martedì 23 marzo 2021

Jonathan Coe, “Io e Mr. Wilder” ed. 2021

                           Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda


Jonathan Coe, “Io e Mr. Wilder”

Ed. Feltrinelli, trad. Mariagiulia Castagnone, pagg. 234, Euro 16,50

   C’è sempre molta aspettativa intorno ad un nuovo romanzo di Jonathan Coe, soprattutto da parte di chi lo ha seguito negli anni, ad iniziare da quel memorabile e graffiante “La famiglia Winshaw” del 1995, una critica feroce, spietata e- perché no?- divertente dell’Inghilterra degli anni ‘80 e ‘90.

    Sono passati poco meno di trent’anni da allora e “Io e Mr. Wilder” non ha più nulla della baldanza e della sfrontatezza della giovinezza. Tutt’altro. E’ un romanzo bello e percorso da una vena di malinconia, un omaggio ad un grande regista che, in una maniera sottile, ci riconduce alla figura dello scrittore stesso, una riflessione priva di sentimentalismi sul passare inesorabile del tempo, su quello che si prova quando si sente che c’è ancora qualcosa che si vorrebbe dare al mondo ma non interessa più a nessuno.

     L’io del titolo, la voce narrante, è quello di Calista Frangopoulou, cinquantasette anni, con due figlie gemelle in procinto di andare via di casa per frequentare l’università. Una di loro andrà in Australia ed è la molla che fa scattare i ricordi, di quando Calista aveva lasciato la Grecia per un viaggio negli Stati Uniti, nel 1976, e, in maniera del tutto casuale, aveva conosciuto Billy Wilder ad una cena.

    Era stato un incontro che le aveva cambiato la vita- lei, che non sapeva neppure chi fosse Billy Wilder, che non si interessava di cinema, avrebbe lavorato per lui come interprete- una parte del film che Wilder stava girando sarebbe stata ambientata in Grecia- e, più tardi, lei stessa avrebbe composto musica per le colonne sonore dei film. È importante che l’interlocutrice, lo specchio per così dire, del regista già anziano (era nato in Polonia nel 1906), sia una ragazza giovane, con un retroterra culturale che non è quello dell’America. Una ragazza giovane che però coglie la grandezza del regista e ne apprezza la sensibilità e la profondità.

    Calista è la testimone, Billy Wilder è l’unico vero protagonista del romanzo. È un gigante, è un leone invecchiato ma ancora possente che ruggisce le sue frasi lapidarie, le battute a volte già dette ma sempre divertenti (almeno, divertono sempre lui per primo). Wilder sta girando “Fedora”, una sorta di rivisitazione del tema del famoso “Il viale del tramonto”- la storia di un’attrice che non ha saputo rassegnarsi alla trasformazione fisica che il tempo ha inciso su di lei e che ha stravolto la vita di chi dovrebbe esserle più caro pur di restare sull’onda della fama. Wilder aveva incontrato innumerevoli difficoltà per girare questo film- sembrava che tutti avessero già deciso che il film non avrebbe avuto alcun successo.

    Calista non scompare dalla scena, la sua funzione è quella di dare modo a Wilder di raccontare di sé. Intermezzi delle vicende di Calista- nel passato degli anni ‘70 e nel presente- si alternano con le pagine molto più interessanti sul regista e su quello che era un buco nero nella sua vita. Era emigrato negli Stati Uniti nel 1934, all’avvento al potere di Hitler, e c’è una domanda che lo tormenta e che rivolge ad un negazionista dell’Olocausto: dove era finita sua madre? Era il volto di sua madre che Wilder cercava nelle montagne di cadaveri dei film che aveva visionato quando gli era stato chiesto di fare un film-documentario sui campi di sterminio da mostrare in Germania.


     C’è molto da riflettere sulla figura dell’artista che invecchia e che si rende conto di essere diventato marginale, soppiantato da voci nuove, e che lotta, però, per ritagliarsi ancora uno spazio nel nuovo mondo. E allora ci sembra che ci sia Jonathan Coe stesso nel titolo del suo romanzo, che Jonathan Coe potrebbe essere sia l’io che ci parla della sua fascinazione per il regista sia Wilder stesso con cui condivide la malinconia del passare del tempo. Insegnandoci però una grande lezione, pur sul viale del tramonto: Qualunque cosa la vita ci riversi addosso, avrà sempre qualche piacere da offrirci. E noi siamo tenuti a coglierlo.”

Teniamo da conto queste parole nel tempo del covid.

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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it



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