martedì 22 luglio 2025

Valerio Aiolli, “Portofino blues” ed. 2025

                                                                  Cento sfumature di giallo

   Casa Nostra. Qui Italia

Valerio Aiolli, “Portofino blues”

Ed. Voland, pagg. 368, Euro 19,00

 

   La maggior parte dei lettori non giovanissimi ricorderà il caso della contessa Francesca Vacca Agusta, scomparsa l’8 gennaio del 2001. Avevano trovato le sue pantofole sulle rocce della scogliera su cui si affacciava Villa Altachiara, a Portofino, e poi anche il suo accappatoio bianco. Il corpo sarebbe stato ritrovato una ventina di giorni più tardi, le correnti lo avevano trascinato fino ad una baia della Costa Azzurra. Lasciava un patrimonio enorme, sei testamenti su cui gli eredi si sarebbero accapigliati, un compagno che forse era un ex compagno ma che viveva in una specie di dependance nel giardino della villa, un amante in carica (un messicano che avrebbe dovuto sposare a giorni), un’amica che le stava sempre vicino.

Era scivolata ed era caduta, in quella notte invernale? Forse, visto la quantità di alcol che era solita bere, oltre alla cocaina di cui non poteva fare a meno. Si era suicidata? Sembrava poco probabile, anche se era soggetta a crisi depressive. Qualcuno l’aveva spinta?


    Valerio Aiolli ricostruisce il caso, mettendo insieme le tessere del puzzle. Al centro c’è lei, l’inquieta ex commessa che aveva sposato il conte Corrado Agusta, industriale e costruttore di elicotteri, da cui si era separata nel 1984. Intorno a lei una miriade di figure, tutto il jet set e l’ambiente politico degli anni ‘80- il suo nuovo compagno, Maurizio Raggi, giovane ristoratore di Portofino, era legato a Bettino Craxi e al PSI e aveva coinvolto la contessa in questo sodalizio. Anche Francesca Vacca Agusta finì nel mirino di ‘Mani Pulite’, sospettata di aver contribuito al trasporto all’estero dei beni del leader socialista. Non soltanto uomini politici ma anche personaggi del mondo dello spettacolo, teste coronate di regnanti ed ex regnanti, tutti quelli che potevano contare su grandi ricchezze e per cui la vita era passare da un divertimento all’altro, in una continua ricerca di novità e di piaceri più o meno proibiti, rivivono in queste pagine che descrivono un lusso ed uno spreco inimmaginabili per la gente comune. C’è anche altro, però, nella ricostruzione del caso della contessa Agusta. Perché, ricordiamoci che il suo titolo le veniva dal conte Corrado Agusta da lei sposato nel 1974. Ed è un’altra Italia ancora, quella in cui si muove Corrado Agusta, figlio dell’imprenditore areonautico Giovanni. È l’Italia uscita dalla guerra che sogna in grande, che lavora sodo, e la Agusta s.p.a,, dopo essersi riversata sulla costruzione di barche, autobus e motociclette a causa delle restrizioni imposte dalle clausole del trattato di pace, nel 1950 si libra in alto con gli elicotteri. Neppure qui mancarono difficoltà, accuse di corruzione in cui fu implicato anche il principe Vittorio Emanuele.


     Corrado e Francesca si separarono negli anni ‘80, ma non divorziarono mai. Eppure, nonostante avesse il mondo ai suoi piedi, non era felice, Francesca Vacca Agusta. Era sempre alla rincorsa di qualcosa che le sfuggiva non appena sembrava l’avesse raggiunta. Un aereo privato la portava a fare shopping in giornata a Londra, e poi Londra era forse troppo vicina, e allora, Miami, la Tunisia, Acapulco. Sempre inquieta, sempre trasgressiva, consapevole che la giovinezza era già alle sue spalle anche se si illudeva che non fosse così perché la chirurgia estetica e gli amanti molto più giovani riuscivano a ingannarla.

     È come se Valerio Aiolli avesse in mano una cinepresa e la spostasse per riprendere i diversi personaggi della cerchia della contessa Agusta, mettendo a fuoco lei attraverso le loro parole e i loro comportamenti, sforzandosi di capire, di arrivare ad una soluzione di un caso ambiguo la cui soluzione ufficiale forse non è pienamente soddisfacente. E allora “Portofino blues” è, come dice il titolo, un noir triste nonostante l’apparente luccichio, un noir che coinvolge una donna, prima di tutto, ma anche il tipo di società che la circonda.



 

sabato 12 luglio 2025

Katrine Engberg, “Il tempo della fine” ed. 2025

                                                                          vento del Nord

     cento sfumature di giallo

Katrine Engberg, “Il tempo della fine”

Ed. Marsilio, trad. Claudia Valeria Letizia, pagg. 422, Euro 20,00

 

  È febbraio quando un giovane uomo si uccide gettandosi sotto un treno in corsa. Si chiamava Daniel Leon.

  La trama incomincia a scorrere a settembre, a Copenhagen. Liv Jensen ha lasciato il suo impiego in polizia e adesso lavora come investigatrice privata- risolvere misteri è la sua passione. Ed è proprio il suo ex capo della Squadra Omicidi che le chiede aiuto per risolvere un caso vecchio di tre anni prima quando un noto giornalista è stato ucciso nella sua casa. Era cresciuto nel Nord della Danimarca dove viveva ancora suo fratello, un allevatore di maiali. La loro famiglia abitava in una grande fattoria che il giornalista avrebbe voluto trasformare in un museo, contro il parere del fratello. L’aveva spuntata il fratello, la fattoria era stata venduta ed era stata trasformata in una distilleria di whisky.

   Anche Liv abitava nel Nord e, tornando a Copenhagen, ha trovato un miniappartamento in affitto presso la famiglia Leon, sì proprio i Leon di quel Daniel che è morto lasciando un padre malato e anziano e una sorella gemella. Daniel era stato accusato di aver ucciso la moglie che lo aveva lasciato e, prima del suo suicidio, era stato per anni ricoverato in una struttura per malati mentali.


     Un altro personaggio ancora deve essere introdotto, un rifugiato iraniano che ha un’autofficina nel cortile della casa dei Leon. È un uomo con un certo fascino che vive in un barcone ed è specializzato nella riparazione di auto d’epoca. Quando viene trovata morta una donna che gli ha portato a revisionare la sua Mini 1000, è lui il primo ad essere sospettato, perché è l’ultima persona ad averla vista viva e perché anni prima aveva avuto una relazione con lei. È un uomo che ha sofferto molto, che ha ricordi della fuga tra le montagne, che sa benissimo come vengano torturati i prigionieri nelle carceri dell’Ayatollah- come è stato torturato suo padre-, c’è un filo invisibile che lo collega alla sorte dei nonni di Hannah e Daniel Leon che viene raccontata in intermezzi ambientati nel 1943, in piena guerra mondiale.

    Leon- un cognome che dovrebbe anticiparvi almeno una parte della loro storia. È una storia di particolare interesse perché rivela dei segreti di una Storia più ampia. Nell’algida Danimarca, che pensavamo fosse neutrale durante la guerra, c’erano dei bunker tedeschi costruiti lungo la sua costa settentrionale, così come c’erano navi tedesche che intercettavano le imbarcazioni degli ebrei che avevano investito i loro risparmi per pagarsi la fuga verso le coste della Svezia, verso la libertà.


Ma come il filone di questa storia di famiglia si intrecci con quelle del nostro tempo, con la scia di omicidi che in apparenza sono scollegati tra di loro, è una sorpresa intrigante che getta un'ombra oscura su persone e istituzioni.

    “Il tempo della fine” è il primo di una serie di libri che hanno Liz Jensen per protagonista e aspettiamo quelli seguenti per mettere a fuoco una investigatrice di cui sappiamo poco, di cui solo alcuni tratti vengono accennati e molti sono accennati. Piccola di statura, individualista, una compagna con cui ha un rapporto forse in crisi, un piccolo segreto sul perché abbia lasciato il corpo di polizia. Vorremmo conoscerla meglio, almeno come conosciamo il paesaggio del nord della Danimarca, brullo e spazzato dal vento, sotto un cielo basso e infinito.

    Parlando del suo libro la scrittrice ha detto che è in parte la storia della sua famiglia quella che ha raccontato nel romanzo. L’idea le è venuta quando sua madre le ha consegnato un rapporto della polizia svedese, datato 6 ottobre 1942, su una coppia di ebrei che avevano attraversato lo stretto di Øresund nascosti su di un peschereccio. Erano i suoi nonni in fuga dal nazismo e la nonna era incinta di suo padre.


 

   

 

 

    

mercoledì 2 luglio 2025

Chiara Valerio, “La fila alle poste” ed. 2025

                                                                         Casa Nostra. Qui Italia

       cento sfumature di giallo

Chiara Valerio, “La fila alle poste”

Ed. Sellerio, pagg. 366, Euro 16,00

    Chiara Valerio ritorna a Scauri nel romanzo che è ‘quasi’ un seguito di “Chi dice e chi tace”. ‘Quasi’ perché non è propriamente un seguito delle vicende del libro precedente e non è Chiara Valerio che ritorna a Scauri, sono i suoi personaggi che non si sono mai mossi da Scauri, la piccola città di mare tra Roma e Napoli. E così li ritroviamo tutti, l’avvocato Lea Russo con le due figlie e il marito, Mara che era stata la compagna di Vittoria, Filomena e Mimmo e l’avvocato che era stato il marito di Vittoria e Rebecca e anche il gatto dal nome improbabile di Gallina nera e altri ancora che non ricordavamo o non avevamo conosciuto.

Perché, nonostante l’io narrante sia sempre Lea, i due protagonisti sono altri- sono Scauri stessa, da cui ci si allontana e a cui si ritorna, e Vittoria, morta ormai da tre anni, presente assente, indimenticabile Vittoria, punto di paragone, Vittoria che non finisce di stupire, di cui tuttora si scoprono segreti, da parte della quale viene recapitato un regalo- adesso, dopo tre anni- a Lea.


    Succede così nelle piccole città che sono poco più che grandi paesi- volete sapere le novità, i pettegolezzi, i fatti degli altri? Mettetevi in fila allo sportello delle poste e, nell’attesa, c’è poco che resti nascosto, verrete a conoscere sia quello che volete sapere e sia quello che preferireste non sapere affatto.

È la fine di novembre. Scauri ha quell’aria un po’ grigia e abbandonata che hanno tutti i paesi di mare sul far dell’inverno. Succede una cosa strana, a Scauri, ne parlano tutti quelli che sono in fila alle poste- c’è qualcuno che ruba le vongole che, da che mondo è mondo, vengono messe a spurgare lungo la spiaggia, la ridda di supposizioni su chi sia il colpevole si incrocia.


E poi c’è ben altro, c’è una notizia sconvolgente e drammatica, un altro colpevole su cui puntare il dito. Una bambina è stata ammazzata. Tutto sembra indicare che sia stata la mamma ad ucciderla, però non si trova l’oggetto con cui è stata colpita. La piccola Agata era nata con il forcipe e ne aveva derivato danni permanenti. Il padre della bambina si era rivolto a Lea perché prendesse la difesa della moglie, ma erano intervenuti anche due avvocati di Roma.

    Sono queste le due esili tracce lungo le quali si svolge il romanzo. Sono come due indagini dal peso diverso che danno modo di scoprire verità nascoste e insospettate, e a queste però si aggiunge un’altra indagine interiore che ha a che fare con i sentimenti e con le pulsioni amorose. L’attrazione che Lea provava per Vittoria non è mai finita, è quasi un’ossessione dentro di lei, la spinge a porsi delle domande sul suo rapporto (molto felice peraltro) con il marito, un uomo quasi incredibilmente buono, intelligente e comprensivo, la porta ad avvicinarsi a Rebecca che era stata compagna, pure lei, di Vittoria. È come se Vittoria, così sicura di sé, così spavalda, così incurante del giudizio altrui, avesse dato coraggio ad altri che avevano vissuto amori considerati proibiti e che ora riescono a parlarne e a viverli sotto un’altra luce.

    Il passo della narrazione è diverso da quello di “Chi dice e chi tace” dove ci si aggirava in un perimetro più circoscritto di vicende e di sentimenti. Qui è come se camminassimo per le vie di Scauri, perdessimo la strada e ci avviassimo in un’altra direzione e, nel camminare, incontrassimo altre persone e facessimo altre esperienze e le paragonassimo a quelle già vissute.