Voci da mondi diversi. Romania
Ed. elliot, trad. Luisa Valmarin, pagg. 389, Euro 18,50
Non
rimarranno chiusi nel cassetto gli applausi per il primo romanzo di Ana
Blandiana, la poetessa rumena che scrive versi limpidi e ariosi-
Ognuno
vive due vite alla volta, o tre o anche quattro/ noi nasciamo, Signore, così
giovani, che / fra le mille vite possibili/ non si può pretendere/ che sappiamo
sceglierne una-
e
che, in questo suo libro, ha trovato indispensabile scrivere in prosa. Per
ampliare il suo messaggio, per dargli più sfaccettature, per arricchirlo,
adottando uno stile inconfondibile che sa di realismo poetico, che passa da
pagine crude e tetre ad altre un poco sognanti- perché si deve poter trovare
una via di fuga nel sogno, nella Romania degli anni della dittatura di Ceaušescu
in cui alla scrittrice era proibito pubblicare alcunché.
Sono quattro i filoni narrativi di
“Applausi nel cassetto, quattro filoni ad incastro, ognuno un chiarimento e un
ampliamento dell’altro.
Alexandru Šerban è uno scrittore e la traccia in cui è lui il protagonista è raccontata in terza persona. È tenuto sotto controllo dalla Securitate ed è per questo che si ritira in un luogo isolato sulle rive del Danubio dove un gruppo di studenti, guidati da un professore, sta facendo degli scavi archeologici. Nonostante i divieti Alexandru continua a scrivere, è la sua ribellione personale, il suo margine di libertà. Proprio come ha sempre fatto Ana Blandiana stessa che è la protagonista di un altro filone narrativo in prima persona, una sorta di commento puntuale, una raccolta di impressioni, come se ci fossero delle note a piè pagina.
Di Alexandru, però, ce ne sono due, perché si chiama così anche il personaggio del romanzo che l’Alexandru scrittore sta scrivendo- è il suo alter ego? In effetti questo Alexandru parla in prima persona e ci sembra tanto reale quanto lo scrittore al sito archeologico, se non fosse che l’avventura che sta vivendo acquista presto un tono di irrealtà- non però di una irrealtà fantastica che si può solo immaginare, ma una irrealtà del tipo così spaventoso che vorremmo credere non fosse vera. Tutto inizia quando, il 30 gennaio 1980 (e niente come una data dà la sensazione di reale), tre sconosciuti irrompono nell’appartamento dove Alexandru sta conversando con degli amici. Chi siano questi brutti ceffi che si comportano da padroni, è subito chiaro. “La cosa principale è che non ci lasciamo spaventare”, dice Alexandru. E invece tutti sono terrorizzati, tutti sanno che cosa questa intrusione può significare, la reazione dei singoli è uguale a quella del popolo rumeno di cui stavano discutendo prima di questa visita- un popolo pacifico, non bellicoso, ‘che non ha mai conquistato nessuno, nemmeno quando avrebbe potuto farlo’. Fa parte della strategia della dittatura, l’umiliare le persone, privarle della loro dignità, renderle diffidenti nei confronti di tutti, annullare il sentimento dell’amicizia, per non dire quello dell’amore?
Questa irruzione nel privato era solo un
anticipo. Il romanzo che ha per protagonista Alexandru, scritto da Alexandru Šerban,
dentro il romanzo il cui personaggio è Alexandru Šerban ed è scritto da Ana
Blandiana, proseguirà poi con un internamento in un ospedale psichiatrico dove
Alexandru è attirato con un’ingannevole proposta di tenere una lezione. C’è
qualcosa di orwelliano nell’agghiacciante descrizione delle scene in cui i
pazienti (o sono reclusi?) applaudono tutti insieme, tutti con la stessa
identica espressione sui volti che paiono tutti uguali (e sono applausi mirati
a seppellire le parole nel fragore), e poi smettono di battere le mani come su
comando occulto. E c’è qualcosa di kafkiano nell’aggirarsi di Alexandru per i
corridoi dell’ospedale in cerca di una via di uscita- un labirinto in cui
l’artefice stesso è prigioniero.
E Alexandru mira a scappare, per rendersi
poi conto che non era lui che aveva cercato di fuggire nel mondo, ma che lo
avevano lasciato ritornare nel mondo, ‘per il semplice motivo che il mondo non
esisteva più. La prigione si era estesa e lo aveva inghiottito. Ero quindi
libero di passeggiare nel ventre della balena.’ La Romania intera è una
prigione- questo è il significato- e non ha neppure bisogno di guardie: dove
mai potrebbero fuggire i detenuti? Anche se in realtà, nel filone parallelo,
uno dei ragazzi degli scavi archeologici fugge…
Ho lasciato per ultimo il quarto filone che non è un vero e proprio filone narrativo, piuttosto una chiosatura squallida e deprimente. Sono i verbali della Securitate, domande e risposte, l’invasione del privato, l’annullamento dell’ intimità, il tradimento innalzato a norma, per interesse, per paura, per vantaggio personale. Più in basso di così non si può cadere.
Solo la scrittura, pur chiusa a chiave in un cassetto, può salvarci.
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