Voci da mondi diversi. Francia
Mathias Énard, “Disertare”
Ed. e/o, trad. Yasmina Melaouah, pagg.
224, Euro 18,50
11 settembre 2001- questa è una data impressa nella memoria di tutti perché segna la fine delle sicurezze del mondo occidentale. Su una imbarcazione sulla Sprea, nei pressi di Berlino, ha luogo un convegno per celebrare Paul Heudeber, un geniale matematico tedesco sopravvissuto a Buchenwald e rimasto fedele alla Germania dell’Est nonostante il crollo del comunismo, nonostante la separazione da Maja, la donna da lui amata e da cui aveva avuto una figlia- Maja aveva scelto l’Ovest dove era diventata una figura di spicco nell’agone politico.
Due narrative diverse, per contenuto e per
stile, unite dal sottile filo del ‘disertare’ che ci obbliga immediatamente a
riflettere. Perché, che cosa significa disertare? Ha più di un significato-
siamo abituati a pensare che significhi ‘tradire’ abbandonando le file dell’esercito
del paese a cui apparteniamo, ma molto più semplicemente vuol dire proprio
‘lasciare’, ‘abbandonare’. E, in entrambi i casi, ha sempre un connotato
negativo, quell’abbandono? Se fuggire da una guerra non è vigliaccheria ma un
rifiuto di continuare ad ammazzare i propri simili, che giudizio dobbiamo dare?
E se tradire significa salvare qualcuno? Se abbandonare significa fare il bene
di chi amiamo? Domande, domande, domande a cui troviamo una risposta che è
occasione di altre riflessioni leggendo il libro.
Il soldato in fuga si dirige verso la casa isolata in cui ha vissuto da bambino, ha fame e sete. Una volta lì viene raggiunto da una donna con un asino, anche lei è in fuga. Ognuno dei due ha paura dell’altro- lui teme che lei possa rivelare la sua presenza, lei che lui le usi violenza come altri soldati hanno già fatto. La storia proseguirà nel silenzio dei protagonisti- una fuga di lei, un fulmine che sembra essere una punizione divina, un’inaspettata generosità di lui, l’arrivo a sorpresa di altri uomini, un tradimento e un abbandono che si trasformano in salvezza.
La narrativa che si svolge sull’imbarcazione è più articolata e più ricca di personaggi. La figura di Paul Heudeber domina su tutti- era uno studioso che vedeva la poesia nella matematica, che era stato capace di risvegliare l’interesse per la matematica nei suoi compagni prigionieri nel campo di concentramento di Buchenwald, che aveva avuto la forza di scrivere il suo libro più famoso proprio mentre era nel campo. E poi era un idealista che credeva nel comunismo e mai avrebbe abbandonato la DDR. E amava Maja. Le lettere di Paul a Maja, in anni e anni di lontananza durante i quali si incontravano saltuariamente, sono tra le pagine più belle del romanzo, una ulteriore narrativa dentro quella che ci viene raccontata dalla figlia di Paul e Maja in cui si inseriscono altri racconti sulla vita dei suoi genitori, con dettagli sconvolgenti di cui lei era ignara.
Quanti abbandoni in questa storia- da parte
di una donna che lascia compagno e figlia e poi tradimenti, e non solo amorosi,
sia nel passato sia in tempi più recenti, e abbandono di ideali.
E intanto la televisione continua a trasmettere le foto delle torri gemelle che implodono nel fumo e i corpi che volano nel vuoto. È un’altra forma di guerra, un’altra forma di morte, un altro abbandono di quello in cui si è creduto.
Due immagini insolite si rincorrono nel
romanzo imponendosi alla nostra attenzione e forse faranno sorridere di
incredulità- l’asino e la matematica, entrambi oggetti di amore, entrambi
emblemi di salvezza. Una bestia da soma paziente e avvezza a portare carichi e
a resistere in condizioni disagevoli- i migliori, quelli che sopravvivono, sono
come gli asini? E la matematica come interpretazione della realtà nella sua
lucida poesia- è a lei che dobbiamo aggrapparci per sopportare, per continuare
a vivere in un mondo che solo la matematica può spiegare?