Voci da mondi diversi. Turchia
cento sfumature di giallo
Ahmet Ümit, “Il nostro amore è un vecchio romanzo”Ed.
Scritturapura, trad. Nicola Verderame, pagg. 228, Euro 18,00
Una lettura per chi è curioso, per chi
ama sapere di altri paesi attraverso libri piacevoli. Arrivano in Italia i
‘gialli’ dello scrittore turco Ahmet Ümit ambientati a Istanbul. Sembrano un poco
antiquati, un poco fuori moda, hanno un passo tranquillo, non contengono scene
orripilanti, non fanno venire brividi di paura. Eppure ci dicono molto, in
maniera sottile ed elegante. Molto della società, molto soprattutto della
condizione femminile, in questo giallo dal bel titolo, “Il nostro amore è un
vecchio romanzo”.
In realtà ci sono tre romanzi brevi
raccolti sotto questo titolo che è poi quello del primo lungo racconto che
leggiamo.
In una stanza dell’albergo Pera Palas viene
trovato morto Edip Bey. È seminudo- chiaramente doveva aver avuto un incontro
con una donna. E subito viene fuori che sì, è stata vista una donna uscire
dalla stanza 411. Era Agatha Christie. Agatha Christie? Ma se è morta…Eppure
era una donna che le assomigliava.Pera Palas
Il
morto aveva di certo dei grossi problemi. Sposato due volte, si rivolgeva ad
un’agenzia che gli procurava incontri particolari. Per eccitarsi Edip Bey aveva
bisogno di una donna che rivestisse i panni di un’eroina della letteratura-
Lara del dottor Zivago, Madame Bovary, Anna Karenina, Dulcinea del Don
Chisciotte… Non aveva mai chiesto, però, di incontrare una scrittrice. Chi era
la misteriosa presunta Agatha Christie? Durante le indagini, svolte dal
commissario Nevzat, veniamo a sapere di donne umiliate, donne che si devono
adattare, donne che si vendicano. Che diventano assassine.
Nel secondo lungo racconto, “La ragazza
della tagliacuci”, é una ragazza giovane che viene trovata morta dentro la
manifattura dove lavora. Il primo ad essere sospettato è il fratello: ha l’aria
imbambolata (drogato?), c’è un coltello sporco di sangue vicino a lui. Eppure i
suoi amici sostengono che è impossibile, Gülabi amava molto la
sorella e mai le avrebbe fatto del male. Che tipo era Gülseren, la ragazza
assassinata? Una giovane timorosa e schiva oppure era una ragazza facile? Le
voci che circolano sono molto diverse. La storia di Gülseren è la storia non
nuova ma sempre diversa della ragazza che si è fatta delle illusioni, di un
ambiente sociale ancora prigioniero di una vecchia mentalità, di colpe che non
sono tali ma per cui è lei a pagare. Con la sua vita.
Anche nell’ultimo breve romanzo, “Cos’è successo a Sergej Nikolajevich Jerkovski?”, la vittima è una donna, uccisa nella sua bella casa. Il delitto avviene in contemporanea con la sparizione di un illustre scienziato, un ospite russo che parlava benissimo anche il turco. Le due mini-trame sono naturalmente collegate e ci svelano due retroscena diversi. Lo scienziato in cui tutti gli ammalati di cancro riponevano le loro speranze era letteralmente assediato da operatori di case farmaceutiche e da persone che lo supplicavano per essere curate da lui. La donna, invece, era una malmaritata. C’era un legame tra lei e il russo?
Due personaggi ci commuovono in questa ultima
vicenda perché sono le vere vittime- due bambine bionde che perfino si assomigliano. Una è la figlia della
donna morta a cui la mamma aveva raccomandato di restare nella stanza al piano
di sopra. Il commissario Nevzat la trova rannicchiata che chiede angosciata se
suo papà e sua mamma hanno smesso di litigare. Non ha capito che il rumore che
ha sentito era uno sparo o non vuole neppure capirlo? L’altra bimba è la figlia
di un mafioso che viene accusato di aver rapito il dottore russo. Lui? Lui che
amava la figlia più di ogni altra cosa al mondo e che aveva bisogno che il
dottore vivesse per far vivere sua figlia ammalata di leucemia?
Ancora
una volta è la situazione femminile ad essere in primo piano, anche qui c’è una
storia di amori, di inganni, di tradimenti, di gelosie, di pregiudizi, di
stereotipi femminili.
Il commissario e il suo vice sono due protagonisti molto gradevoli e meritano due parole. Sono l’uno l’opposto dell’altro, come spesso capita nei personaggi con questo ruolo nei gialli. Tanto è pacato e ponderato Nevzat, tanto irruente il suo vice che viene spesso definito ‘testa calda’ e deve essere tenuto a freno. Non mancano nel libro i tocchi di colore locale in una Istanbul assediata dal traffico, così come il profumo di piatti tipici. E sì, sentivamo la mancanza dei ‘gialli’ turchi, dell’aria di Istanbul, dopo l’ormai lungo silenzio di Esmahan Aykol.
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