vento del Nord
fresco di lettura
Gaute Heivoll, “Prima del fuoco”
Ed. Marsilio, trad. Maria Valeria
D’Avino, pagg.264, Euro 18,50
Fu allora che lo vide. Per lo spazio di due
secondi, forse tre. Era in piedi come un’ombra nera proprio davanti alla
finestra, al di là del mare di fiamme. Sembrava inchiodato al suolo. Come lei,
del resto. Poi si riscosse e scomparve.
Finsland, estremo sud della Norvegia. La
notte del 5 giugno 1978 qualcuno appiccò il fuoco alla casa di Olav e Johanna
Vatneli. Lei, la vecchia Johanna, era ancora alzata. Aveva visto un’automobile
scura passare a fari spenti in strada. Poi l’aveva vista ritornare e fermarsi.
La portiera sbattuta. E poi, in un baleno, l’odore di benzina e il muro di
fiamme davanti a lei.
Il romanzo “Prima del fuoco” di
Gaute Heivoll inizia con questa scena, con due vecchi affranti che in un attimo
hanno perso tutto, perfino le dentiere. Ma la storia che lo scrittore vuole
raccontare non è solo quella di questo
incendio, ma della decina di incendi che scoppiarono in quell’area molto
delimitata nell’arco di tempo di un mese, tra maggio e giugno del 1978, quando
lui, Gaute Heivoll, aveva due mesi. Quasi che, in un certo qual modo,
toccassero anche lui per averli vissuti senza averne consapevolezza, per aver
respirato l’aria di tensione che si era creata nel circondario quando, dopo il
primo, il secondo, il terzo incendio, ci si era dovuti arrendere all’evidenza
che non poteva essere una fatalità, che c’era un piromane che non si sarebbe
fermato se non fosse stato scoperto. La vecchia Johanna aveva scostato la
tendina della finestra sentendo il fruscio dell’auto perché tutti erano all’erta,
tutti temevano di sentire l’ululato della sirena dei pompieri in quello che
ormai era un rituale fisso: le fiamme in un casolare o un fienile, ci mettono
niente a divampare con le costruzioni di legno norvegesi, la sirena,
l’autopompa che arriva, la lotta inutile, le ceneri, la distruzione. Gaute
Heivoll ha sentito molte volte raccontare degli incendi, sa chi è stato il
piromane e anche noi lettori lo sappiamo subito: si trattava di Dag, figlio
unico del capo dei pompieri, Ingemann.
“Prima del fuoco” non è un
thriller, anche se c’è una caccia al colpevole, e la tensione che vibra nelle
pagine non è quella della curiosità di scoprirne l’identità, piuttosto quella
di seguire le mosse di Dag, accompagnandolo nei suoi giri in macchina alla
ricerca di un nuovo obiettivo, sperando che venga fermato. Perché c’è un
crescendo di intensità nella furia incendiaria di Dag, un incalzare di eventi
che sembra seguire la velocità del fuoco una volta che Dag ha scagliato il
fiammifero, e, insieme, aumenta anche la nostra inquietudine per lo
sdoppiamento che proviamo, in quanto lettori che sanno, a fianco della piccola
comunità che si indaga, non riuscendo ad accettare che un folle possa essere
tra di loro, accanto al padre di Dag, che si è sempre vantato del figlio che lo
aiutava fin da bambino, accanto a quella povera madre che è la prima a
sospettare di lui, perché una mamma ‘sa’, avverte cambiamenti di umore, fiuta
odori diversi dal solito, sulle mani, sui capelli di quello che era stato un
figlio molto desiderato e molto amato.
Sono due, però, le narrative nel romanzo di
Gaute Heivoll che potrebbe definirsi romanzo di inchiesta e romanzo
autobiografico. Mentre da una parte lo scrittore ricostruisce la vita di Dag,
da scolaro eccellente ad alunno mediocre, dall’esperienza di soldato sul
confine russo all’improvviso ritorno a casa chiuso nel silenzio, dall’altra
Heivoll ricostruisce anche la sua, di vita, raccontando una scelta
universitaria abbandonata per dedicarsi alla scrittura, la morte del padre a
cui lui aveva mentito. E’ come se ci fosse una doppia inchiesta nel romanzo-
quella sugli incendi del 1978 ed un’altra su due uomini le cui vite si sono
sfiorate: che cosa porta a scegliere un sentiero piuttosto di un altro? Quanto
incide l’ambiente familiare? e le normali frustrazioni della mancanza di un
successo sperato? la solitudine? le aspettative dei genitori?
Le due narrative si alternano, Dag e Gaute sono i due protagonisti del
romanzo. E tuttavia, la prima, la storia del piromane è di gran lunga più
avvincente, quasi stregante, di quella autobiografica che ci sembra essere un
po’ forzatamente intrecciata all’altra.
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