lunedì 8 settembre 2014

Ernst Lothar, "La melodia di Vienna" ed. 2014

                                                     Voci da mondi diversi. Area germanica
                                                fresco di lettura



Ernst Lothar, “La melodia di Vienna”
Edizioni e/o, trad. Marina Bistolfi, pagg. 596, Euro 18,00
Titolo originale: Der Engel mit der Posaune

    Franz non notò il tono particolare del “sì” di lei poiché, convinto di averle dimostrato di non essere da meno degli altri uomini della famiglia, pareva sentirsi più sicuro. Va bene, gli altri avevano titoli nobiliari e onorificenze. Ma cosa rimaneva della loro attività? Nulla! Invece ciò che faceva lui era noto in tutto il mondo. “Costruttore di pianoforti” si era definito il nonno con modestia, non industriale. Figlio e nipote erano fieri di qualificarsi nello stesso modo. “La melodia di Vienna”, così erano chiamati dai viennesi i prodotti della ditta.

      Quando si pregusta il piacere della lettura, quando ci si sbriga ad adempiere i compiti del dovere per potersi immergere nelle pagine del libro che abbiamo iniziato, quando si prova un piacere fisico nel tenere tra le mani il libro che tanto ci appassiona, quando ci dispiace di averlo terminato e di separarci dai personaggi: ecco, questi sono i segnali che un romanzo è bello, bellissimo, indimenticabile. “La melodia di Vienna” di Ernst Lothar Müller (nato a Brno nel 1890 e morto a Vienna nel 1974) è un libro indimenticabile, appassionante, ricco di atmosfera.

     C’è un blasone in pietra sull’ingresso della casa all’angolo tra Sailerstätte e Annagasse, nel centro di Vienna. Rappresenta un angelo che suona una lunga tromba. Perché, nell’iconografia, un angelo musicante non può che suonare una tromba, non di certo un pianoforte, come sarebbe più appropriato per indicare la dimora dei discendenti di Christoph Alt, costruttore di pianoforti dal 1780. Perfino Mozart aveva suonato in quella casa- “Il flauto magico”, per la prima volta- durante la festa di inaugurazione nel settembre del 1791.  Nel suo testamento Christoph Alt ‘ordinava’ ai futuri componenti della famiglia di abitare nella casa di via Sailerstätte numero 10, pena la perdita dell’eredità. E allora il romanzo di Ernst Lothar è la storia di una casa- con il suo mobilio cupo, i pesanti tendaggi, le stanze che nessun caminetto riesce a riscaldare e poi la costruzione di un quarto piano e, molti anni dopo, l’installazione di un ascensore e di un moderno impianto di riscaldamento- e di una famiglia e di quella che era l’Austria Felix durante il lungo regno dell’imperatore Francesco Giuseppe, e la Grande Guerra, la sconfitta, l’ascesa di Hitler, le camicie brune che sciamano per le strade di Vienna. Quando, durante una dimostrazione, delle pietre colpiscono l’angelo con la tromba che sovrasta il portone, solo lo strumento resta intatto, sembra che annunci il Giudizio universale alla fine del mondo. Di certo un mondo è scomparso, la famiglia Alt si disgrega, la fabbrica di pianoforti viene requisita: chi ha sangue ebraico nelle vene non ha il diritto di possedere niente. Neppure la vita. Largo agli ariani! E l’angelo in pezzi acquista lo stesso significato dello stemma del gattopardo del principe Salinas nel romanzo di Tomasi di Lampedusa: non era quello a frantumarsi, segnando la fine di una famiglia e di un’epoca, ma la carcassa tarlata del cane Bendicò con gli occhi di vetro che, scagliata dalla finestra, sembrava danzare con le zampe per aria, proprio come l’animale emblema della casata.
   Ma “La melodia di Vienna” è anche la storia di vicende private, di amori e matrimoni, di tradimenti e di figli illegittimi, di unioni contrastate e di sfide a duello, di rivalità tra fratelli e di rinuncia alla vita secolare.
Lothar accosta personaggi reali con personaggi creati dalla sua immaginazione- la bellissima Henriette che ha una fuggevole relazione con il leggendario principe Rodolfo che si uccide insieme all’amante Maria Vetsera proprio il giorno delle nozze di Henriette con Franz Alt, l’imperatore Francesco Giuseppe il cui comportamento austero, di una freddezza glaciale, serve da modello agli uomini di casa Alt, il giovane Hitler che si presenta all’esame di ammissione all’Accademia insieme a Hans Alt (vengono respinti entrambi). Henriette, poi, sembra essere la copia dell’imperatrice Elisabetta- giovane sposa bella, appassionata, impulsiva come lei, come lei legata ad un uomo che non riesce a farla felice. In una scena memorabile, quando Henriette indossa un lungo abito di velluto color oro e ha dei fiori intrecciati nei capelli scuri, par di vedere la Sissi del famoso ritratto del pittore di Franz Xaver Winterhalter. Entrambe, Henriette e Sissi, muoiono di morte violenta.


    Storia ma anche cultura, nel libro di Ernst Lothar. Tutti i maggiori esponenti culturali dell’Austria Felix passano nelle sue pagine: Freud e Max Reinhard, Johann Strauss con il valzer Wiener Blut (la musica preferita di Henriette), Robert Musil (di Hans Alt si dice che è ‘l’uomo senza qualità’), Thomas Mann (c’è qualcosa di Hanno dei “Buddenbrook”, oltre che un richiamo nel nome, nella personalità sensibile di Hans). E poi c’è Vienna, la signorile e raffinata Vienna della fine dell’800, la capitale dell’impero austro-ungarico, dell’Austria che vuole essere una nazione sopra le nazioni, capace di radunare popoli diversi.
   Il grande affresco de “La melodia di Vienna” fa pensare a “I fratelli Karnowski” di Singer, a “La marcia di Radetskij” di Joseph Roth con una pennellata di feuilleton che gli dà leggerezza, che lo solleva sulle ali dell’angelo con la tromba.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it





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