un’autorità, un leader- che passa la notte in un albergo con una donna. E’ un donnaiolo, Dorrigo, ma non per vocazione o per vizio. C’è nel suo passato- una terza narrativa- una storia d’amore che doveva restare segreta. Lei si chiamava Amy- Amy, amie, amour, gli aveva detto lei. Dorrigo l’aveva creduta morta e, al ritorno dalla prigionia, aveva sposato la fidanzata ‘per bene’, adeguata alla figura pubblica che lui era diventato, all’eroe di guerra, al chirurgo dalle mani d’oro. Per poi cercare avventure di passaggio, un poco di sesso e via.
    E’ difficile dare l’idea della grandiosità di questo romanzo, ricco di storie e di personaggi, puntellato dai versi incisivi degli haiku che contengono l’essenza della vita nella stringatezza di poche parole e da quelli della poesia “Ulysses” di Tennyson che riecheggia nella mente di Dorrigo. Ulisse come figura emblematica, sempre in cerca di nuove conoscenze, legato ai suoi compagni da un vincolo fatto di lotte affrontate insieme, da un tipo di amore diverso e forse più forte di quello per qualsiasi donna. Come Ulisse, anche Dorrigo non ritornerà dalla sua Penelope appena libero. Indugerà, si occuperà dei reduci, troverà altro da fare. Ma- come ci domandiamo sempre- si ritorna poi veramente da una guerra?
il cimitero di Kanchanaburi per le vittime della Ferrovia della Morte
Possiamo indicarla come una quarta narrativa, quella del ‘dopo-guerra’ dei prigionieri sopravvissuti e dei giapponesi che li hanno angariati e torturati e hanno ucciso i loro compagni. Quella che ci racconta di Jack Rainbow che obbligava i suoi figli a piegare gli abiti verso l’esterno come imponevano i giapponesi (a uno di loro un dettaglio così stupido era costato la vita) e quella che ci parla del maggiore Nakamura che si nasconde per non essere incriminato dagli americani, che lotta contro i ricordi di quello che aveva fatto come comandante del campo, autogiustificandosi con l’obbedienza all’Imperatore che incarnava lo spirito del Giappone, o del colonnello Kota che non ha pentimenti, o del coreano inviso a tutti i prigionieri che non capisce proprio perché debba essere impiccato, lui che neppure era fedele al figlio della dea Sole, che era stato arruolato quasi per caso.
memoriali nel cimitero di Kanchanaburi
      ‘Gli anni e i mesi sorgono e tramontano’, la storia dell’umanità è una storia di violenza e che cosa è rimasto di tutto quello sforzo, di quella sofferenza indicibile, di quello spreco di vite? ‘Rimane solo erba di quella rovina’, resta l’idea della bontà umana- è questo il ricordo che Dorrigo e i reduci tesorizzano. Della solidarietà, del boccone tolto di bocca e dato al compagno per farlo avanzare ancora di un passo, dell’amico che come una madre ripulisce il compagno coperto di merda, che incoraggia e consola. E ‘la memoria è la vera giustizia’.
     Vincitore del Man Booker Prize 2014, “La strada stretta verso il profondo Nord” è un libro imperdibile. La nostra vita sarebbe diminuita senza la lettura di questo magnifico romanzo.




     

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