Cento sfumature di giallo
Casa Nostra. Qui Italia
Valerio Aiolli, “Portofino blues”
Ed.
Voland, pagg. 368, Euro 19,00
La maggior parte dei lettori non
giovanissimi ricorderà il caso della contessa Francesca Vacca Agusta, scomparsa
l’8 gennaio del 2001. Avevano trovato le sue pantofole sulle rocce della
scogliera su cui si affacciava Villa Altachiara, a Portofino, e poi anche il
suo accappatoio bianco. Il corpo sarebbe stato ritrovato una ventina di giorni
più tardi, le correnti lo avevano trascinato fino ad una baia della Costa
Azzurra. Lasciava un patrimonio enorme, sei testamenti su cui gli eredi si
sarebbero accapigliati, un compagno che forse era un ex compagno ma che viveva
in una specie di dependance nel giardino della villa, un amante in carica (un
messicano che avrebbe dovuto sposare a giorni), un’amica che le stava sempre
vicino.
Era scivolata ed era caduta, in quella notte invernale? Forse, visto la quantità di alcol che era solita bere, oltre alla cocaina di cui non poteva fare a meno. Si era suicidata? Sembrava poco probabile, anche se era soggetta a crisi depressive. Qualcuno l’aveva spinta?
Valerio Aiolli ricostruisce il caso, mettendo insieme le tessere del puzzle. Al centro c’è lei, l’inquieta ex commessa che aveva sposato il conte Corrado Agusta, industriale e costruttore di elicotteri, da cui si era separata nel 1984. Intorno a lei una miriade di figure, tutto il jet set e l’ambiente politico degli anni ‘80- il suo nuovo compagno, Maurizio Raggi, giovane ristoratore di Portofino, era legato a Bettino Craxi e al PSI e aveva coinvolto la contessa in questo sodalizio. Anche Francesca Vacca Agusta finì nel mirino di ‘Mani Pulite’, sospettata di aver contribuito al trasporto all’estero dei beni del leader socialista. Non soltanto uomini politici ma anche personaggi del mondo dello spettacolo, teste coronate di regnanti ed ex regnanti, tutti quelli che potevano contare su grandi ricchezze e per cui la vita era passare da un divertimento all’altro, in una continua ricerca di novità e di piaceri più o meno proibiti, rivivono in queste pagine che descrivono un lusso ed uno spreco inimmaginabili per la gente comune. C’è anche altro, però, nella ricostruzione del caso della contessa Agusta. Perché, ricordiamoci che il suo titolo le veniva dal conte Corrado Agusta da lei sposato nel 1974. Ed è un’altra Italia ancora, quella in cui si muove Corrado Agusta, figlio dell’imprenditore areonautico Giovanni. È l’Italia uscita dalla guerra che sogna in grande, che lavora sodo, e la Agusta s.p.a,, dopo essersi riversata sulla costruzione di barche, autobus e motociclette a causa delle restrizioni imposte dalle clausole del trattato di pace, nel 1950 si libra in alto con gli elicotteri. Neppure qui mancarono difficoltà, accuse di corruzione in cui fu implicato anche il principe Vittorio Emanuele.
Corrado e Francesca si separarono negli
anni ‘80, ma non divorziarono mai. Eppure, nonostante avesse il mondo ai suoi
piedi, non era felice, Francesca Vacca Agusta. Era sempre alla rincorsa di
qualcosa che le sfuggiva non appena sembrava l’avesse raggiunta. Un aereo
privato la portava a fare shopping in giornata a Londra, e poi Londra era forse
troppo vicina, e allora, Miami, la Tunisia, Acapulco. Sempre inquieta, sempre
trasgressiva, consapevole che la giovinezza era già alle sue spalle anche se si
illudeva che non fosse così perché la chirurgia estetica e gli amanti molto più
giovani riuscivano a ingannarla.
È come se Valerio Aiolli avesse in mano
una cinepresa e la spostasse per riprendere i diversi personaggi della cerchia
della contessa Agusta, mettendo a fuoco lei attraverso le loro parole e i loro
comportamenti, sforzandosi di capire, di arrivare ad una soluzione di un caso
ambiguo la cui soluzione ufficiale forse non è pienamente soddisfacente. E
allora “Portofino blues” è, come dice il titolo, un noir triste nonostante
l’apparente luccichio, un noir che coinvolge una donna, prima di tutto, ma
anche il tipo di società che la circonda.