Voci da mondi diversi. India
Shubhangi Swarup, “Latitudini del desiderio”
Ed.
Ponte alle Grazie, trad. Gabriella Tonoli, pagg. 396, Euro 18,00
Su
un’isola tropicale il silenzio è il suono incessante dell’acqua. Le onde, come
il respiro, non ti abbandonano mai.
Inizia con questa frase il romanzo
“Latitudini del desiderio” di Shubhangi Swarup. E subito siamo trasportati in
un paesaggio insulare- le isole Andamane- con un linguaggio poetico che sarà la
cifra di tutta la narrazione.
Quattro filoni nel romanzo, quattro ambienti diversi ed è come se il testimone venisse passato da un filone all’altro, con un personaggio marginale in una parte che diventa il protagonista in un’altra. Perché poi, infine, ci renderemo conto che in realtà la natura è la vera protagonista, che giganteggia minacciata di continuo da un pericolo incombente, vuoi che sia un terremoto o uno tsunami, o un crepaccio che si spalanca nei ghiacci dell’Himalaya.
Nel primo filone- di certo il più bello, il
più intenso, il più ricco di emozioni- Girija Prasad Varma e Chanda Devi si
abituano a vivere insieme, a scoprire il desiderio. Il loro è stato un
matrimonio combinato- lui è uno scienziato, ha studiato a Oxford ed è stato
incaricato dal governo di istituire il primo Servizio Forestale nazionale;
anche lei ha studiato, è vegetariana, parla con gli alberi, vede i fantasmi di
chi ha già vissuto. Lui diventa vegetariano per amore della moglie- si ameranno
per tutta la vita e oltre, dopo la morte di lei, quando Girija resterà solo con
una bambina che crescerà un poco selvaggia, una figlia della natura, finché il
padre la manderà a studiare in India.
Se questo romanzo è un’esplorazione delle latitudini del desiderio, il desiderio in quanto espressione di amore è raccontato nella sua forma più ‘naturale’ in questo primo filone intitolato “Isola”. Nel secondo un’ombra tragica aleggia sulla vicenda di Mary e del marito birmano. Chanda Devi aveva assunto Mary come aiuto domestico perché ne aveva avuto pietà. Fuggita a quattordici anni da casa per sposarsi, Mary era stata una vittima del marito ubriacone e violento (l’intera vicenda ci sarà raccontata da lei). Ora Mary lascia le Andamane e si mette sulle tracce del figlio, che era stata obbligata ad abbandonare quando aveva otto mesi e che ora è in prigione. La storia del ragazzo che pensa di essere orfano e che si è dato il nome di Platone segna una svolta politica nel romanzo- sono gli anni della dittatura in Birmania, le proteste sono soffocate nel sangue, le torture sono intese a stroncare i rivoltosi. Platone guadagna la libertà (è ridotto pelle e ossa, ha i denti spezzati e forti dolori all’inguine causati dalle scariche elettriche sui testicoli) grazie ad un’amnistia. Fuori dal carcere trova la madre e il vecchio amico Thapa.
Thapa- e la scena si sposta a Kathmandu- diventa il personaggio principale del terzo filone. La capitale del Nepal è una città fatiscente e impestata dai turisti che vive sul commercio dell’oppio- è di questo che vive anche Thapa. In un suo viaggio dal Nepal all’India Thapa incontra il vecchio e saggio patriarca che è protagonista dell’ultima parte. Il libro che era iniziato con l’amore tra due giovani termina con quello- tra il tenero, l’autoironico e il ridicolo affettuoso- tra due vecchi. Si chiude così il cerchio, con un’incursione nelle nevi del Ladakh e la riapparizione di Girija Varma sotto forma di fantasma agli occhi di suo nipote che ha ereditato dalla nonna la capacità di vedere gli spiriti.
“Latitudini del desiderio” è un’indagine
sull’amore, sulle varie forme di amore- tra uomo e donna, madre e figlio, per
una divinità, per un ideale politico, più genericamente per la Madre Terra, per
quella mitica Pangea, il primordiale unico continente terrestre da cui
sarebbero derivati i continenti attuali. La Pangea diventa un simbolo per tutta
l’umanità, unica anche se frammentata nelle sue diversità.
C’è molta poesia nella visione grandiosa del
libro e c’è una celebrazione della natura che ci fanno perdonare la
disuguaglianza tra le quattro parti, una graduale caduta di tono e di
coinvolgimento dopo il fascino che ci ha soggiogato all’inizio.
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